Koichi Hamada, Special Economic Adviser to Japanese Prime Minister Shinzo Abe, is Professor of Economics at Yale University and Professor Emeritus of Economics at the University of Tokyo.
SEP 3, 2014
TOKYO – Last April, Japan’s government implemented a long-planned consumption-tax hike, from 5% to 8%, the first in a two-step increase that is expected to bring the rate to 10% by 2015. The hike – a key feature of “Abenomics,” Prime Minister Shinzo Abe’s three-pronged strategy to revive Japan’s economy – signals the government’s long-term commitment to fiscal consolidation. But it has also dealt Japan a heavy macroeconomic blow.
Preliminary GDP data show a 6.8% contraction year-on-year in the second quarter of this year – the largest since the 2011 earthquake and tsunami that devastated the country. Moreover, consumer spending fell by a record amount, contributing to a total real (inflation-adjusted) decline of 5.9% from last July.
But it is not all bad news. Expansionary monetary policy – the second of three so-called “arrows” of Abenomics, after fiscal stimulus – has brought down the unemployment rate to just 3.8%. The ratio of job openings to applicants has exceeded parity, and the GDP deflator narrowed to close to zero.
Such data have given rise to two opposing views. Some economists worry that negative second-quarter data will dampen inflation expectations, thereby undermining Abe’s plan for boosting growth. Meanwhile, the Bank of Japan (BOJ) is emphasizing the positive outcomes of its monetary policy – and is hesitating to continue its expansionary measures.
If the first view proves correct, the BOJ will need to ease monetary policy further to counter falling inflation. If the BOJ is right, it should maintain its current approach, while the government should either postpone the next consumption-tax increase or implement it in two 1% increments, instead of a single 2% hike.
Of course, the second-quarter GDP data show the economy’s immediate response to the hike. But no decision should be made until the third-quarter results are released, providing a clearer picture of what will happen to Japan’s economy after it absorbs the first rate increase. Fortunately, that is precisely what Abe intends to do.
In any case, the success of monetary policy is difficult to deny. As the deflation gap narrows, however, the overall impact of monetary policy will weaken, as it increasingly influences prices more than output.
That is why it is time for Japan’s leaders to shift their focus from the demand-focused first and second arrows to the supply-oriented third arrow: a new growth strategy.
When there is sufficient excess supply in the economy, promoting supply-side productivity is practically useless without efforts to boost demand. That implies that it was not appropriate to focus on growth until the deflation gap narrowed considerably – that is, until now.
The third arrow is not a traditional industrial-policy-based approach. On the contrary, it emphasizes reform of the labor market, deregulation, and a reduction in the corporate-tax rate.
A key component of Abe’s growth strategy is to expand the workforce – a major challenge, given that Japanese society is aging rapidly. One logical solution would be to integrate more foreign labor into the Japanese economy. But efforts to promote immigration face considerable social and cultural barriers.
A simpler solution would be to mobilize working-age women who already – or plan to – stay at home. By removing the barriers to employment that women face – whether practical obstacles, like insufficient childcare services, or social constraints – Japan could substantially increase women’s workforce-participation rate, creating an invaluable buffer against the growing labor shortage.
The second imperative for boosting growth is the removal of excessively cumbersome government regulations. Under the current system, it took 34 years to approve the establishment of a new medical school – the result of collusion between government officials and doctors.
Abe’s plan calls for introducing a series of less strictly regulated special economic zones, each with a specific objective – for example, adopting new medical technologies or attracting foreign businesses. Such a move promises to help prevent damaging obstructionism by the authorities. At the same time, the government should work with the country’s trade unions to boost the flexibility and efficiency of the labor market.
Finally, Abe’s growth strategy demands a corporate-tax reduction – a powerful tool for increasing the tax base in a world in which countries are competing to attract multinational companies. Indeed, lower taxes are vital to increase foreign and domestic investment in Japan.
Some of these initiatives, particularly deregulation, will undoubtedly face resistance from bureaucrats concerned about losing their influence. But, as long as Abe, backed by Chief Cabinet Secretary Yoshihide Suga, remains committed to his stated objectives, Japan’s economic future will remain bright.
Sta funzionando, la politica economica di Abe?
di Koichi Hamada
(professore alla Università di Yale, Professore Emerito alla Università di Tokio, consigliere speciale per l’economia del Primo Ministro Shinzo Abe)
TOKIO – Lo scorso aprile il Governo del Giappone ha messo in atto un aumento della tassa sui consumi da tempo previsto, dal 5 all’8 per cento, il primo di un incremento in due tempi, che è previsto porti la aliquota al 10 per cento nel 2015. L’aumento – un aspetto della ‘Abenomics’, la strategia a tre punte del Primo Ministro Shinzo Abe per rivitalizzare l’economia del Giappone – intende mostrare l’impegno del Governo alla stabilizzazione a lungo termine del bilancio. Ma esso ha anche comportato un pesante colpo macroeconomico per il Giappone.
I dati preliminari del PIL mostrano una contrazione del 6,8% su base annua nel secondo trimestre di quest’anno – la più ampia dal terremoto e dallo tsunami che devastarono il paese nel 2011. Inoltre, la spesa per i consumi è caduta per una quantità record, contribuendo ad un declino totale reale (corretto per l’inflazione) del 5,9% dallo scorso luglio.
