Blog di Krugman

L’austerità e la sinistra sventurata (29 agosto 2014)

 

Aug 29 9:00 am

Austerity and the Hapless Left

In today’s column I am not nice to Francois Hollande, who has shown about as much strength in standing up to austerians as a wet Kleenex. But one does have to admit that he’s not alone in his haplessness; where, indeed, are the major political figures on the European left taking a stand against disastrous policies? Britain’s Labour Party has been almost surreally unwilling to challenge Cameron/Osborne’s core premises; is anyone doing better?

You can complain — and I have, often — about President Obama’s willingness to go along with belt-tightening rhetoric, the years he wasted in pursuit of a Grand Bargain, and so on; still, the Obama administration, while it won’t use the word “stimulus”, favors the thing itself, and in general American liberals have taken a much more forthright stand against hard-money, balanced-budget orthodoxy than their counterparts in Europe. Economists, in particular, have taken a much stronger stand. In Britain there are, to be sure, some prominent anti-austerity voices — Martin Wolf, Jonathan Portes, Simon Wren-Lewis, and I’m sure there are others I’m missing. But they don’t seem to have anything like the weight in the debate that Larry Summers, Alan Blinder, and many others have here.

Why the difference? I don’t really know. I have a couple of hypotheses. One is that the US intellectual ecology seems much more flexible: here, serious economists with celebrated research can also be public intellectuals with large followings, and even serve as public officials; and they can provide at least some counterweight to the Very Serious People. Think Larry Summers, but also Janet Yellen (and before her Ben Bernanke), and in a somewhat different way yours truly. Such people aren’t totally absent in Europe — Mervyn King was an academic central banker, and so in a way is Mario Draghi. But there’s much more of that in the US.

Another hypothesis is that American liberals have been toughened up by the craziness of our right, and in particular by the experience of the Bush years. After seeing the Very Serious People lionize W, a fundamentally ludicrous figure, and cheer on a war that was obviously cooked up on false pretenses, US liberals are more ready than European Social Democrats to believe that the men in good suits have no idea what they’re talking about. Oh, and America does have a network of progressive think tanks that is vastly bigger and more effective than anything in Europe.

But I’m just making suggestions here. The haplessness of the European left is still something I don’t fully understand.

 

L’austerità e la sinistra sventurata

Nell’articolo di oggi non sono gentile con Francois Hollande, che ha dimostrato nel resistere ai seguaci dell’austerità più o meno la stessa tenacia di un Kleenex umido. Ma si deve davvero riconoscere che egli non è solo nella sua cattiva sorte; dove sono, in effetti, le importanti figure politiche della sinistra europea che prendono posizione contro le politiche disastrose? Il Labour Party inglese è stato indisponibile a sfidare gli assunti di fondo di Cameron ed Osborne, in modo quasi surreale; qualcun altro sta facendo meglio?

Ci si può lamentare – io lo faccio spesso – della disponibilità del Presidente Obama a far propria la retorica dello stringersi la cinghia, gli anni che egli sprecò nel perseguimento delle Grande Intesa, e così via; eppure, la Amministrazione Obama, anche se non userà mai il termine “stimulus”, è a favore della cosa in sé, e in generale i progressisti americani hanno preso una posizione molto più netta contro l’ortodossia della moneta forte e dei bilanci in equilibrio dei loro omologhi in Europa. In particolare gli economisti hanno preso una posizione molto più netta. In Inghilterra ci sono, senza dubbio, alcune eminenti voci contro l’austerità – Martin Wolf, Jonathan Portes, Simon Wren-Lewis, e certamente altri che mi sfuggono. Ma non sembra che abbiano un peso nel dibattito per niente paragonabile a quello che Larry Summers, Alan Blinder e molti altri hanno qua.

Perché tale differenza? In realtà, non lo so. Ho un paio di ipotesi. Una è che l’adattamento intellettuale alla realtà negli Stati Uniti sembra molto più flessibile: da noi, economisti seri con ricerche altamente considerate possono essere intellettuali pubblici [1] con largo seguito, e persino avere funzioni di dirigenti della Amministrazione; e possono fornire almeno un qualche contrappeso alle Persone Molto Serie [2]. Si pensi a Larry Summers, ma anche a Janet Yellen (e prima a Ben Bernanke), per non dire in modo un po’ diverso anche il sottoscritto. Persone del genere non sono totalmente assenti in Europa – Mervyn King [3] era una banchiere centrale con una storia accademica, e lo stesso in un certo senso è Mario Draghi. Ma negli Stati Uniti quel fenomeno è molto più ampio.

Un’altra ipotesi è che i progressisti americani siano stati temprati dalla follia della nostra destra, e in particolare dalla esperienza degli anni di Bush. Dopo aver visto le Persone Molto Serie esaltare Bush, un personaggio fondamentalmente grottesco, e fare il tifo per una guerra che era evidentemente architettata su falsi pretesti, i liberals statunitensi sono più pronti, rispetto ai socialdemocratici europei, a ritenere che gli individui che circolano con abiti impeccabili non abbiano alcuna idea di quello di cui parlano. Inoltre, l’America ha una rete di gruppi di ricerca progressisti che è assai più vasta e più efficace di quello che c’è di simile in Europa.

Ma in questo caso sto solo avanzando suggestioni. La cattiva sorte della sinistra europea è ancora qualcosa che non capisco interamente.

 

 

[1] Per “public intellectual” vedi le note sulla traduzione. Per quanto il termine sia assai semplice, non mi pare che in italiano sia utilizzato. E non si può confondere con un termine quale “intellettuale organico” o simili. Il significato riguarda figure di intellettuali con una chiara importanza accademica, che svolgono anche – in modo generalmente autonomo – funzioni di rilievo nel dibattito pubblico. Talora, magari, assumendo ruoli di consulenza verso le Amministrazioni. In Italia sicuramente ne esistono, e neanche pochi, ma non sono definiti ‘intellettuali pubblici’.

[2] Vedi anche per questa espressione ironica le note sulla traduzione.

[3] Passato Presidente della Banca di Inghilterra.

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