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Se viene meno la Francia, di Paul Krugman (New York Times 28 agosto 2014)

 

The Fall of France

AUG. 28, 2014 Paul Krugman

François Hollande, the president of France since 2012, coulda been a contender. He was elected on a promise to turn away from the austerity policies that killed Europe’s brief, inadequate economic recovery. Since the intellectual justification for these policies was weak and would soon collapse, he could have led a bloc of nations demanding a change of course. But it was not to be. Once in office, Mr. Hollande promptly folded, giving in completely to demands for even more austerity.

Let it not be said, however, that he is entirely spineless. Earlier this week, he took decisive action, but not, alas, on economic policy, although the disastrous consequences of European austerity grow more obvious with each passing month, and even Mario Draghi, the president of the European Central Bank, is calling for a change of course. No, all Mr. Hollande’s force was focused on purging members of his government daring to question his subservience to Berlin and Brussels.

It’s a remarkable spectacle. To fully appreciate it, however, you need to understand two things. First, Europe, as a whole, is in deep trouble. Second, however, within that overall pattern of disaster, France’s performance is much better than you would guess from news reports. France isn’t Greece; it isn’t even Italy. But it is letting itself be bullied as if it were a basket case.

On Europe: Like the United States, the euro area — the 18 countries that use the euro as a common currency — started to recover from the 2008 financial crisis midway through 2009. But after a debt crisis erupted in 2010, some European nations were forced, as a condition for loans, to make harsh spending cuts and raise taxes on working families. Meanwhile, Germany and other creditor countries did nothing to offset the downward pressure, and the European Central Bank, unlike the Federal Reserve or the Bank of England, didn’t take extraordinary measures to boost private spending. As a result, the European recovery stalled in 2011, and has never really resumed.

At this point, Europe is doing worse than it did at a comparable stage of the Great Depression. And even more bad news may lie ahead, as Europe shows every sign of sliding into a Japanese-style deflationary trap.

How does France fit into this picture? News reports consistently portray the French economy as a dysfunctional mess, crippled by high taxes and government regulation. So it comes as something of a shock when you look at the actual numbers, which don’t match that story at all. France hasn’t done well since 2008 — in particular, it has lagged Germany — but its overall G.D.P. growth has been much better than the European average, beating not only the troubled economies of southern Europe but creditor nations like the Netherlands. French job performance isn’t too bad. In fact, prime-aged adults are a lot more likely to be employed in France than in the United States.

Nor does France’s situation seem particularly fragile. It doesn’t have a large trade deficit, and it can borrow at historically low interest rates.

Why, then, does France get such bad press? It’s hard to escape the suspicion that it’s political: France has a big government and a generous welfare state, which free-market ideology says should lead to economic disaster. So disaster is what gets reported, even if it’s not what the numbers say.

And Mr. Hollande, even though he leads France’s Socialist Party, appears to believe this ideologically motivated bad-mouthing. Worse, he has fallen into a vicious circle in which austerity policies cause growth to stall, and this stalled growth is taken as evidence that France needs even more austerity.

It’s a very sad story, and not just for France.

Most immediately, Europe’s economy is in dire straits. Mr. Draghi, I believe, understands how bad things are. But there’s only so much the central bank can do, and, in any case, he has limited room for maneuvering unless elected leaders are willing to challenge hard-money, balanced-budget orthodoxy. Meanwhile, Germany is incorrigible. Its official response to the shake-up in France was a declaration that “there is no contradiction between consolidation and growth” — hey, never mind the experience of the past four years, we still believe that austerity is expansionary.

So Europe desperately needs the leader of a major economy — one that is not in terrible shape — to stand up and say that austerity is killing the Continent’s economic prospects. Mr. Hollande could and should have been that leader, but he isn’t.

And if the European economy continues to stagnate or worse, what will become of the European project — the long-term effort to secure peace and democracy through shared prosperity? In failing France, Mr. Hollande is also failing Europe as a whole — and nobody knows how bad it might get.

 

Se viene meno la Francia, di Paul Krugman

New York Times 28 agosto 2014

François Hollande, Presidente della Francia dal 2012, avrebbe potuto essere un combattente. Egli era stato eletto sulla base della promessa di voltare le spalle alle politiche dell’austerità, che avevano bloccato la breve, inadeguata ripresa economica dell’Europa. Dal momento che la giustificazione intellettuale per quelle politiche era debole e sarebbe presto entrata in crisi, egli poteva guidare un blocco di nazioni che chiedevano un mutamento di indirizzo. Ma non era destino. Una volta in carica, il signor Hollande ha subito rinunciato, arrendendosi completamente alle richieste di una austerità persino maggiore.

Non si deve dire, tuttavia, che sia interamente senza spina dorsale. Agli inizi di questa settimana ha assunto una iniziativa risoluta, ma non, ahimè, sulla politica economica, sebbene ogni mese che passa le disastrose conseguenze della politica della austerità europea crescano con sempre maggiore evidenza e persino Mario Draghi, il Presidente della Banca Centrale Europea, si stia pronunciando per un cambiamento di indirizzo. No, tutta l’energia di Hollande si è concentrata nell’epurare membri del suo Governo che avevano avuto l’ardimento di avanzare dubbi sulla subordinazione a Berlino ed a Bruxelles.

