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La vendetta del mancato condono, di Paul Krugman (New York Times 12 ottobre 2014)

 

Revenge of the Unforgiven

How Righteousness Killed the World Economy

OCT. 12, 2014 Paul Krugman

Stop me if you’ve heard this before: The world economy appears to be stumbling. For a while, things seemed to be looking up, and there was talk about green shoots of recovery. But now growth is stalling, and the specter of deflation looms.

If this story sounds familiar, it should; it has played out repeatedly since 2008. As in previous episodes, the worst news is coming from Europe, but this time there is also a clear slowdown in emerging markets — and there are even warning signs in the United States, despite pretty good job growth at the moment.

Why does this keep happening? After all, the events that brought on the Great Recession — the housing bust, the banking crisis — took place a long time ago. Why can’t we escape their legacy?

The proximate answer lies in a series of policy mistakes: Austerity when economies needed stimulus, paranoia about inflation when the real risk is deflation, and so on. But why do governments keep making these mistakes? In particular, why do they keep making the same mistakes, year after year?

The answer, I’d suggest, is an excess of virtue. Righteousness is killing the world economy.

What, after all, is our fundamental economic problem? A simplified but broadly correct account of what went wrong goes like this: In the years leading up to the Great Recession, we had an explosion of credit (mainly to the private sector). Old notions of prudence, for both lenders and borrowers, were cast aside; debt levels that would once have been considered deeply unsound became the norm.

Then the music stopped, the money stopped flowing, and everyone began trying to “deleverage,” to reduce the level of debt. For each individual, this was prudent. But my spending is your income and your spending is my income, so when everyone tries to pay down debt at the same time, you get a depressed economy.

So what can be done? Historically, the solution to high levels of debt has often involved writing off and forgiving much of that debt. Sometimes this happens explicitly: In the 1930s F.D.R. helped borrowers refinance with much cheaper mortgages, while in this crisis Iceland is outright canceling a significant part of the debt households ran up during the bubble years. More often, debt relief takes place implicitly, through “financial repression”: government policies hold interest rates down, while inflation erodes the real value of debt.

What’s striking about the past few years, however, is how little debt relief has actually taken place. Yes, there’s Iceland — but it’s tiny. Yes, Greek creditors took a significant “haircut” — but Greece is still a small player (and still hopelessly in debt). In major economies, very few debtors have received a break. And far from being inflated away, the burden of debt has been aggravated by falling inflation, which is running well below target in America and near zero in Europe.

Why are debtors receiving so little relief? As I said, it’s about righteousness — the sense that any kind of debt forgiveness would involve rewarding bad behavior. In America, the famous Rick Santelli rant that gave birth to the Tea Party wasn’t about taxes or spending — it was a furious denunciation of proposals to help troubled homeowners. In Europe, austerity policies have been driven less by economic analysis than by Germany’s moral indignation over the notion that irresponsible borrowers might not face the full consequences of their actions.

So the policy response to a crisis of excessive debt has, in effect, been a demand that debtors pay off their debts in full. What does history say about that strategy? That’s easy: It doesn’t work. Whatever progress debtors make through suffering and saving is more than offset through depression and deflation. That is, for example, what happened to Britain after World War I, when it tried to pay off its debt with huge budget surpluses while returning to the gold standard: Despite years of sacrifice, it made almost no progress in bringing down the ratio of debt to G.D.P.

And that’s what is happening now. A recent comprehensive report on debt is titled “Deleveraging, what deleveraging?”; despite private cutbacks and public austerity, debt levels are rising thanks to poor economic performance. And we are arguably no closer to escaping our debt trap than we were five years ago.

But it has been very hard to get either the policy elite or the public to understand that sometimes debt relief is in everyone’s interest. Instead, the response to poor economic performance has essentially been that the beatings will continue until morale improves.

Maybe, just maybe, bad news — say, a recession in Germany — will finally bring an end to this destructive reign of virtue. But don’t count on it.

 

La vendetta del mancato condono, di Paul Krugman

(come le rettitudine ha ammazzato l’economia del mondo)

New York Times 12 ottobre 2014

Fermatemi se l’avete già sentito dire: l’economia mondiale sembra stia inciampando. Per un po’ era sembrato che le cose volgessero al meglio, e c’erano state chiacchiere sui verdi germogli della ripresa. Ma ora la crescita si sta spegnendo e incombe lo spettro della deflazione.

Se vi sembra un racconto che avete già sentito, non vi sbagliate; è andato in onda ripetutamente dal 2008. Come negli episodi precedenti, le notizie peggiori arrivano dall’Europa, ma questa volta c’è anche un chiaro rallentamento nelle economie emergenti – e ci sono persino segni ammonitori negli Stati Uniti, nonostante, al momento, una crescita discreta dei posti di lavoro.

Perché tutto questo continua ad accadere? Dopo tutto, gli eventi che avevano dato luogo alla Grande Recessione – l’esplodere della bolla immobiliare, la crisi bancaria – sono successi molto tempo fa. Perché non riusciamo a sottrarci alla loro eredità?

