Blog di Krugman

I conservatori riformisti con l’imbroglio (9 luglio 2014)

 

Jul 9 11:57 am

Putting the Con in Reformicon

Brad Delong does a chart of the “reform conservative” wonks cited by Sam Tanenhaus in his “party of ideas” piece; basically, it’s all Yuval Levin and Ramesh Ponnuru. So what do we know about these would-be reformers?

Well, I went searching for what they said about Paul Ryan, which is kind of my touchstone, and both did indeed strongly defend his smoke-and-mirrors budgets. But what I found especially interesting was the back-and-forth between Levin and Jonathan Chait on a topic I know a lot about, austerity. Chait pointed out that Republicans in general, and Ryan in particular, went all in both on expansionary austerity and on doom at 90 percent, and therefore took a serious credibility hit when both Alesina/Ardagna and Reinhart/Rogoff pretty much collapsed.

Levin’s response was interesting, in the worst way. He could have defended the position he and Ryan took, or he could have acknowledged having gone somewhat off track. But what he actually did was to deny that he and his associates had in fact done what they did, complaining that Chait

assumes that what Paul Ryan or I or others on the right argue for is a version of European austerity, which it plainly isn’t, and that conservative fiscal worries were based on the particular finding of a particular paper by two Harvard economists that has been shown to have had some data errors.

OK, that’s just being dishonest. Go to the big JEC report “Spend less, owe less, grow the economy” (pdf) and you’ll see that it heavily features both Alesina/Ardagna and Reinhart/Rogoff.

So we have a problem. It’s one thing to get a major issue wrong, and rely on the wrong research. It’s something else, and much worse, to pretend after the fact that you did no such thing. If this is what new thinking on the right looks like, let’s just say that it’s not a good sign.

 

I conservatori riformisti con l’imbroglio

 

Brad DeLong stende un grafico degli esperti “conservatori riformisti” citati da Sam Tanenhaus nel suo “partito delle idee”; fondamentalmente si tratta di Yuval Levin e di Ramesh Ponnuru. Dunque, cosa sappiamo di questi aspiranti riformatori?

Ebbene, sono andato a cercare cosa dissero a proposito di Paul Ryan, che per me è una specie di pietra miliare, e in effetti ambedue difesero con forza le sue proposte di bilancio fatte di giochi di prestigio. Ma quello che ho trovato specialmente interessante è stato lo scambio di opinioni tra Levin e Jonathan Chait su un tema sul quale ho una certa competenza, l’austerità. Chait metteva in evidenza che in generale i repubblicani, e Ryan in particolare, erano stati tutti a favore della austerità espansiva e della supposta sventura del debito al 90 per cento, e di conseguenza la loro credibilità aveva preso un serio colpo quando sia Alesina/Ardagna che Reinhart/Rogoff ebbero una sostanziale smentita.

La risposta di Levin fu interessante, nel senso peggiore possibile. Egli avrebbe potuto difendere la posizione presa da lui e da Ryan, o avrebbe potuto riconoscere di aver fatto qualcosa fuori dalla norma. Ma quello che effettivamente fece fu negare che lui ed i suoi associati avessero mai fatto quello che fecero, lamentandosi per il fatto che Chait:

“sostiene che quello che a destra Paul Ryan, o io od altri sosteniamo sia una versione dell’austerità europea, il che semplicemente non è vero, e che le preoccupazioni dei conservatori sulla finanza pubblica siano basate su una particolare scoperta di un particolare studio da parte di due economisti di Harvard, che è stato dimostrato contenesse alcuni errori statistici”.

Ebbene, questo è proprio essere disonesti. Si vada al grande rapporto della Commissione Congiunta per l’economia (“Spendere di meno, aver meno debiti, far crescere l’economia”) – disponibile in pdf – e si vedrà che esso pesantemente si caratterizza per le tesi di Alesina/Ardagna e di Reinhart/Rogoff.

Dunque, abbiamo un problema. Una cosa è fare uno sbaglio su un tema importante, e basarsi su una ricerca sbagliata. Un’altra cosa, molto peggiore, è pretendere, dopo ciò, di non aver fatto niente del genere. Se è questo quello a cui il nuovo pensiero della destra assomiglia, diciamo che non è un buon segno.

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