E’ uno spettacolo notevole. Per apprezzarlo pienamente, tuttavia, si devono comprendere due cose. La prima, l’Europa nel suo complesso è in un gran guaio. La seconda, ciononostante, all’interno di uno schema generale disastroso, le prestazioni della Francia sono molto migliori di quello che si potrebbe supporre sulla base dei resoconti giornalistici. La Francia non è la Grecia; non è nemmeno l’Italia. Ma si sta facendo intimidire, come se avesse perso la testa.

Sull’Europa: come gli Stati Uniti, l’area euro – i 18 paesi che usano l’euro come valuta comune – iniziò a riprendersi dalla crisi finanziaria del 2008 sulla metà del 2009. Ma dopo una crisi da debito scoppiata nel 2010, alcune nazioni europee furono costrette, come condizione per avere prestiti, ad operare duri tagli alla spesa e ad alzare le tasse sulle famiglie dei lavoratori. Nel frattempo, la Germania ed altri paesi creditori non fecero niente per bilanciare la spinta verso il basso, e la Banca Centrale Europea, diversamente dalla Federal Reserve e dalla Banca di Inghilterra, non presero misure straordinarie per incoraggiare la spesa privata. Risultato: la ripresa europea si bloccò nel 2011 e non è mai effettivamente ricominciata.

A questo punto, l’Europa è in condizioni peggiori di quelle in cui si trovava, ad uno stadio paragonabile, durante la Grande Depressione. E sono in arrivo novità ancora peggiori, dato che l’Europa mostra tutti i segni di uno scivolamento in una trappola deflazionistica del genere di quella giapponese.

Come si colloca la Francia in questo contesto? I resoconti giornalistici presentano in continuazione un quadro dell’economia francese in un completo disordine operativo, bloccata da tasse elevate e dalle regolamentazioni statali. Cosicché si resta assai sorpresi quando si osservano i dati effettivi, che non assomigliano per niente a quella spiegazione. E’ dal 2008 che la Francia non va bene – in particolare, che resta indietro rispetto alla Germania – ma la crescita complessiva del PIL è stata molto migliore della media europea, superando non solo le economie in difficoltà dell’Europa meridionale, ma anche nazioni creditrici come l’Olanda. Le prestazioni in materia di lavoro non sono così negative. Di fatto, gli adulti nella principale età lavorativa è molto più probabile abbiano un’occupazione in Francia che non negli Stati Uniti [1].

Né la situazione della Francia sembra particolarmente fragile. Essa non ha un ampio deficit commerciale e può indebitarsi a tassi di interesse bassi, rispetto alle sue serie storiche.

Perché, dunque, la Francia riceve tanti commenti negativi sulla stampa? E’ difficile sottrarsi al sospetto che la spiegazione sia di natura politica: la Francia ha una amministrazione pubblica vasta ed uno stato assistenziale generoso, cose che secondo l’ideologia del libero mercato dovrebbero condurre al disastro economico. Dunque il disastro è quanto si trova nei resoconti, ancorché non sia quello che dicono i dati.

E Hollande, per quanto alla guida del Partito Socialista Francese, sembra credere a queste dicerie motivate ideologicamente. Peggio ancora, egli è caduto in un circolo vizioso nel quale le politiche di austerità bloccano la crescita, e questa crescita bloccata viene considerata come la prova che la Francia ha bisogno di una austerità ancora maggiore.

E’ una storia assai triste, non solo per la Francia.

Nell’immediato, l’economia europea è in gravi ambasce. Io credo che Draghi comprenda quanto la situazione sia grave. Ma non è molto quello che la banca centrale può fare, e, in ogni caso, egli ha uno spazio di manovra limitato, a meno che i dirigenti eletti non abbiano voglia di sfidare l’ortodossia della moneta forte e dei bilanci in equilibrio. Nel frattempo, la Germania non cambia strada. La sua risposta ufficiale alla scossa nel governo francese è stata un dichiarazione secondo la quale “non c’è contraddizione tra consolidamento della finanze pubbliche e crescita” – vale a dire, non conta l’esperienza dei quattro anni passati, noi continuiamo a credere che l’austerità sia espansiva.

Dunque, l’Europa ha bisogno disperatamente di un leader di una importante economia – una economia che non sia in condizioni terribili – che si alzi in piedi e dica che l’austerità sta ammazzando le prospettive economiche del continente. Il signor Hollande avrebbe potuto e dovuto essere quel leader, ma non lo è.

E se l’economia europea continua a stagnare o peggio ancora, cosa ne sarà del progetto europeo – lo sforzo a lungo termine per assicurare la pace e la democrazia tramite una prosperità condivisa? Nel portare al fallimento la Francia, Hollande sta portando al fallimento l’Europa nel suo complesso – e nessuno sa sino a che punto questo possa essere negativo.

 

[1] Ovvero, gli adulti compresi nella fascia di età tra i 25 ed i 54 anni. Come spiega Krugman in questi giorni in un post ricco di riferimenti statistici (“Che succede in Francia?”, 27 agosto 2014), il confronto dei dati dell’occupazione tra Francia e Stati Uniti è sfavorevole alla Francia per i lavoratori più anziani – oltre i 54 anni – per effetto delle migliori condizioni pensionistiche, ed anche per i cittadini più giovani – sotto i 25 anni – per effetto dei maggiori sussidi scolastici, che consentono alla gioventù francese in età universitaria di studiare senza contemporaneamente dover lavorare. Ma tra i 25 ed i 54 anni, il confronto è nettamente favorevole alla Francia, con una percentuale di occupati di circa l’81 per cento, contro circa il 76 per cento negli Stati Uniti:

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