La risposta più semplice consiste in una serie di errori della politica: l’austerità quando le economie avevano bisogno di misure di sostegno, la paranoia dell’inflazione quando il rischio è la deflazione, e via di seguito. Ma perché i Governi continuano a fare questi errori? In particolare, perché continuano a fare gli stessi errori, anno dopo anno?

Direi che la risposta sta in un eccesso di virtù. La rettitudine sta ammazzando l’economia mondiale.

Quale è, dopo tutto, il nostro fondamentale problema economico? Una stima, semplificata ma sostanzialmente corretta, di quello che è andato storto è la seguente: negli anni che hanno portato alla Grande Recessione avemmo una esplosione del credito (principalmente nel settore privato). Tutti i vecchi criteri della prudenza, per coloro che si indebitavano e per coloro che davano soldi in prestito, furono messi da parte; i livelli di debito che un tempo sarebbero stati considerati profondamente malsani divennero la norma.

Poi la musica si fermò, il denaro smise di correre, e tutti cercarono di ridurre il rapporto di indebitamento, ovvero il livello del debito. Dal punto di vista dei singoli, questa fu una manifestazione di prudenza. Ma la mia spesa è il tuo reddito e la tua spesa è il mio reddito, cosicché quando tutti cercano di abbattere il debito contemporaneamente, quello che si ottiene è una economia depressa.

Cosa si può fare, dunque, in quei casi? Storicamente, la soluzione agli alti livelli del debito è spesso consistita nel trascurare e condonare una gran parte di quei debiti. Negli anni ’30 Franklin Delano Roosevelt aiutò i debitori a rifinanziarsi con mutui molto più convenienti, mentre in questa crisi l’Islanda sta completamente cancellando una parte significativa del debito che le famiglie avevano rapidamente accumulato durante gli anni della bolla. Più spesso, la attenuazione del debito è avvenuta implicitamente, attraverso la “repressione finanziaria”: le politiche del Governo tengono bassi i tassi di interesse, mentre l’inflazione erode il valore reale del debito.

Quello che è sorprendente degli anni passati, tuttavia, è quanta poca attenuazione del debito sia stata effettivamente messa in atto. E’ vero, c’è l’Islanda, ma è minuscola. E’ vero, i creditori nel caso della Grecia hanno subito un significativo “taglio” – ma la Grecia è ancora un attore secondario (e disperatamente ancora indebitata). E, lungi dall’essere ridotto tramite l’inflazione, il peso del debito è stato aggravato dalla caduta dell’inflazione, che oggi si aggira ben al di sotto dell’obbiettivo in America e vicina allo zero in Europa.

Perché stanno ricevendo così poco sollievo i debitori? Come ho detto, dipende dalla rettitudine – la sensazione che ogni genere di debito condonato sarebbe come un premiare i comportamenti negativi. In America, la famosa invettiva di Rick Santelli che dette il via al Tea Party non riguardava le tasse o la spesa pubblica – era una denuncia infuriata delle proposte per aiutare i proprietari di abitazione in difficoltà. In Europa, le politiche dell’austerità sono state guidate, più che dalla analisi economica, dalla indignazione morale della Germania all’idea che debitori irresponsabili non avrebbero fatto i conti pienamente con le conseguenze delle loro azioni.

Dunque, la risposta politica alla crisi dal debito eccessivo è stata, in sostanza, la richiesta che i debitori ripagassero i loro debiti per intero. Cosa dice la storia di una strategia del genere? E’ semplice: che non funziona. Qualsiasi progresso i debitori fanno attraverso la sofferenza e il risparmio è più che compensato dalla depressione e dalla deflazione. Questo, per esempio, è quanto accadde all’Inghilterra dopo la Prima Guerra Mondiale, quando cercò di ripagare il suo debito con vasti avanzi di amministrazione nel mentre tornava al gold standard: nonostante anni di sacrifici, non fece quasi alcun progresso nel ridurre la percentuale del debito sul PIL.

Ed è quello che sta accadendo oggi. Un recente esauriente rapporto sul debito ha il titolo “Riduzione dell’indebitamento, quale riduzione?” [1]; nonostante i tagli privati e l’austerità pubblica, i livelli del debito stanno crescendo per effetto del modesto andamento dell’economia. Probabilmente non siamo più vicini a venir fuori dalla nostra trappola del debito di cinque anni orsono.

Ma è molto difficile fare in modo che sia i gruppi dirigenti della politica che l’opinione pubblica comprendano che talvolta un attenuazione del debito è nell’interesse di tutti. La risposta al modesto andamento dell’economia è stata piuttosto che la flagellazione proseguirà finché il morale non migliora.

Forse, ma non ne sono sicuro, cattive notizie – ad esempio, una recessione in Germania – alla fine metteranno un termine a questo predominio distruttivo della virtù. Ma non fateci affidamento.

 

 

[1] Vedi la traduzione della sintesi del Rapporto di Ginevra del 29 settembre 2014 (selezione della settimana)

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