Articoli sul NYT

L’altro successo di Obama, di Paul Krugman (New York Times 3 agosto 2014)

 

Obama’s Other Success.

Dodd-Frank Financial Reform Is Working.

By PAUL KRUGMAN AUG. 3, 2014

Although the enemies of health reform will never admit it, the Affordable Care Act is looking more and more like a big success. Costs are coming in below predictions, while the number of uninsured Americans is dropping fast, especially in states that haven’t tried to sabotage the program. Obamacare is working.

But what about the administration’s other big push, financial reform? The Dodd-Frank reform bill has, if anything, received even worse press than Obamacare, derided by the right as anti-business and by the left as hopelessly inadequate. And like Obamacare, it’s certainly not the reform you would have devised in the absence of political constraints.

But also like Obamacare, financial reform is working a lot better than anyone listening to the news media would imagine. Let’s talk, in particular, about two important pieces of Dodd-Frank: creation of an agency protecting consumers from misleading or fraudulent financial sales pitches, and efforts to end “too big to fail.”

The decision to create a Consumer Financial Protection Bureau shouldn’t have been controversial, given what happened during the housing boom. As Edward M. Gramlich, a Federal Reserve official who warned prophetically of problems in subprime lending, asked, “Why are the most risky loan products sold to the least sophisticated borrowers?” He went on, “The question answers itself — the least sophisticated borrowers are probably duped into taking these products.” The need for more protection was obvious.

Of course, that obvious need didn’t stop the U.S. Chamber of Commerce, financial industry lobbyists and conservative groups from going all out in an effort to prevent the bureau’s creation or at least stop it from doing its job, spending more than $1.3 billion in the process. Republicans in Congress dutifully served the industry’s interests, notably by trying to prevent President Obama from appointing a permanent director. And the question was whether all that opposition would hobble the new bureau and make it ineffective.

At this point, however, all accounts indicate that the bureau is in fact doing its job, and well — well enough to inspire continuing fury among bankers and their political allies. A recent case in point: The bureau is cracking down on billions in excessive overdraft fees.

Better consumer protection means fewer bad loans, and therefore a reduced risk of financial crisis. But what happens if a crisis occurs anyway?

The answer is that, as in 2008, the government will step in to keep the financial system functioning; nobody wants to take the risk of repeating the Great Depression.

But how do you rescue the banking system without rewarding bad behavior? In particular, rescues in times of crisis can give large financial players an unfair advantage: They can borrow cheaply in normal times, because everyone knows that they are “too big to fail” and will be bailed out if things go wrong.

The answer is that the government should seize troubled institutions when it bails them out, so that they can be kept running without rewarding stockholders or bondholders who don’t need rescue. In 2008 and 2009, however, it wasn’t clear that the Treasury Department had the necessary legal authority to do that. So Dodd-Frank filled that gap, giving regulators Ordinary Liquidation Authority, also known as resolution authority, so that in the next crisis we can save “systemically important” banks and other institutions without bailing out the bankers.

Bankers, of course, hate this idea; and Republican leaders like Mitch McConnell tried to help their friends with the Orwellian claim that resolution authority was actually a gift to Wall Street, a form of corporate welfare, because it would grease the skids for future bailouts.

But Wall Street knew better. As Mike Konczal of the Roosevelt Institute points out, if being labeled systemically important were actually corporate welfare, institutions would welcome the designation; in fact, they have fought it tooth and nail. And a new study from the Government Accountability Office shows that while large banks were able to borrow more cheaply than small banks before financial reform passed, that advantage has now essentially disappeared. To some extent this may reflect generally calmer markets, but the study nonetheless suggests that reform has done at least part of what it was supposed to do.

Did reform go far enough? No. In particular, while banks are being forced to hold more capital, a key force for stability, they really should be holding much more. But Wall Street and its allies wouldn’t be screaming so loudly, and spending so much money in an effort to gut the law, if it weren’t an important step in the right direction. For all its limitations, financial reform is a success story.

+

 

L’altro successo di Obama.

La riforma Dodd-Frank del sistema finanziario sta funzionando.

Di Paul Krugman. New York Times 3 agosto 2014

Sebbene i nemici della riforma sanitaria non lo ammetteranno mai, la Legge sulla Assistenza Sostenibile sembra sempre di più un grande successo. I costi stanno scendendo rispetto alle previsioni, e il numero degli americani non assicurati sta calando velocemente anch’esso, il particolare negli Stati che non hanno cercato di sabotare il programma. La riforma sanitaria di Obama sta funzionando.

Ma che dire dell’altro grande sforzo della Amministrazione, la riforma del sistema finanziario? La proposta di legge di riforma Dodd-Frank ha, se possibile, avuto una stampa anche peggiore della riforma della assistenza sanitaria, schernita dalla destra come contraria agli affari e dalla sinistra come irrimediabilmente inadeguata. E, come il provvedimento sulla sanità, essa certamente non è la riforma che si sarebbe concepita in assenza di condizionamenti politici.

Ma sempre come quella della assistenza sanitaria, la riforma del sistema finanziario sta funzionando molto meglio di quanto ognuno si immaginerebbe, sulla base delle informazioni dei media. Vorrei affrontare, in particolare, due aspetti importanti della Dodd-Frank: la creazione di una agenzia di protezione degli utenti dalle condotte fuorvianti o fraudolente dei venditori, ed i tentativi di interrompere il fenomeno del “troppo grande per fallire”.

