Oct 14 12:36 pm
I’m late coming in on the Tirole Nobel – busy with real life – and many people have already weighed in on his contribution. But I though I might still have something useful to say about what the New Industrial Organization, of which he was the most important figure, actually did – namely, it made it safe to be strategically silly, to the great benefit of economics.
What do I mean by that? Before the new IO, economists wrote about perfect competition and monopoly, then acknowledged (if they were honest) that most of the real economy seemed to consist of oligopoly – competition among the few – but did little there except some hand-waving. Why? Because there was no general model of oligopoly.
And there still isn’t. When you have a small number of players, each able to have a significant effect on prices, lots of things can happen. They can collude – maybe implicitly, if there is an effectively enforced antitrust law; but what are the limits of collusion, and why and when does it sometimes break down? We like to assume that firms maximize profits, but what does that even mean when there are small-group interactions that create prisoners’-dilemma-type situations?
And yet you do want to model the economy, to think about stuff – and sometimes that stuff can’t be modeled without addressing imperfect competition. That was very much the case in my home field of trade, where even trying to model the role of increasing returns meant dealing with the fact that increasing returns internal to firms must cause perfect competition to break down.
Before the new IO came along, the way economics dealt with such issues was to assume them away. Increasing returns as a cause of trade? Hey, you can’t deal with that because we don’t have a theory of imperfect competition, so we have to assume that it’s all comparative advantage. (Harry Johnson once wrote a more or less triumphant paper to that effect.) Investment in R&D, and the temporary market power that results, as a source of technological progress? No can do.
What new IO brought was not so much a solution as an attitude. No, we don’t have a general model of oligopoly – but why not tell some stories and see where they lead? We can simply assume noncooperative price (or quantity) setting; yes, real firms are probably going to find ways to collude, but we might learn interesting things by working through the case where they don’t. We can make absurd assumptions about tastes and technology that lead to a tractable version of monopolistic competition; no, real markets don’t look like that, but why not use this funny version to think about increasing returns in trade and growth?
Basically, the new IO made it OK to tell stories rather than proving theorems, and thereby made it possible to talk about and model issues that had been ruled out by the limits of perfect competition. It was, I can tell you from experience, profoundly liberating.
Of course, there came a later phase when things were too liberated – when a smart grad student could produce a model to justify anything. Time for empirical work! But by then a lot had been achieved.
Jean Tirole [1] e il trionfo della stupidità calcolata
Intervengo in ritardo sul Nobel a Tirole – impegni nella vita quotidiana – dopo che molte persone hanno già dato il loro contributo. Eppure ho pensato che avrei potuto avere qualcosa di utile da dire su ciò che la Nuova Organizzazione Industriale, della quale egli è stato l’esponente più significativo, ha effettivamente comportato – in particolare, ha reso sicuro l’essere strategicamente ‘sciocchi’, con un grande beneficio per l’economia.
Cosa intendo con questo? Prima della Nuova Organizzazione Industriale, gli economisti scrivevano sulla competizione perfetta e sul monopolio, poi ammettevano (se erano onesti) che gran parte della economia effettiva sembrava consistere nell’oligopolio – la competizione tra pochi – ma su quello c’era poco da fare, ad eccezione di un po’ di divagazioni. Perché? Perché non c’era alcun modello generale dell’oligopolio.
E non c’è ancora. Quando avete un piccolo numero di attori, ciascuno capace di avere un effetto significativo sui prezzi, possono accadere molte cose. Essi possono mettersi d’accordo – forse senza darlo a vedere, se c’è una legislazione antitrust effettivamente rispettata; ma quali sono i limiti alla loro intesa; e perché e quando ciò talvolta viene meno? Ci piace assumere che le imprese massimizzino i profitti, ma che cosa persino significa tutto ciò quando ci sono interazioni di piccoli gruppi che creano situazioni del tipo ‘il dilemma dei prigionieri’ [2]?
