Oct 19 3:29 pm
I gather that some readers were puzzled by my use of the term “derp” with regard to peddlers of inflation paranoia, even though I’ve used it quite a lot. So maybe it’s time to revisit the concept; among other things, once you understand the problem of derpitude, you understand why I write the way I do (and why the Asnesses of this world whine so much.)
Josh Barro brought derp into economic discussion, and many of us immediately realized that this was a term we’d been needing all along. As Noah Smith explained, what it means — at least in this context — is a determined belief in some economic doctrine that is completely unmovable by evidence. And there’s a lot of that going around.
The inflation controversy is a prime example. If you came into the global financial crisis believing that a large expansion of the Federal Reserve’s balance sheet must lead to terrible inflation, what you have in fact encountered is this:
I’ve indicated the date of the debasement letter for reference.
So how do you respond? We all get things wrong, and if we’re not engaged in derp, we learn from the experience. But if you’re doing derp, you insist that you were right, and continue to fulminate against money-printing exactly as you did before.
The same thing happens when we try to discuss the effects of tax cuts — belief in their magical efficacy is utterly insensitive to evidence and experience.
Now, not every wrong idea — or claim that I disagree with — is derp. I was pretty unhappy with the claim that doom looms whenever debt crosses 90 percent of GDP, and not too happy with the later claims that the relevant economists never said such a thing; that’s what everyone from Paul Ryan to Olli Rehn heard, and they were not warned off. But there has not, thankfully, been a movement insisting that growth does too fall off a cliff at 90 percent, so this is not a derp thing.
But there is, as I said, a lot of derp out there. And what that means, in turn, is that you shouldn’t pretend that we’re having a real discussion when we aren’t. In fact, it’s intellectually dishonest and a public disservice to pretend that such a discussion is taking place. We can and indeed are having a serious discussion about the effects of quantitative easing, but people like Paul Ryan and Cliff Asness are not part of that discussion, because no evidence could ever change their view. It’s not economics, it’s just derp.
Now, saying this brings howls of rage, accusations of rudeness and being nasty. But what else can one do?
Quest’epoca di “derp”
Capisco che alcuni lettori si interroghino sul mio uso della parola “derp” a riguardo dei divulgatori della paranoia dell’inflazione, anche se l’ho utilizzata molto. Tra le altre cose, una volta che si capisce il problema della “derpitudine”, si capisce perché ne scrivo in questo modo (e perché tutti gli Asness di questo mondo si lamentino tanto) [1].
Fu Josh Barro a introdurre il termine “derp” nel dibattito, e molti di noi compresero immediatamente che era un termine del quale avevamo bisogno da tempo. Come ha spiegato Noah Smith, ciò che esso significa, almeno in questo contesto, è una determinata convinzione, in qualche dottrina economica, che è completamente inamovibile sulla base dei fatti. E c’è molto di questo in circolazione.
La controversia sull’inflazione è un primo esempio. Se si era entrati nella crisi finanziaria globale credendo che una larga espansione degli equilibri patrimoniali della Federal Reserve dovevano portare ad una inflazione terribile, quello che abbiamo trovato è stato questo [2]:
Per memoria, ho indicato la data della lettera sulla svalutazione del dollaro.
Come si può rispondere, dunque? Facciamo tutti cose sbagliate e, se non siamo dediti a quella forma di ottusità, impariamo con l’esperienza. Ma se vi siamo dediti, si ribadisce di essere dalla parte della ragione e si continua a scagliarsi contro lo stampar moneta esattamente come si faceva in precedenza.
La stessa cosa succede quando si prova a discutere degli effetti sugli sgravi fiscali – la fede nella loro magica efficacia è completamente insensibile alle testimonianze e dall’esperienza.
Ora, non tutte le idee sbagliate – o gli argomenti con i quali non sono d’accordo – sono “derp”. Rimasi assai insoddisfatto dalla tesi secondo la quale ogni qualvolta il debito superava il 90 per cento del PIL si sarebbe profilata una sorte tragica, e non particolarmente soddisfatto dai successivi argomenti secondo i quali quegli economisti di rilievo non avevano mai detto cose del genere; quello fu quanto intesero tutti, da Paul Ryan a Olli Rehn, e nessuno li dissuase. Ma c’era stato, fortunatamente, un movimento che aveva insistito che la crescita non crolla a quel limite del 90 per cento, cosicché quella tesi non è definibile come “derp”.
Eppure c’è, come ho detto, una grande quantità di ottusità in giro. E ciò significa a sua volta che non si dovrebbe pretendere di avere un dibattito serio quando non l’abbiamo. Di fatto, è disonesto intellettualmente, oltre ad essere un pessimo servizio pubblico, far finta che sia in atto una discussione del genere. Possiamo avere un dibattito serio sugli effetti della ‘facilitazione quantitativa’, e in effetti lo stiamo avendo, ma individui come Paul Ryan e Cliff Asness non fanno parte di tale dibattito, perché nessuna prova cambierà mai il loro punto di vista. Questa non è economia, è ottusità.
Ora, dire questo comporta grida rabbiose, accuse di rozzezza e di cattiveria. Ma cos’altro si può fare?
[1] Nella nota del 17 ottobre avevo provato a interpretare il termine “derp”, mi pare andandoci vicino. Si conferma che la “derpitude” è una forma di ottusità inossidabile. Per aiutare a comprendere da dove il termine provenga, ecco Mr. Derp, il personaggio ispiratore della parola in South Park:
[2] Il punto indicato con la freccetta rossa corrisponde alla famosa ‘lettera aperta’ di vari personaggi – economisti, commentatori, politici conservatori – che accusarono Ben Bernanke, allora Presidente della Fed, di attivare politiche che avrebbero minato il valore del dollaro.
By mm
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