Aug 5 10:36 am
OK, this is grotesque. Rick Perlstein has a new book, continuing his awesomely informative history of the rise of movement conservatism — and he’s facing completely spurious charges of plagiarism.
How do we know that they’re spurious? The people making the charges — almost all of whom have, surprise, movement conservative connections — aren’t pointing to any actual passages that, you know, were lifted from some other book. Instead, they’re claiming that Perlstein paraphrased what other people said. Um, what? Unless there’s a very close match, telling more or less the same story someone else has told before is perfectly ordinary — in fact, it would be distressing if history books didn’t correspond on some things.
Can I say, I’m familiar with this process? There was a time when various of the usual suspects went around claiming that I was doing illegitimate things with jobs data; what I was doing was in fact perfectly normal — but that didn’t stop Daniel Okrent, the outgoing public editor, from firing a parting shot (with no chance for me to reply) accusing me of fiddling with the numbers. I also heard internally that there were claims of plagiarism directed at me, too, but evidently they couldn’t cook up enough stuff to even pretend to make that stick.
The thing to understand is that fake accusations of professional malpractice are a familiar tactic for these people. And this tactic should be punctured by the press, not given momentum with “opinions differ on shape of the planet” reporting.
Imbrattare Rick Perlstein
Questa è davvero grottesca. E’ uscito un nuovo libro di Rick Perlstein, che prosegue il suo fantastico racconto informativo sull’avvento della nuova destra [1] – e si trova a fare i conti con accuse completamente false di plagio.
Come sappiamo che sono false? Gli individui che formulano quelle accuse – che, sorpresa, hanno quasi tutti collegamenti con la nuova destra – non indicano alcun passaggio che, come vi aspettereste, sia stato copiato da un altro libro. Essi, invece, sostengono che Perlstein ha parafrasato quello che altri avevano detto. Un momento, cosa? Se non c’è un vero e proprio abbinamento, raccontare la stessa storia che qualcun altro ha raccontato in precedenza è perfettamente ordinario – di fatto, sarebbe devastante se i libri di storia non avessero punti di contatto su qualcosa.
Posso dire di avere una certa familiarità con accuse del genere? Ci fu un periodo nel quale vari soggetti tra i soliti noti andavano in giro sostenendo che io facevo cose non lecite con i dati sui posti di lavoro; in realtà quello che facevo era perfettamente normale – ma ciò non impedì a Daniel Okrent, l’estroverso public editor [2], di indirizzarmi una stoccata (senza che io avessi alcuna possibilità di replica) accusandomi di armeggiare con i numeri. Sentii anche dire, dall’interno, che c’erano pretese di plagio anche nei miei confronti, ma evidentemente non si poté architettare argomenti sufficienti per pretendere di avanzare anche tale accusa.
Quello che si deve sapere è che le false accuse di cattiva pratica professionale sono una tattica consueta per gente del genere. E questa tattica dovrebbe essere messa al bando dalla stampa, anziché dare l’occasione per un tipo di giornalismo secondo il quale “ci sono opinioni diverse sulla forma del pianeta”[3].
[1] “Nuova”, in realtà, sin dagli anni ’70; nel senso che – secondo la definizione che ne diede Nash nel 2009 – il movimento combinava almeno cinque principali indirizzi: i libertariani, i conservatori tradizionalisti, gli anticomunisti (che erano componenti ovviamente presenti da tempo, dagli anni ’30 agli anni ’60), ma anche i neoconservatori ed i rappresentanti di ideologie religiose.
[2] Occorrerebbe inventare, credo, un neologismo; si tratta di una figura di “controllore” o di “supervisore” del rispetto e della attuazione di norme di eticità e di correttezza, che normalmente appartiene allo stesso giornale che è oggetto della sua attività. Mi pare che l’aggiunta di “public” significhi che agisce nell’interesse della opinione pubblica. Il fatto che appartenga alla stessa ‘ditta’, almeno per i giornali importanti, non costituisce un limite rilevante, perché non verrebbe in mente a nessuno di licenziare un “public editor” particolarmente critico nei confronti dei contenuti del giornale stesso (per il prestigio del giornale, è maggiormente rilevante che la sua autonomia venga salvaguardata). Il che non significa necessariamente che le sue osservazioni siano sempre ineccepibili ed intelligenti.
[3] Si tratta di una battuta frequente di Krugman, che nacque all’epoca di Bush. Per sottolineare l’equilibrismo di molta stampa, egli notò che se addirittura Bush avesse dichiarato che la Terra era piatta, alcuni avrebbero dato la notizia di “diversi punti di vista” sulla forma del Pianeta.
By mm
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