JULY 24, 2014 Paul Krugman
The states, Justice Brandeis famously pointed out, are the laboratories of democracy. And it’s still true. For example, one reason we knew or should have known that Obamacare was workable was the post-2006 success of Romneycare in Massachusetts. More recently, Kansas went all-in on supply-side economics, slashing taxes on the affluent in the belief that this would spark a huge boom; the boom didn’t happen, but the budget deficit exploded, offering an object lesson to those willing to learn from experience.
And there’s an even bigger if less drastic experiment under way in the opposite direction. California has long suffered from political paralysis, with budget rules that allowed an increasingly extreme Republican minority to hamstring a Democratic majority; when the state’s housing bubble burst, it plunged into fiscal crisis. In 2012, however, Democratic dominance finally became strong enough to overcome the paralysis, and Gov. Jerry Brown was able to push through a modestly liberal agenda of higher taxes, spending increases and a rise in the minimum wage. California also moved enthusiastically to implement Obamacare.
I guess we’re not in Kansas anymore. (Sorry, I couldn’t help myself.)
Needless to say, conservatives predicted doom. A representative reaction: Daniel J. Mitchell of the Cato Institute declared that by voting for Proposition 30, which authorized those tax increases, “the looters and moochers of the Golden State” (yes, they really do think they’re living in an Ayn Rand novel) were committing “economic suicide.” Meanwhile, Avik Roy of the Manhattan Institute and Forbes claimed that California residents were about to face a “rate shock” that would more than double health insurance premiums.
What has actually happened? There is, I’m sorry to say, no sign of the promised catastrophe.
If tax increases are causing a major flight of jobs from California, you can’t see it in the job numbers. Employment is up 3.6 percent in the past 18 months, compared with a national average of 2.8 percent; at this point, California’s share of national employment, which was hit hard by the bursting of the state’s enormous housing bubble, is back to pre-recession levels.
On health care, some people — basically healthy young men who were getting inexpensive insurance on the individual market and were too affluent to receive subsidies — did face premium increases, which we always knew would happen. Over all, however, the costs of health reform came in below expectations, while enrollment came in well above — more than triple initial predictions in the San Francisco area. A recent survey by the Commonwealth Fund suggests that California has already cut the percentage of its residents without health insurance in half. What’s more, all indications are that further progress is in the pipeline, with more insurance companies entering the marketplace for next year.
And, yes, the budget is back in surplus.
Has there been any soul-searching among the prophets of California doom, asking why they were so wrong? Not that I’m aware of. Instead, I’ve been seeing many attempts to devalue the good news from California by pointing out that the state’s job growth still lags that of Texas, which is true, and claiming that this difference is driven by differential tax rates, which isn’t.
For the big difference between the two states, aside from the size of the oil and gas sector, isn’t tax rates. it’s housing prices. Despite the bursting of the bubble, home values in California are still double the national average, while in Texas they’re 30 percent below that average. So a lot more people are moving to Texas even though wages and productivity are lower than they are in California.
And while some of this difference in housing prices reflects geography and population density — Houston is still spreading out, while Los Angeles, hemmed in by mountains, has reached its natural limits — it also reflects California’s highly restrictive land-use policies, mostly imposed by local governments rather than the state. As Harvard’s Edward Glaeser has pointed out, there is some truth to the claim that states like Texas are growing fast thanks to their anti-regulation attitude, “but the usual argument focuses on the wrong regulations.” And taxes aren’t important at all.
So what do we learn from the California comeback? Mainly, that you should take anti-government propaganda with large helpings of salt. Tax increases aren’t economic suicide; sometimes they’re a useful way to pay for things we need. Government programs, like Obamacare, can work if the people running them want them to work, and if they aren’t sabotaged from the right. In other words, California’s success is a demonstration that the extremist ideology still dominating much of American politics is nonsense.