E tuttavia voi avete davvero bisogno di modellare l’economia, per pensare alle cose – e talvolta quelle cose non possono essere modellate senza rivolgersi alla competizione imperfetta. Quello era in particolare il caso della mia disciplina di origine del commercio, dove persino cercare di modellare il ruolo dei rendimenti crescenti significava misurarsi con il fatto che i rendimenti crescenti all’interno delle imprese possono provocare una rottura della competizione perfetta.
Prima che la Nuova Organizzazione Industriale comparisse, il modo in cui l’economia si misurava con tali temi era considerarli ininfluenti. I rendimenti crescenti come una causa di commercio? Ehi, non ci si può misurare con questo perché non abbiamo una teoria della competizione imperfetta, dunque dobbiamo assumere che si tratti in tutti i casi di vantaggio comparativo (Harry Johnson scrisse a tale scopo un saggio più o meno trionfale). Gli investimenti in ricerca e sviluppo ed il provvisorio potere sul mercato che ne consegue, come una fonte di progresso tecnologico? Chi lo sa?
Quello che la Nuova Organizzazione Industriale portò non fu tanto una soluzione quanto una attitudine. No, non abbiamo un modello generale dell’oligopolio – ma perché non raccontare alcune storie e vedere dove portano? Possiamo semplicemente assumere di stabilire un prezzo (od una quantità) con modalità non-cooperative; sì, le imprese vere e proprie probabilmente stanno orientandosi a trovare modi per intendersi tra loro, ma potremmo apprendere cose interessanti lavorando sull’ipotesi che non lo facciano. Possiamo avanzare assunti assurdi sui gusti e sulla tecnologia che portino ad una versione trattabile della competizione monopolistica; no, i mercati reali non sembrano fatti in quel modo, ma perché non utilizzare questa curiosa simulazione per pensare ai rendimenti crescenti nel commercio e nella crescita?
Fondamentalmente, la Nuova Organizzazione Industriale si è rivelata idonea a raccontare storie, piuttosto che a provare teoremi, e di conseguenza ha reso possibile parlare e modellare tematiche che erano state escluse per effetto dei limiti della competizione perfetta. Fu, posso raccontarlo a ragion veduta, profondamente liberatorio.
Naturalmente, venne una fase successiva nella quale le cose divennero troppo libere – quando un intelligente studente universitario poteva produrre un modello per giustificare tutto. L’epoca del lavoro empirico! Ma a quel punto molte cose erano state realizzate.
[1] Jean Tirole è nato in Francia nel 1953 ed è laureato in ingegneria, i suoi studi sull’analisi sul funzionamento e la regolazione dei mercati sono valsi il riconoscimento da parte dell’accademia svedese. Stoccolma, conferendo il riconoscimento, ha evidenziato che il premio 2014 va a “uno degli economisti più influenti del nostro tempo”. In particolare, Tirole ha il merito di aver “reso chiaro come comprendere e regolare i mercati in cui ci sono poche aziende potenti”. Tirole è il direttore della fondazione Jean-Jacques Laffont della Toulouse School of Economics, nonché direttore scientifico dell’Istituto di economia industriale (IDEI) di Tolosa. Oltre agli studi sull’economia industriale, Tirole si occupa di micro e macroeconomia, della teoria dei giochi, della teoria bancaria e finanziaria.
[2] Si tratta di una esemplificazione, tratta dalla ‘Teoria dei giochi’, di una situazione che può capitare a due prigionieri (ma anche a due Nazioni che hanno entrambe l’arma atomica!). Se ad entrambi viene descritta una situazione per la quale ci sono diverse vie d’uscita, a seconda che uno dei due confessi, o che nessuno confessi, o che entrambi confessino …. La decisione apparentemente più conveniente sarebbe la non confessione di entrambi, perché la pena sarebbe la minima per entrambi. Ma tale scelta suppone una forte fiducia reciproca, che può risultare improbabile (il rischio che l’altro venga meno alla fiducia è forte).
By mm
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