La decisione di creare un Ufficio della Protezione dell’utente del sistema finanziario non avrebbe dovuto essere controverso, dato quello che accadde durante il boom immobiliare. Come si era chiesto Edward M. Gramlich, un dirigente della Federal Reserve, che aveva messo in guardia sui problemi delle concessioni dei mutui subprime: “Perché abbiamo venduto i più rischiosi prodotti finanziari ai creditori meno sofisticati?”. E aveva proseguito: “E’ una domanda che si risponde da sola – i creditori meno sofisticati, nel prendere questi prodotti, con ogni probabilità sono stati frodati”. La necessità di una maggiore protezione era evidente.

Quella ovvia necessità, naturalmente, non fermò la Camera di Commercio degli Stati Uniti, le lobby del sistema finanziario ed i gruppi conservatori dal fare di tutto nel tentativo di impedire la creazione dell’ufficio o almeno di impedirgli di fare il suo lavoro, spendendo più di un miliardo e 300 milioni di dollari a quello scopo. I congressisti repubblicani si misero diligentemente al servizio degli interessi del settore, in particolare cercando di impedire al Presidente Obama di nominare un direttore permanente. E l’interrogativo era se tanta opposizione avrebbe paralizzato il nuovo ufficio e l’avrebbe reso inefficace.

A questo punto, tuttavia, tutti i dati indicano che l’ufficio sta di fatto facendo il suo lavoro, e bene – abbastanza bene da provocare una continua collera tra i banchieri ed i loro alleati politici. Un caso recente al proposito: l’ufficio sta dando un giro di vite su miliardi di commissioni di massimo scoperto [1].

Una migliore protezione degli utenti significa minori cattivi mutui, e di conseguenza riduce il rischio della crisi finanziaria. Ma cosa accade se la crisi avviene comunque?

La risposta è che, come nel 2008, il Governo interverrà per consentire il funzionamento del sistema finanziario: non c’è nessuno che voglia correre il rischio di una ripetizione della Grande Depressione.

Ma come salvare il sistema bancario senza premiare i comportamenti negativi? In particolare, i salvataggi nelle situazioni di crisi possono offrire a grandi protagonisti finanziari un ingiusto vantaggio: essi possono indebitarsi convenientemente in tempi normali, giacché tutti sanno che sono “troppo grandi per fallire”, e che, se le cose vanno male, saranno messi in salvo.

La risposta è che il Governo dovrebbe confiscare gli istituti in difficoltà nel mentre li mette in salvo, cosicché essi possano continuare ad operare senza premiare i proprietari di azioni o di bond che non hanno bisogno di salvataggi. Nel 2008 e 2009, tuttavia, non era chiaro se il Dipartimento del Tesoro avesse l’autorità legale per farlo. Così la legge Dodd-Frank ha coperto questo buco, mettendo a disposizione dei regolatori la Ordinary Liquidation Authority, anche nota come ‘autorità di risoluzione [2]’, cosicché nella prossima crisi potremo salvare banche ed altri istituti di “importanza sistemica” senza salvare i banchieri.

I banchieri, ovviamente, odiano questa idea, e dirigenti repubblicani come Mitch McConnell hanno cercato di aiutare i loro amici con la pretesa orwelliana che l’autorità di risoluzione fosse effettivamente un regalo a Wall Street, una specie di welfare delle imprese, giacché avrebbe oliato lo scivolo verso salvataggi futuri.

Ma Wall Street aveva imparato la lezione. Come Mike Konczal [3] del Roosevelt Institute mette in evidenza, se essere etichettati come importanti dal punto di vista sistemico fosse davvero una manna per le società, gli istituti accoglierebbero con favore tale denominazione; di fatto l’hanno combattuta con le unghie ed i denti. Ed un nuovo studio da parte del Government Accountability Office [4] mostra che se le grandi banche erano nelle condizioni di assumere crediti in modo più conveniente delle piccole, prima che la riforma fosse approvata, ora il vantaggio è essenzialmente scomparso. In qualche misura può essere il riflesso di mercati più tranquilli, nondimeno lo studio indica che la riforma ha almeno in parte avuto l’effetto che si supponeva.

E’ stata sufficientemente buona, la riforma? No. In particolare, se le banche sono state costrette a possedere maggiori capitali, una misura chiave per la stabilità, in realtà avrebbero dovuto detenerne quote maggiori. Ma Wall Street ed i propri alleati non avrebbero strepitato in modo così rumoroso e speso tanti soldi nel tentativo di distruggere la legge, se non fosse stata un passo importante nella direzione giusta. Con tutti i suoi limiti, la riforma del sistema finanziario è una storia di successo.

 

 

[1] Da un forum di WordReference.com del marzo 2012 si comprende che le “commissioni di massimo scoperto” non sono tasse ma bensì interessi passivi o fees  che la banca applica una volta che il correntista spende più della propria disponibilità sul conto corrente. Il senso, dunque, sarebbe che l’Ufficio sta intervenendo in modo massiccio per limitare il ricorso delle banche a queste forme di prelievo sui clienti.

[2] Ovvero, come si comprende meglio dal post del 1 agosto (“Buone notizie sulla riforma del sistema finanziario”), una autorità che consente al Governo di prendere possesso di tali istituti finanziari.

[3] Si veda, di Mike Konczal, sullo stesso tema tradotto in questo blog l’articolo “Il 2013 è stato un anno cattivo per i lobbisti di Wall Street”, del 29 dicembre 2013.

[4] Diremmo, Ufficio Governativo della Trasparenza.

By


Commenti dei Lettori (0)


E' possibile commentare l'articolo nell'area "Commenti del Mese"