L’America di sinistra è in crescita [1], di Paul Krugman
New York Times 24 luglio 2014
Gli Stati, indicò con una espressione famosa Justice Brandeis [2], sono i laboratori della democrazia. E questo è ancora vero, Ad esempio, una ragione per la quale sapevamo o avremmo dovuto sapere che la riforma sanitaria di Obama poteva funzionare era, dopo il 2006, il successo della analoga riforma di Romney nel Massachusetts. Più di recente il Kansas ha puntato tutto sull’economia dal lato dell’offerta, tagliando le tasse sui ricchi nella convinzione che avrebbe scatenato una forte espansione; l’espansione non c’è stata, ma il deficit del bilancio è esploso, offrendo una dimostrazione pratica a coloro che sono disponibili ad imparare dall’esperienza.
E c’è un esperimento persino più grande, anche se meno drastico, che è in atto nella direzione opposta. La California ha a lungo sofferto di una paralisi politica, con regole di bilancio [3] che consentivano ad una sempre più estrema minoranza repubblicana di immobilizzare la maggioranza democratica; quando scoppiò la bolla immobiliare in quello Stato, esso precipitò in una crisi finanziaria. Nel 2012, tuttavia, la prevalenza democratica finalmente fu talmente forte da superare la paralisi, e il Governatore Jerry Brown riuscì a far accettare un programma modestamente liberal di tasse più elevate, di incrementi della spesa e di aumento del minimo salariale. Inoltre la California si rivolse con entusiasmo a mettere in atto la riforma della assistenza sanitaria di Obama.
Suppongo che sia tutt’altra cosa nel Kansas (scusate, non ho potuto farne a meno).
Non è il caso di dire che i conservatori avevano previsto sciagure. Una reazione per tutte: Daniel J. Mitchell del Cato Institute dichiarò che votando per la “Proposta numero 30”, che autorizzava quegli aumenti delle tasse, “i razziatori ed i parassiti dello ‘Stato dell’oro’” [4] (sì, costoro pensano sul serio di vivere in un racconto di Ayn Rand [5]) stavano perpetrando un “suicidio economico”. Contemporaneamente, Avik Roy del Manhattan Institute e la rivista Forbes sostenevano che i residenti della California erano alle prese con uno “shock delle aliquote”, che avrebbe più che raddoppiato le polizze assicurative sanitarie.
Nella verità, cosa è accaduto? Spiacente di dover dire che non c’è alcun segno della pronosticata catastrofe.
Se gli aumenti delle tasse stanno provocando una importante fuga di posti di lavoro dalla California, questo non lo si vede dai dati sui posti di lavoro. Negli ultimi 18 mesi l’occupazione è cresciuta del 3,6 per cento, a confronto con una media nazionale del 2,8 per cento; a questo punto la quota di occupazione nazionale della California, che aveva ricevuto un duro colpo dallo scoppio della enorme bolla immobiliare di quello Stato, è tornata ai livelli precedenti alla recessione [6].
Quanto alla assistenza sanitaria, alcune persone – fondamentalmente giovani in buone condizioni di salute che acquistavano assicurazioni poco costose sul mercato individuale [7] ed erano troppo ricchi per ricevere sussidi – fanno effettivamente i conti con aumenti dei premi assicurativi, cosa che si sapeva sarebbe accaduta. Tuttavia, la cosa più importante è che i costi della riforma sanitaria si sono ridotti rispetto alle aspettative, mentre le iscrizioni sono ben al di sopra delle stesse – tre volte di più delle previsioni iniziali nell’area di San Francisco. Un recente sondaggio di Commonwealth Fund indica che la California ha già ridotto della metà la percentuale di residenti senza la assicurazione sanitaria. Più importante ancora, tutto indica che un ulteriore progresso è in arrivo, con maggiori società assicurative che è previsto entrino sul mercato il prossimo anno.
Non dimentichiamo, inoltre, che il bilancio dello Stato è tornato in avanzo.
C’è stata qualche analisi di coscienza tra i profeti delle disgrazie della California, si sono chiesti perché avessero fatto un tale sbaglio? Non ne sono informato. Piuttosto, ho assistito a molti tentativi di svalutare le buone notizie dalla California sottolineando che la crescita dei posti di lavoro dello Stato è ancora indietro rispetto a quella del Texas, la qualcosa è vera, e sostenendo che questa differenza sarebbe provocata dalle aliquote fiscali, il che non è vero.
