Jul 7 10:13 am
Gavyn Davies takes on the de facto debate between the hard-money men at the BIS and the monetary doves, and frames it as a conflict between Keynes and Wicksell. But I don’t think that’s right. The BIS position is in fact just as inconsistent with Wicksell as it is with Keynes. That doesn’t mean that the BIS is wrong (although I believe that it is); it does mean that its view is much stranger and harder to defend than Davies suggests.
So, for those wondering what this is all about: The Keynesian view of monetary policy is that the central bank should, if it can, set interest rates at a level that produces full employment. Sometimes it can’t: even at a zero rate the economy remains depressed, so you need fiscal policy. But in normal times the Fed and its counterparts should be aiming at the full-employment interest rate.
Wicksellian analysis is an older tradition; it argues that there is at any given time a “natural” rate of interest in the sense that keeping rates below that level leads to inflation, keeping them above it leads to deflation.
I have always considered these approaches essentially equivalent: the Wicksellian natural rate is the rate that would lead to full employment in a Keynesian model. I have, in fact, treated them as equivalent on a number of occasions, e.g. here.
Now, what about the BIS? It is arguing that central banks have consistently kept rates too low for the past couple of decades. But this is not a statement about the Wicksellian natural rate. After all, inflation is lower now than it was 20 years ago.
No, what the BIS is arguing is that there is some other appropriate rate, defined as a rate sufficiently high to discourage bubbles, and that central banks should target this rate even though it is above the Wicksellian natural rate – or, equivalently, that the economy should be kept permanently depressed in order to curb the irrational exuberance of investors.
It’s true that they don’t put it that way – probably because the policy recommendation sounds outrageous when you do. We can’t regulate finance effectively, so we have to accept a permanent slump instead? Really? But that’s what it amounts to.
Non è Knut [1]
Gavyn Davies interviene in sostanza sul dibattito tra le persone favorevoli alla ‘moneta forte’ alla BIR [2] e le colombe monetarie, e lo inquadra come un conflitto tra Keynes e Wicksell. Ma io non credo che sia giusto. La posizione della BIR è di fatto proprio in disaccordo sia con Wicksell che con Keynes. Questo non significa di per sé che la BIR abbia torto (sebbene io creda che abbia torto); significa che il suo punto di vista è più strano e più difficile da difendere di quello che Davies indica.
Dunque, per coloro che si stanno chiedendo di che cosa si tratti: il punto di vista Keynesiano sulla politica monetaria è che la banca centrale dovrebbe, se può, collocare i tassi di interesse ad un livello che produce la piena occupazione. Talvolta non è possibile: persino ad un tasso zero l’economia può restare depressa, cosicché si ha bisogno della politica della finanza pubblica. Ma in tempi normali, la Fed ed i suoi omologhi dovrebbero avere di mira il tasso di interesse della piena occupazione.
La analisi wickselliana è una tradizione più antica; essa sostiene che c’è, per ogni determinato periodo, una tasso di interesse “naturale”, nel senso che tenere i tassi al di sotto di quel livello conduce all’inflazione, tenerli sopra conduce alla deflazione.
Ho sempre considerato questi approcci sostanzialmente equivalenti: il tasso di interesse naturale wickselliano è il tasso che porterebbe alla piena occupazione in un modello keynesiano. Li ho, di fatto, trattati come equivalenti in un certo numero di occasioni, ad esempio in questa connessione [3].
Ora, cosa dire della BIR? Essa sta sostenendo che le banche centrali hanno tenuto stabilmente troppo bassi i tassi di interesse negli ultimi due decenni. Ma questa non è una affermazione che riguarda il tasso wickselliano naturale. Dopo tutto, l’inflazione è più bassa oggi di quanto lo fosse 20 anni fa.
No, quello che la BIR sta sostenendo è che c’è un qualche altro tasso appropriato, definito come tasso sufficientemente alto da scoraggiare le bolle, e che le banche centrali dovrebbero darsi come obbiettivo questo tasso anche se esso è superiore al tasso di interesse naturale wickselliano – oppure, il che è equivalente, che dovrebbero mantenere l’economia permanentemente depressa allo scopo di tenere a freno l’irrazionale esuberanza degli investitori.
E’ vero che non si esprimono in quel modo – probabilmente perché dirlo in quei termini sembrerebbe una raccomandazione politica inaccettabile. Noi non possiamo regolare le finanze efficacemente, dunque dovremmo accettare piuttosto una recessione permanente? Davvero? Ma in sostanza si tratta di questo.
[1] Johan Gustaf Knut Wicksell (Stoccolma, 20 dicembre 1851 – Stocksund, 3 maggio 1926) è stato un economista svedese. Wicksell, molto influenzato dalle visioni economiche di Léon Walras, Eugen von Böhm-Bawerk e David Ricardo, cercò di trovare una sintesi proprio tra questi tre importanti economisti. Il suo lavoro di creazione di una teoria economica sintetica gli valse l’appellativo di “economista degli economisti”. Partendo da presupposti marginalisti, e difendendo la distribuzione della ricchezza prodotta, Wicksell sostenne la necessità dell’intervento dello Stato per implementare lo stato sociale. Wicksell contribuì molto alla teoria dell’interesse, soprattutto attraverso l’opera del 1898, intitolata Geldzins und Güterpreise. Wicksell separò il concetto di interesse naturale da quello di interesse della moneta. Il primo è neutrale rispetto ai prezzi del mercato reale mentre il secondo è la mera visione dell’interesse del mercato dei capitali. Questo concetto si ricollega alla scuola austriaca, la quale sostiene che il boom economico avviene quando l’interesse naturale è più alto del prezzo di mercato. (Wikipedia)
[2] Banca Internazionale dei Regolamenti, con sede a Basilea.
[3] Un post del 4 settembre 2012.
By mm
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