Sep 9 11:01 am
Let me restate and possibly clarify the points from yesterday’s column:
Declaring Scotland independent would mean a big disruption of existing economic and financial arrangements. As Simon Wren-Lewis says, the preponderance of professional economic opinion is that this disruption would leave Scotland worse off, but that is a point we can argue. However, that is not the argument the independence movement is making; what they have been telling voters is that there would be no disruption — in particular, that Scots could continue using the pound, and that this would pose no problem.
This is an astonishing claim to make at this point in history. Economists (starting with my late colleague and friend Peter Kenen) have long argued that sharing a currency without fiscal integration is problematic; the creation of the euro put that theory to the test. And the results have been far worse than even the harshest critics of the euro imagined, with euro Europe doing worse at this point than Western Europe did in the 1930s:
And an independent Scotland using the British pound would arguably be in even worse shape. Europe has somewhat stabilized recently thanks to Mario Draghi’s support for debtor countries — but Draghi is able to do this, in large part, because he is answerable to the whole euro area, not just Germany. An independent Scotland would be dependent on the kindness of the Bank of, um, England, with no say whatsoever in that bank’s policy.
I’ve read quite a lot of the independence literature, and it shows no appreciation for the dangers involved. What Scottish voters should do is look hard at the experience, just across the North Sea, of divorcing currency from statehood; it’s not encouraging.
La Scozia ed il presagio dell’euro
Fatemi ribadire e se possibile chiarire i punti dell’articolo di ieri:
dichiarare la Scozia indipendente comporterebbe una grande perturbazione degli assetti economici e finanziari. Come dice Simon Wren-Lewis, l’opinione di gran lunga prevalente dei professionisti dell’economia è che tale perturbazione lascerebbe la Scozia in condizioni peggiori, ma quello è un punto che possiamo discutere. Tuttavia, non è quello l’argomento che il movimento indipendentista sta avanzando; quello che stanno dicendo agli elettori è che non ci sarebbe alcuna perturbazione – in particolare, che gli Scozzesi potrebbero continuare ad usare la sterlina, e che questo non costituirebbe alcun problema.
Si tratta, a questo punto della esperienza storica, di una pretesa stupefacente. Gli economisti (a cominciare dal mio passato collega ed amico Peter Kenen) hanno lungamente sostenuto che condividere una valuta senza una integrazione di bilancio sia problematico; la creazione dell’euro ha messo tale teoria alla prova. Ed i risultati sono stati di gran lunga peggiori di quello che persino i critici più severi dell’euro si immaginavano, con l’Europa dell’euro che, a questo punto, sta facendo peggio di quello che fece l’Europa Occidentale negli anni ’30:
E una Scozia indipendente che utilizza la sterlina inglese si troverebbe probabilmente in una condizione anche peggiore. L’Europa in qualche modo si è di recente stabilizzata grazie al sostegno di Mario Draghi ai paesi debitori – ma Draghi è (stato) nelle condizioni di farlo perché, in larga parte, è responsabile dell’Intera area euro, non della solo Germania. Una Scozia indipendente sarebbe alle dipendenze della gentilezza della Banca, guarda un po’, d’Inghilterra, con nessuno che possa dire niente di niente nella politica di quella banca.
Ho letto abbastanza della letteratura indipendentista, ed essa non mostra alcuna avvertenza dei pericoli impliciti. Quello che gli elettori scozzesi dovrebbero fare è guardare in modo spietato ai fatti del divorzio tra la valuta e l’essere uno Stato, proprio dall’altra parte del Mare del Nord; non è incoraggiante.
By mm
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