Ma non ci sono solo cattive notizie. La politica monetaria espansiva – la seconda delle cosiddette tre ‘frecce’ della Abenomics, dopo lo stimolo della spesa pubblica – ha spinto in basso il tasso di disoccupazione ad appena il 3,8%. La percentuale dei posti di lavoro disponibili sui richiedenti ha superato il pareggio, ed il deflatore del PIL [1] si è ristretto sino allo zero.
Tali dati hanno sollevato due opposti punti di vista. Alcuni economisti si preoccupano che i dati negativi del secondo trimestre smorzino le aspettative di inflazione, di conseguenza mettendo a repentaglio il programma di incoraggiamento della crescita di Abe. Contemporaneamente, la Banca del Giappone (BOJ) enfatizza i risultati positivi della sua politica monetaria – ed è esitante nel proseguire con le misure espansive.
Se il primo punto di vista fosse corretto, la BOJ avrà bisogno di facilitare ulteriormente la politica monetaria per contrastare la diminuzione dell’inflazione. Se avesse ragione la BOJ, essa dovrebbe mantenere il suo approccio attuale, mentre il Governo dovrebbe o posporre il prossimo aumento delle tasse sui consumi o realizzarlo con due aumenti dell’1%, anziché con un solo del 2%.
Naturalmente, i dati del secondo trimestre mostrano la risposta del momento dell’economia al rialzo fiscale. Ma non dovrebbe essere presa alcuna decisione sino a che non saranno rilasciati i dati del terzo trimestre, fornendo un quadro più chiaro di quello che accadrà all’economia giapponese dopo che avrà assorbito il primo aumento dell’aliquota. Fortunatamente, questo è precisamente quello che Abe intende fare.
In ogni caso, il successo della politica monetaria è difficile da negare. Come si ridurrà il limite della deflazione, tuttavia, l’impatto generale della politica monetaria si indebolirà, dato che esso influenza in modo crescente i prezzi più che la produzione.
Questa è la ragione per la quale è tempo che i dirigenti del Giappone spostino la loro concentrazione sulla prima e sulla seconda ‘freccia’ sul lato della domanda, alla terza ‘freccia’ diretta verso l’offerta: una nuova strategia della crescita.
Quando c’è un eccesso sufficiente di offerta nell’economia, promuovere la produttività dal lato dell’offerta è praticamente inutile, senza sforzi per incoraggiare la domanda. Questo significa che non era appropriato concentrarsi sulla crescita sinché il differenziale della deflazione si restringeva in modo considerevole – vale a dire, sino ad oggi.
La terza freccia non consiste in un tradizionale approccio basato sulla politica industriale. Al contrario, essa enfatizza la riforma del mercato del lavoro, la deregolamentazione e la riduzione della aliquota della tassa sulle società.
Una componente chiave della strategia di Abe è l’espansione della forza lavoro – una sfida importante, dato che la società giapponese sta invecchiando rapidamente. Una soluzione logica sarebbe integrare maggiormente il lavoro proveniente dall’estero nell’economia giapponese. Ma gli sforzi per promuovere l’immigrazione si scontrano con barriere sociali e culturali considerevoli.
Una soluzione più semplice sarebbe mobilitare maggiormente le donne in età lavorativa, che sono ancora – o intendono stare – entro le mura domestiche. Con la rimozione delle barriere alla occupazione con le quali le donne fanno i conti – siano esse ostacoli pratici, come i servizi insufficienti per l’infanzia, o condizionamenti sociali – il Giappone potrebbe sostanzialmente incrementare il tasso di partecipazione della forza lavoro femminile, creando un’inestimabile riserva contro la scarsità nella crescita del lavoro.
Il secondo imperativo per incoraggiare la crescita è la rimozione dei regolamenti statali eccessivamente ingombranti. Nel sistema attuale, ci vogliono 34 anni per approvare l’istituzione di una nuova scuola medica – è questa la conseguenza della collusione tra burocrati statali e medici.
Il programma di Abe si pronuncia a favore della introduzione di una serie di zone economiche speciali meno strettamente regolamentate, ognuna delle quali con un obbiettivo specifico – ad esempio, adottare nuove tecnologie sanitarie o attrarre imprese straniere. Una iniziativa del genere si può sperare contribuisca ad impedire l’ostruzionismo da parte delle autorità. Nello stesso tempo, il Governo dovrebbe collaborare con i sindacati per incoraggiare la flessibilità e l’efficienza nel mercato del lavoro.
Infine, la strategia di Abe richiede una riduzione della tassazione sulle società – uno strumento potente per incrementare la base fiscale in un mondo nel quale i paesi sono in competizione per attrarre società multinazionali. In effetti, tasse più basse sono vitali per incrementare gli investimenti stranieri e nazionali in Giappone.
Alcune di queste iniziative, in particolare le deregolamentazioni, senza dubbio incontreranno resistenze da parte dei burocrati, preoccupati di perdere la loro influenza. Ma, nella misura in cui Abe, accompagnato dal suo Segretario Capo di Gabinetto Yoshihide Suga, resterà fermo nei suoi obbiettivi prefissati, il futuro economico del Giappone si manterrà luminoso.
[1] E’ una misura del livello generale dei prezzi, calcolato come il rapporto tra il PIL nominale e reale.
By mm
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