Blog di Krugman

Americani veri ed economia reale (25 agosto 2014)

 

Aug 25 4:53 pm

Real Americans and Real Economics

Maybe I’m deluding myself, but it seems to me that we’re not hearing as much as we used to about “real Americans” — the notion that the true essence of the nation is white people living in small towns, associated these days with Sarah Palin but also invoked by whatshisname, the guy who lived in the White House between Clinton and Obama and misled us into war. But I’m sure that’s still how a lot of people on the right see it.

What made me think about that concept is something sort of parallel I’ve noticed about the reaction to my writings. Often, I find, the most rage-filled emails and voice mails come after I’ve written something fairly economistic, like today’s piece. And typically, part of the rant is something along the lines of “You call yourself an economist?” You see, the person delivering the rant has a notion of what economics is; he (it’s almost always a he) believes that “real economics” is about singing the praises of free markets — basically Capitalism Roolz. It’s inconceivable to him that you could have a more nuanced view without being a Marxist. And he’s outraged both that I have the temerity to claim that I’m doing economics and that other people seem to take me seriously.

And it’s not just random Tea Partiers who think this way. It includes hosts of TV business shows, and some famous economists too.

What’s really odd about this view is that you could hardly imagine a time when the evidence was less supportive. We’re just coming off a dramatic economic collapse that had nothing to do with any obvious supply-side factors, but seemed obviously connected to malfunctioning markets. And in the aftermath of the collapse, the supposed real economists made a lot of predictions about runaway inflation, soaring interest rates, and so on that proved notably wrong, while the unreal types like me have done more or less OK.

In fact, there is remarkably little evidence that “real economics” is right even in normal times. The efficiency of competitive markets is a nice story, but where are the dramatically successful predictions we generally look for as confirmation of scientific theories? Indeed, the general presumption even within the economics profession that microeconomics is solid and known to be valid, while macroeconomics is flaky and dubious, seems to me to rest on prejudice rather than evidence. Yes, much of micro can be derived rigorously from individual maximization plus equilibrium; but why, exactly, does that make it right?

So, in my mind the real America is the diverse America we actually live in, and real economics is the eclectic mix of ideas and techniques that seem to be useful, whether or not they have rigorous microfoundations. And I say that as both a real American and a real economist.

 

Americani veri ed economia reale

Forse mi illudo, ma mi sembra che non si senta molto parlare come un tempo di “americani veri” – il concetto secondo il quale l’essenza autentica della nazione consiste nella gente bianca che risiede nelle piccole cittadine, associato di questi tempi con Sarah Pelin ma anche invocato dall’ “Innominabile” [1], il personaggio che risiedette alla Casa Bianca tra Clinton ed Obama e ci portò in guerra in modo fraudolento. Eppure, sono certo che quello è ancora il modo in cui una quantità di persone a destra continua a vedere le cose.

Quello che mi ha fatto pensare a quel concetto è una specie di parallelo che ho notato sulle reazioni ai miei scritti. Spesso, scopro, le email e le mail a voce più piene di rabbia vengono dopo che ho scritto qualcosa di discretamente economicistico, come nel caso dell’articolo di oggi [2]. E solitamente, una parte delle invettive è qualcosa del genere di “e ti definisci un economista?” Vedete, la persone che mi indirizzano l’invettiva hanno un’idea di cosa sia l’economia: loro (quasi sempre sono uomini) credono che la “vera economia” abbia a che fare con il declamare gli elogi del libero mercato – fondamentalmente del genere di Capitalism roolz [3]. Per costoro è inconcepibile che possiate avere un punto di vista più sfumato, senza essere un marxista. Si sentono insultati sia dal fatto che io abbia la temerarietà di sostenere che sto facendo economia, che dal fatto che altre persone sembrano prendermi sul serio.

Né coloro che la pensano in questo modo sono componenti scelti a caso del Tea Party. Ne fanno parte conduttori di programmi economici ed anche famosi economisti.

Quello che è veramente strano a proposito di questo punto di vista è che a fatica si potrebbe immaginare un periodo nel quale i fatti siano di minore sostegno a tali tesi. Stiamo appena venendo fuori da un collasso che non ha avuto niente a che fare con evidenti fattori dal lato dell’offerta, ed è sembrato evidentemente connesso con il malfunzionamento dei mercati. E, a seguito di quel collasso, i presunti veri economisti hanno fatto una quantità di previsioni su una inflazione fuori controllo, su tassi di interesse che schizzavano in alto, e via di seguito, che si sono mostrate considerevolmente sbagliate, mentre gli improbabili soggetti come il sottoscritto più o meno hanno compreso le cose nel modo giusto.

Di fatto, c’è una considerevolmente modesta testimonianza che la “vera economia” sia giusta anche in tempi normali. L’efficienza dei mercati competitivi è una storia graziosa, ma dove sono le spettacolari previsioni di successo che in generale si richiedono come conferme delle teorie scientifiche? In effetti, l’assunto generale, persino all’interno della disciplina economica, secondo il quale la microeconomia è solida ed è nota per la sua efficacia, mentre la macroeconomia è confusionaria e dubbia, a me pare si basi su pregiudizi, anziché su prove. Sì, molta microeconomia può essere rigorosamente dedotta dall’idea della massimizzazione dei comportamenti individuali in aggiunta all’idea dell’equilibrio; ma perché, esattamente, ciò dovrebbe renderla giusta?

Dunque, secondo me la “vera America” sono le diverse Americhe nelle quali effettivamente viviamo, e la vera economia è l’eclettica combinazione di idee e di tecniche che sembrano essere utili, abbiano o no dei rigorosi fondamenti microeconomici. E lo dico sia come ‘vero americano’ che come ‘vero economista’.

 

 

[1] In connessione un articolo di Krugman sul New York Times del 7 maggio del 2002, che però non spiega l’origine della strana espressione “whatshisname” (“comesichiama”), che si riferisce a George W. Bush, e che traduco con l’Innominabile. Il fatto è che, se ben ricordo, tale espressione venne coniata ironicamente da Krugman negli anni nei quali le sue prime feroci critiche a Bush dovettero sfidare un atteggiamento generalizzato di rispetto nei confronti del Presidente, al punto che probabilmente le sue critiche venivano accolte con una certa freddezza anche sul suo giornale. Cosicché egli prese per un po’ a non indicarlo per nome e cognome, ma con quel termine, che voleva essere anche una critica nei confronti della esagerata condiscendenza nei confronti del Presidente, anche in ambienti progressisti.

[2] Il riferimento è all’articolo sul New York Times, tradotto in questo blog col titolo “Una nazione alla rovescia”, del 24 agosto 2014.

[3] Mi pare sia qualcosa che ha a che fare con un blog. Il termine comunque si potrebbe tradurre “Il Capitalismo domina”.

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