Perché la grande differenza tra i due Stati, a parte la dimensione del settore petrolifero e del gas naturale, non sono le aliquote fiscali, sono i prezzi delle abitazioni. Nonostante lo scoppio della bolla, i valori delle case in California sono ancora il doppio della media nazionale, mentre nel Texas sono il 30 per cento sotto tale media. In tal modo molte persone si stanno spostando nel Texas, anche se i salari e la produttività sono più bassi di quelli della California.
E se alcune di queste differenze nei prezzi delle abitazioni riflettono la geografia e la densità della popolazione – Houston si sta ancora espandendo, mentre Los Angeles, circondata dalle montagne, ha raggiunto i suoi limiti naturali – esse riflettono anche le politiche altamente restrittive di uso del territorio della California, la maggioranza delle quali imposte dai governi locali più che dallo Stato. Come ha messo in evidenza Edward Glaeser di Harvard, c’è un po’ di verità nell’argomento secondo il quale Stati come il Texas stanno crescendo velocemente grazie alle loro attitudini ostili ai regolamenti, “ma è un argomento che di solito si concentra sui regolamenti sbagliati”. E le tasse non sono affatto importanti.
Cosa apprendiamo, dunque, dal ritorno sulla scena della California? Principalmente, che la propaganda contro i governi dovrebbe essere accolta con molta circospezione. Gli aumenti delle tasse non sono un suicidio economico; talvolta sono necessari per pagare quello di cui si ha bisogno. I programmi pubblici, come la riforma della assistenza sanitaria di Obama, possono funzionare se le persone che li amministrano vogliono che funzionino, e se non sono sabotati dalla destra. In altre parole, il successo della California è una dimostrazione che l’ideologia estremista che ancora domina gran parte delle politica americana è un nonsenso.
[1] Alla lettera, gli Stati della costa occidentale che votano a sinistra, come la California, l’Oregon e Washington (non la capitale, ma lo Stato più a nord del Pacifico). Con il gioco di parole tra la sinistra politica e la sinistra della costa del Pacifico.
[2] Louis Justice D. Brandeis fu un avvocato e giurista statunitense, membro della Corte Suprema degli Stati Uniti dal 1916 al 1939. È ricordato per aver perseguito gratuitamente tematiche di grande rilevanza sociale, promuovendo l’avanzamento del diritto in vari campi e la tutela delle libertà civili.
[3] Dovrebbe trattarsi delle norme, replicate in vari Stati americani, per le quali non si può legiferare in materia di tasse se non con maggioranze quasi inverosimili.
[4] E’ il termine con il quale ci si riferisce talvolta alla California, in memoria dell’epopea dei cercatori d‘oro.
[5] Per Ayn Rand, vedi le note sulla traduzione.
[6] Questo è il confronto tra l’andamento al livello dello Stato e nazionale che Krugman in questi giorni ha pubblicato su un post sullo stesso argomento. La sostanza è che la differenza di occupati (rispetto ai livelli del 2007) che era abbastanza rilevante nel 2010/12 si è ora colmata.
[7] In sostanza, sinché l’assicurazione sanitaria non è stata obbligata a rispettare alcune regole elementari di solidarietà nei confronti delle persone più anziane e più cagionevoli, il meccanismo era tale che sinché si era in salute si poteva pensare di risparmiare acquistando assicurazioni con coperture molto modeste. L’equilibrio finanziario delle assicurazioni private, in tal modo, finiva per gravare proprio sulle persone che avevano più bisogno di assistenza; la qualcosa generava i deprecati fenomeni della pratica esclusione di chi aveva malattie serie e redditi bassi. Come è noto, la riforma di Obama ha superato quella situazione sia con la proibizione di quelle forme di discriminazione, sia con l’obbligo per tutti di acquistare una forma di tutela adeguata, sia con i sussidi verso coloro che non possono permettersela, sia con maggiori tasse per i più ricchi.
By mm
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