Aug 8 10:50 am
The truly vile attack on Rick Perlstein’s new book has been revealing in a number of ways. It’s not just the instinctive effort to suppress and punish anyone who raises questions; it’s also the way supposedly reasonable, civilized conservatives have contorted themselves to support the party line (which they always do when it matters, no matter how much open-mindedness they seem to display when it doesn’t).
And why this determination to quash Perlstein? It’s all about Reaganolatry, the right’s need to see the man as perfect. John Quiggin has some thoughts about the phenomenon; I’d just add that the economic myth of Reagan is truly remarkable. Everyone on the right knows that Reagan presided over job creation on a scale never seen before or since; but it just isn’t so. In fact, if you look at monthly rates of job creation for the past six administrations, it’s actually startling:
You may have known that Clinton was a better “job creator” than Reagan, but did you know that over the course of the Carter administration — January 1977 to January 1981 — the economy actually added jobs faster than it did under Reagan? Maybe you want to claim that the 1981-82 recession was Carter’s fault (although actually it was the Fed’s doing), so that you start counting from almost two years into Reagan’s term; but in that case why not give Obama the same courtesy? The general point is that the supposed awesomeness of Reagan’s economic record just doesn’t pop out of the data.
But don’t expect the Reaganlators to acknowledge that. Their whole sense of identity is bound up with their faith.
Sulla Reaganlatria
L’attacco davvero indegno al nuovo libro di Rick Perlstein [1] è stato in molti sensi rivelatore. Non si tratta soltanto del tentativo istintivo di liquidare e di punire chiunque sollevi domande; c’è anche il modo in cui conservatori che si supponevano ragionevoli e di buone maniere si sono aggrovigliati pur di sostenere la linea del partito (cosa che fanno sempre quando conviene, a prescindere da quanto mostrino una mentalità aperta su cose secondarie).
E perché questa determinazione quasi a cancellare Perlstein? Si tratta della Reaganlatria, del bisogno della destra di vedere perfezione in quell’uomo. John Quiggin ha un po’ riflettuto sul fenomeno; io aggiungerei soltanto che è il caso di sottolineare il mito economico di Reagan. Tutti a destra sanno che Reagan governò una creazione di posti di lavoro in una dimensione che non c’era mai stata, prima e dopo di lui; il punto è che non è così. Di fatto, se guardate ai tassi mensili di creazione dei posti di lavoro nelle passate sei amministrazioni, è effettivamente impressionante:
Forse sapevate che Clinton fu un “creatore di posti di lavoro” migliore di Reagan, ma sapevate che nel corso della Amministrazione Carter – da Gennaio 1977 a gennaio 1981 – l’economia crebbe quanto a posti di lavoro più velocemente che sotto Reagan? Potreste forse sostenere che la recessione del 1981-1982 fu una responsabilità di Carter (sebbene in effetti fosse stata provocata dalla Fed), cosicché potreste cominciare a fare i conti a partire da almeno due anni all’interno del mandato di Reagan; ma in qual caso perché non usare la stessa cortesia anche nei confronti di Obama? Il punto generale è che le presunte fantastiche prestazioni economiche di Reagan non c’è proprio verso che vengano fuori dai dati.
Ma non mi aspetto che i seguaci della Reaganolatria lo riconoscano. Il loro intero senso di identità dipende da quella fede.
[1] Eric Perlstein è uno storico ed un giornalista americano, che scrive su vari quotidiani e riviste di sinistra (The New Repubblic, The Nation, Mother Jones ed altri).
By mm
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