Sep 2 9:53 am
Steve Randy Waldman has a long, thoughtful take on my speculations about the hard-money preferences of the wealthy. Basically I confessed myself somewhat confused: I get why creditors should hate inflation, but aggressive monetary responses to the Lesser Depression have been good for asset prices, and hence for the wealthy. Why, then, the vociferous protests?
Waldman raises a historical point I neglected: if your view is that it’s all about the 1970s (by the way, “septaphobia” is Kevin Drum’s coinage, not mine), you have to ask not just about defense of the gold standard in the 30s but about the truly massive rallying of the propertied classes against William Jennings Bryan.
As I understand part of his argument, it is that while monetary expansion might be expected on average to be a good thing in a weak economy, that’s a risky proposition for wealth holders, and they hate risk. I might put it a bit differently: someone like me could argue that loose money, despite its direct adverse effects on creditors, will produce large gains indirectly; but those indirect effects are less certain than the direct effects, and assessing them depends on your model of the economy. So wealthy creditors may go for the direct stuff: they want low inflation and higher interest rates, and never mind the consequences.
But I’m not entirely prepared to give up on the false consciousness notion, in part because I keep being struck by the enormous appetite of the one percent for really bad economic analysis. Think about CNBC economics (aka Santellinomics, aka the finance macro canon). This stuff, with its prediction of soaring inflation and interest rates, has been utterly wrong for more than five years. Yet it remains very popular among wealthy investors.
I think this may in part reflect the problem that always comes with wealth and power: people tell you what you want to hear. CNBC economics stays on the air, despite its awesomely bad track record, because it caters to the prejudices of the target audience. Politicians who buy into this stuff also reap large rewards, in the form of campaign contributions when running and a very plus safety net when they leave. Eric Cantor is moving into investment banking — surprise — and the firm offering him the position explicitly says that it’s in part because he “has proven himself to be a pro-business advocate”.
Now, Waldman says that the elite loves the 70s — I’d say they hated them when they were happening, but love the morality play they’ve been turned into. For yes, the 70s can be portrayed (inaccurately) as the decade when it was proved that terrible things happen unless you cater to the interests and beliefs of the 0.01 percent.
Meanwhile, what I’m doing here is groping toward a story about why policy botched the Lesser Depression so badly. More in subsequent posts.
Interessi di classe e politica monetaria, parte seconda
Steve Randy Waldman ha una lunga presa di posizione sulle mie speculazioni sulle preferenze per le restrizioni monetarie da parte dei ricchi. Fondamentalmente avevo ammesso di essere rimasto in qualche modo confuso: capisco perché i creditori dovrebbero odiare l’inflazione, ma le risposte monetarie aggressive alla Depressione Minore [1] sono state positive per i prezzi degli asset, e dunque per i ricchi. Perché, allora quelle proteste sguaiate?
Waldman solleva un aspetto storico che avevo trascurato: se il vostro punto di vista è che tutto dipenda dall’influenza degli anni ’70 (per inciso, la “septafobia” fu una espressione coniata da Kevin Drum, non da me), ci si deve porre domande non solo sulla difesa del gold standard negli anni ’30, ma sul massiccio raccogliersi delle classi proprietarie contro William Jennings Bryan.
Per come io capisco una parte del suo argomento è che se in media ci si potrebbe aspettare che l’espansione monetaria sia una buona cosa in un’economia debole, quello è un concetto rischioso per i detentori di ricchezza, ed essi odiano i rischi. Io metterei le cose in modo un po’ diverso: alcuni come me potrebbero sostenere che il denaro facile, nonostante i suoi diretti effetti negativi sui creditori, produrrà indirettamente larghi guadagni; ma quegli effetti indiretti sono meno certi degli effetti diretti, e valutarli dipende dal vostro modello di economia. Dunque, i creditori ricchi possono indirizzarsi verso le cose dirette: vogliono bassa inflazione e più alti tassi di interesse, e non doversi curare mai delle conseguenze.
Ma io non sono del tutto pronto a rinunciare al concetto di falsa coscienza, in parte perché continuo ad essere sbalordito dall’enorme attrazione dell’1 per cento per le pessime analisi economiche. Si pensi all’economia della CNBC [2] (anche detta “Santellinomics” [3], oppure il “canone macroeconomico del mondo della finanza” [4]). Questa roba, con le sue previsioni di una inflazione e di tassi di interesse che schizzano alle stelle, si è mostrata completamente sbagliata per più di cinque anni. Tuttavia resta estremamente popolare tra gli investitori ricchi.
Penso che questo in parte possa essere il riflesso del problema di come le cose spesso vanno con la ricchezza ed il potere: le persone vi raccontano quello che volete sentirvi dire. L’economia della CNBC resta in circolazione, nonostante le sue terrificanti prestazioni negative, perché soddisfa i pregiudizi della audience alla quale si rivolge. Gli uomini politici che credono a cose del genere ne raccolgono larghe ricompense, nella forma di contributi elettorali quando sono in corsa e di sostanziose aggiuntive reti di sicurezza quando abbandonano. Eric Cantor si sta spostando nel settore delle banche di investimento – sorpresa – e l’impresa che gli offre il posto dice che questo in parte dipende dal fatto che “ si è dimostrato un sostenitore degli interessi delle imprese”.
Ora, Waldman dice che le élite amano gli anni ’70 – io direi che li hanno odiati quando erano in corso, ma che amano il genere di moralismo che sono diventati. Perché sì, gli anni ’70 possono essere descritti (impropriamente) come il decennio nel quale è stato mostrato quali cose terribili accadono se non si soddisfano gli interessi e le convinzioni dello 0,01 per cento dei più ricchi.
Nel frattempo, quello che in questo caso io sto facendo è brancolare verso una spiegazione del perché la politica si è misurata in modo così raffazzonato con la Depressione Minore. Dirò altro in post successivi.
[1] Ovvero alla crisi di questi anni, talvolta definita Grande Recessione (in quel caso, la differenza dagli anni ’30 è che in quel caso si trattò non di recessione, ma di una effettiva Depressione, ovvero di un fenomeno che secondo gli economisti e gli uffici di statistica ha una intensità maggiore), talvolta come Depressione Minore.
[2] La CNBC (“Notizie per i consumatori e canale per le imprese”) è un canale televisivo americano di proprietà della NBC Universal News Group).
[3] Si tratta di Rick Santelli, un commentatore economico della CNBC.
[4] E’ una espressione di recente coniata da Noah Smith sul suo blog, in un post del 15 marzo.
By mm
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