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Fosforo e libertà. La fantasia libertariana. Di Paul Krugman (New York Times 10 agosto 2014)

 

Phosphorus and Freedom

The Libertarian Fantasy

AUG. 10, 2014 Paul Krugman

In the latest Times Magazine, Robert Draper profiled youngish libertarians — roughly speaking, people who combine free-market economics with permissive social views — and asked whether we might be heading for a “libertarian moment.” Well, probably not. Polling suggests that young Americans tend, if anything, to be more supportive of the case for a bigger government than their elders. But I’d like to ask a different question: Is libertarian economics at all realistic?

The answer is no. And the reason can be summed up in one word: phosphorus.

As you’ve probably heard, the City of Toledo recently warned its residents not to drink the water. Why? Contamination from toxic algae blooms in Lake Erie, largely caused by the runoff of phosphorus from farms.

When I read about that, it rang a bell. Last week many Republican heavy hitters spoke at a conference sponsored by the blog Red State — and I remembered an antigovernment rant a few years back from Erick Erickson, the blog’s founder. Mr. Erickson suggested that oppressive government regulation had reached the point where citizens might want to “march down to their state legislator’s house, pull him outside, and beat him to a bloody pulp.” And the source of his rage? A ban on phosphates in dishwasher detergent. After all, why would government officials want to do such a thing?

An aside: The states bordering Lake Erie banned or sharply limited phosphates in detergent long ago, temporarily bringing the lake back from the brink. But farming has so far evaded effective controls, so the lake is dying again, and it will take more government intervention to save it.

The point is that before you rage against unwarranted government interference in your life, you might want to ask why the government is interfering. Often — not always, of course, but far more often than the free-market faithful would have you believe — there is, in fact, a good reason for the government to get involved. Pollution controls are the simplest example, but not unique.

Smart libertarians have always realized that there are problems free markets alone can’t solve — but their alternatives to government tend to be implausible. For example, Milton Friedman famously called for the abolition of the Food and Drug Administration. But in that case, how would consumers know whether their food and drugs were safe? His answer was to rely on tort law. Corporations, he claimed, would have the incentive not to poison people because of the threat of lawsuits.

So, do you believe that would be enough? Really? And, of course, people who denounce big government also tend to call for tort reform and attack trial lawyers.

More commonly, self-proclaimed libertarians deal with the problem of market failure both by pretending that it doesn’t happen and by imagining government as much worse than it really is. We’re living in an Ayn Rand novel, they insist. (No, we aren’t.) We have more than a hundred different welfare programs, they tell us, which are wasting vast sums on bureaucracy rather than helping the poor. (No, we don’t, and no, they aren’t.)

I’m often struck, incidentally, by the way antigovernment clichés can trump everyday experience. Talk about the role of government, and you invariably have people saying things along the lines of, “Do you want everything run like the D.M.V.?” Experience varies — but my encounters with New Jersey’s Motor Vehicle Commission have generally been fairly good (better than dealing with insurance or cable companies), and I’m sure many libertarians would, if they were honest, admit that their own D.M.V. dealings weren’t too bad. But they go for the legend, not the fact.

Libertarians also tend to engage in projection. They don’t want to believe that there are problems whose solution requires government action, so they tend to assume that others similarly engage in motivated reasoning to serve their political agenda — that anyone who worries about, say, environmental issues is engaged in scare tactics to further a big-government agenda. Paul Ryan, the chairman of the House Budget Committee, doesn’t just think we’re living out the plot of “Atlas Shrugged”; he asserts that all the fuss over climate change is just “an excuse to grow government.”

As I said at the beginning, you shouldn’t believe talk of a rising libertarian tide; despite America’s growing social liberalism, real power on the right still rests with the traditional alliance between plutocrats and preachers. But libertarian visions of an unregulated economy do play a significant role in political debate, so it’s important to understand that these visions are mirages. Of course some government interventions are unnecessary and unwise. But the idea that we have a vastly bigger and more intrusive government than we need is a foolish fantasy.

 

Fosforo e libertà. La fantasia libertariana.

di Paul Krugman

Nell’ultimo Times Magazine, Robert Draper offre un profilo dei più o meno giovani libertariani [1] – grosso modo, persone che combinano l’economia di libero mercato con punti di vista sociali tolleranti – e si chiede se sia possibile che si stia andando verso un “momento libertariano”. Ebbene, probabilmente no. I sondaggi suggeriscono che i giovani americani, semmai, tendono a sostenere maggiormente l’ipotesi di un governo più forte, rispetto ai più anziani. Ma vorrei porre una domanda diversa: l’economia libertariana è realistica?

La risposta è negativa. E la ragione può essere riassunta in una parola: fosforo.

Come avete sentito, la Città di Toledo [2] di recente ha messo in guardia i suoi residenti dal bere l’acqua. Nel Lago Erie fiorisce una diffusione di alghe tossiche inquinanti, in gran parte provocata dagli sversamenti di fosforo delle aziende agricole.

Quando ho letto quella notizia, è stato come il risuonare di una campana. La scorsa settimana molti pezzi grossi repubblicani hanno parlato in una conferenza promossa dal blog Red State – ed io mi sono ricordato di una invettiva antigovernativa di pochi anni orsono di Erick Erickson, il fondatore di quel blog. Il signor Erickson insinuava che la eccessiva regolamentazione aveva raggiunto un punto in cui i cittadini potevano cominciare a concepire di “mettersi in marcia verso la residenza del loro rappresentante nella assemblea legislativa statale, tirarlo fuori da lì e picchiarlo a sangue”. E quale era l’origine di questa rabbia? Un divieto ai fosfati nei detergenti per lavastoviglie. Insomma: perché mai i dirigenti del Governo osano fare una cosa del genere?

Un inciso: gli Stati che costeggiano il Lago Erie misero al bando o limitarono severamente i fosfati nei detergenti molto tempo fa, temporaneamente risollevando il lago dal punto limite. Ma l’agricoltura si è sottratta a controlli effettivi in modo tale che il lago è nuovamente in via di estinzione, e ci vorrà un intervento più deciso del Governo per salvarlo.

Il punto è che prima della rabbia contro l’ingiustificata interferenza del Governo nella nostra vita, si dovrebbe aver voglia di chiedersi perché il Governo sta interferendo. Spesso – non sempre, naturalmente, ma più spesso di quanto la fede nel libero mercato farebbe credere – c’è di fatto una buona ragione perché il Governo intervenga. I controlli sull’inquinamento sono l’esempio più facile, ma non l’unico.

I libertariani intelligenti hanno sempre compreso che ci sono problemi che i liberi mercati non possono risolvere – ma le loro alternative al ruolo della amministrazione pubblica hanno la tendenza ad essere prive di fondamento. Ad esempio, è noto che Milton Friedman si pronunciò contro la Food and Drug Administration [3]. Ma, in quel caso, come avrebbero saputo i consumatori se i loro alimenti e le loro medicine erano sicuri? La sua risposta era di basarsi sulla legislazione civile. Le imprese, sostenne, avrebbero avuto l’incentivo a non avvelenare la gente per effetto della minaccia di essere chiamate in causa.

Il punto è: si crede davvero che sarebbe stato abbastanza? Lo si crede sul serio? Per non dire, naturalmente, che le persone che si scagliano contro le funzioni pubbliche tendono anche a pronunciarsi per una riforma della legislazione civile ed attaccano gli avvocati nei procedimenti.

Più in generale, i sedicenti libertariani si misurano con il problema della inadeguatezza del mercato sia fingendo di non vederla, sia immaginando che il governo sia molto peggiore di quanto non è. Si attaccano all’idea di vivere in un racconto di Ayn Rand (e non è così). Ci dicono che abbiamo più di un centinaio di programmi di assistenza, che stanno buttando al vento grandi somme, mantenendo la burocrazia anziché aiutare i poveri (e non è vero che abbiamo tanti programmi, e neppure che siano uno spreco).

Detto per inciso, sono spesso stupefatto del modo i cui i luoghi comuni contro la pubblica amministrazione possono averla vinta sull’esperienza quotidiana. Si parla del ruolo del governo, e invariabilmente si trovano persone che parlano in modo dissennato. “Volete che le cose funzionino come il Dipartimento dei Veicoli a motore? [4]” Le esperienze sono le più diverse – eppure i miei contatti con la Commissione dei Veicoli a Motore del New Jersey sono state in generale piuttosto positive (molto migliori che non fare i conti con le assicurazioni o le compagnie telefoniche), e sono certo che molti libertariani, se fossero onesti, ammetterebbero che anche i loro rapporti con la DMV non sono stati così pessimi. Ma essi prediligono le leggende, piuttosto che i fatti.

I libertariani hanno anche la tendenza a spendersi nelle previsioni. Non vogliono credere che ci siano problemi la cui soluzione richiede l’intervento del governo, dunque tendono a presupporre che anche gli altri si impegnino in ragionamenti che hanno il solo scopo di servire i loro programmi politici – che tutti coloro i quali, ad esempio, si preoccupano delle tematiche ambientali si impegnino in tattiche terrificanti per promuovere programmi pubblicistici. Paul Ryan, il Presidente della Commissione Bilancio della Camera, non pensa soltanto che stiamo vivendo nella trama di “Atlas Shrugged”; sostiene che tutte le proteste sul cambiamento climatico sono soltanto “una scusa per accrescere il ruolo del governo”.

Come ho detto all’inizio, non dovreste dar retta all’idea di una montante marea libertariana; a dispetto della forza crescente, in America, di un liberalismo sociale, il potere reale della destra si fonda ancora sulla tradizionale alleanza tra i plutocrati ed i predicatori. Eppure, le visioni libertariane di una economia senza regole giocano per davvero un ruolo significativo nel dibattito politico, cosicché è importante comprendere che queste visioni sono miraggi. Naturalmente, alcuni interventi del Governo sono superflui e avventati. Ma l’idea secondo la quale avremmo un governo assai più grande e invasivo di quanto ci serva, è solo una sciocca fantasia.

 

 

[1] Per il termine “libertariano” si può leggere questa estrema sintesi della vita e del pensiero di Ayn Rand, considerata la capostipite di tale ideologia, che si trova nelle note sulla traduzione:

“Ayn Rand, è lo pseudonimo di  Alisa Zinov’yevna Rosenbaum O’Connor (San Pietroburgo, 2 febbraio1905New York, 6 marzo1982);  scrittrice, filosofa e sceneggiatrice statunitense di origine russa. La sua filosofia e la sua narrativa insistono sui concetti di individualismo, egoismo razionale (“interesse razionale”) e ed etica del capitalismo, nonché sulla sua opposizione al comunismo ed a ogni forma di collettivismo socialista e fascista. Il pensiero cosiddetto “oggettivista” della Rand ha – come anche tutto il “libertarianism” – molteplici origini liberali, anarchiche, antitotalitarie ed anche, più singolarmente, capitalistiche; spesso con esiti irreligiosi. Ma il mito dell’industriale creativo soffocato dalla burocrazia e costretto ad una resistenza addirittura “militante” – che è il tema del suo romanzo “Atlas Shrugged” –  è certamente una passione americana, nel senso almeno che sarebbe arduo immaginarlo come tema di un romanzo, altrove. Più recentemente, il libro della Rand è stato indicato come riferimento favorito da parte di molti repubblicani americani.”

Questo spiega anche perché il termine “libertariano” è praticamente intraducibile con espressioni apparentemente contigue – ad esempio: radicale, o liberista – che in realtà alludono a ben altro, nel pensiero politico europeo, pur presentando casuali somiglianze. Neanche mi pare si possa immaginare che si tratti di una ideologia organica, cresciuta nel tempo con una sua struttura di approfondimenti, di ricerca e di organizzazione interna, al pari di altre ideologie del secolo passato.

Forse è più giusto concepire il fenomeno del “libertarianismo” come tipicamente americano; una sorta di attrazione che agisce in modo ‘carsico’ sul conservatorismo americano, in certi momenti storici collegando le politiche presenti con una sensibilità antica e per qualche aspetto fondativa di una parte del pensiero politico di quel paese. L’idea, della quale Krugman parla alla fine di questo articolo, di una “economia forte per una completa assenza di regole” , è il caposaldo di questa mitologia libertariana fuori del tempo. Ma, in effetti, nel periodo recente quella attrazione è tornata a risultare evidente in movimenti come il Tea Party e in una componente probabilmente oggi maggioritaria del Partito Repubblicano.

[2] La città di Toledo è la quarta città per popolazione dell’Ohio, con 287.208 abitanti al Censimento del 2010 (651.429 la più ampia area metropolitana). Si trova al limite occidentale del Lago Erie, ai confini con lo Stato del Michigan. Le dispute sui confini tra i due Stati portarono alla Guerra di Toledo, nel 1835, e nel 1837 la città fu praticamente rifondata. Crebbe velocemente, avvalendosi della sua posizione sul Canale Erie e sulla ferrovia tra New York e Chicago. La foto mostra la rilevanza della sua collocazione idrografica:

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[3] La Food and Drug Administration (Agenzia per gli Alimenti e i Medicinali, abbreviato in FDA) è l’ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici. Esso dipende dal Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani degli Stati Uniti.

[4] La DMV è una Agenzia al livello dello Stato Federale che amministra la registrazione dei veicoli e le licenze di guida.

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