OCT. 2, 2014 Paul Krugman
Last week, Bill Gross, the so-called bond king, abruptly left Pimco, the investment firm he had managed for decades. People who follow the financial industry were shocked but not exactly surprised; tales of internal troubles at Pimco had been all over the papers. But why should you care?
The answer is that Mr. Gross’s fall is a symptom of a malady that continues to afflict major decision-makers, public and private. Call it depression denial syndrome: the refusal to acknowledge that the rules are different in a persistently depressed economy.
Mr. Gross is, by all accounts, a man with a towering ego and very difficult to work with. That description, however, fits a lot of financial players, and even the most lurid personality conflicts wouldn’t have mattered if Pimco had continued to do well. But it didn’t, largely thanks to a spectacularly bad call Mr. Gross made in 2011, which continues to haunt the firm. And here’s the thing: Lots of other influential people made the same bad call — and are still making it, over and over again.
The story here really starts years earlier, when an immense housing bubble popped. Spending on new houses collapsed, and broader consumer spending also took a hit, as families that had borrowed heavily to buy houses saw the value of those homes plunge. Businesses cut back, too. Why add capacity in the face of weak consumer demand?
The result was an economy in which everyone wanted to save more and invest less. Since everyone can’t do that at the same time, something else had to give — and, in fact, two things gave. First, the economy went into a slump, from which it has not yet fully emerged. Second, the government began running a deficit, as the economic downturn caused a sharp fall in revenue and a surge in some kinds of spending, like food stamps and unemployment benefits.
Now, we normally think of deficits as a bad thing — government borrowing competes with private borrowing, driving up interest rates, hurting investment, and possibly setting the stage for higher inflation. But, since 2008, we have, to use the economics jargon, been stuck in a liquidity trap, which is basically a situation in which the economy is awash in desired saving with no place to go. In this situation, government borrowing doesn’t compete with private demand because the private sector doesn’t want to spend. And because they aren’t competing with the private sector, deficits needn’t cause interest rates to rise.
All this may sound strange and counterintuitive, but it’s what basic macroeconomic analysis tells you. And that’s not 20/20 hindsight either. In 2008-9, a number of economists — yes, myself included — tried to explain the special circumstances of a depressed economy, in which deficits wouldn’t cause soaring rates and the Federal Reserve’s policy of “printing money” (not really what it was doing, but never mind) wouldn’t cause inflation. It wasn’t just theory, either; we had the experience of the 1930s and Japan since the 1990s to draw on. But many, perhaps most, influential people in the alleged real world refused to believe us.
Which brings me back to Mr. Gross.
For a time, Pimco — where Paul McCulley, a managing director at the time, was one of the leading voices explaining the logic of the liquidity trap — seemed admirably calm about deficits, and did very well as a result. In late 2009, many Wall Street analysts warned of a looming surge in U.S. borrowing costs; Morgan Stanley predicted that the interest rate on 10-year bonds would soar to 5.5 percent in 2010. But Pimco bet, correctly, that rates would stay low.
Then something changed. Mr. McCulley left Pimco at the end of 2010 (he recently returned as chief economist), and Mr. Gross joined the deficit hysterics, declaring that low interest rates were “robbing” investors and selling off all his holdings of U.S. debt. In particular, he predicted a spike in interest rates when the Fed ended a program of debt purchases in June 2011. He was completely wrong, and neither he nor Pimco ever recovered.
So is this an edifying tale in which bad ideas were proved wrong by experience, people’s eyes were opened, and truth prevailed? Sorry, no. In fact, it’s very hard to find any examples of people who have changed their minds. People who were predicting soaring inflation and interest rates five years ago are still predicting soaring inflation and interest rates today, vigorously rejecting any suggestion that they should reconsider their views in light of experience.
And that’s what makes the Bill Gross story interesting. He’s pretty much the only major deficit hysteric to pay a price for getting it wrong (even though he remains, of course, immensely rich). Pimco has taken a hit, but everywhere else the reign of error continues undisturbed.
Sindrome depressiva da diniego, di Paul Krugman
New York Times 2 ottobre 2014
La scorsa settimana Bill Gross, il cosiddetto re dei bond, ha improvvisamente lasciato la Pimco, l’impresa di investimento che aveva gestito per decenni. Le persone che seguono il settore finanziario sono rimaste impressionate ma non sorprese; i racconti sui guai all’interno della Pimco erano apparsi su tutti i giornali. Ma perché sono cose che ci riguardano?
La risposta è che la caduta di Gross è un sintomo di una malattia che continua ad affliggere importanti operatori, pubblici e privati. La si può chiamare sindrome depressiva da diniego: il rifiuto di riconoscere che in una economia persistentemente depressa le regole sono diverse.
Il signor Gross, a detta di tutti, è un uomo con un fortissimo ego, con il quale è molto difficile lavorare. Quella descrizione, tuttavia, si adatta ad una quantità di operatori finanziari, e persino i più violenti conflitti di personalità non avrebbero contato molto se la Pimco avesse continuato ad andare bene. Ma non è stato così, in larga parte a causa della posizione drammaticamente sbagliata che Gross assunse nel 2011, che continua a perseguitare la società. E qua è il punto: molte delle altre persone influenti presero lo stesso abbaglio – e lo stanno ancora facendo, in continuazione.
In questo caso la storia ha realmente inizio anni orsono, quando scoppiò una grande bolla immobiliare. La spesa per nuove case precipitò e più in generale anche la spesa per i consumi prese un colpo, quando le famiglie che si erano indebitate pesantemente videro il valore di quelle case precipitare. Anche le imprese fecero tagli. Perché aumentare la capacità produttiva di fronte ad una debole domanda di consumi?
Il risultato fu un’economia nella quale ciascuno voleva risparmiare di più ed investire di meno. Dal momento che non è possibile che tutti facciano ciò contemporaneamente, qualcos’altro deve essere messo sul tavolo – e, di fatto, accaddero due cose. La prima, l’economia entrò in un una crisi, dalla quale non si è ancora pienamente ripresa. La seconda, il Governo cominciò a gestire un deficit, dal momento che il declino provocò una brusca caduta nelle entrate ed una crescita di alcuni tipi di spesa, quali gli aiuti alimentari ed i sussidi di disoccupazione.
Ora, normalmente noi consideriamo i deficit come una cosa negativa – l’indebitamento del Governo è in competizione con quello dei privati, spingendo in alto i tassi di interesse, danneggiando gli investimenti e di solito creando le condizioni per una inflazione più elevata. Ma, a partire dal 2008, noi siamo bloccati, per usare il gergo economico, in una trappola di liquidità, che fondamentalmente è una situazione nella quale l’economia è inondata di risparmi attesi che non si sa dove collocare. In questa situazione, l’indebitamento del Governo non è in competizione con la domanda privata perché il settore privato non ha intenzione di spendere. E poiché non c’è competizione con il settore privato, i deficit non provocano un aumento nei tassi di interesse.
Tutto questo può sembrare strano ed illogico, ma è quanto ci dice la analisi macroeconomica basilare. E non si tratta per niente del senno di poi. Nel 2008-2009 un certo numero di economisti – sì, incluso il sottoscritto – cercarono di spiegare le circostanze speciali di una economia depressa, nella quale i deficit non spingono i tassi alle stelle e la politica della Federal Reserve dello “stampare moneta” (non è realmente quello che stava facendo, ma tant’è) non provoca inflazione. E non era neppure soltanto teoria; avevamo l’esperienza degli anni ’30 e del Giappone a partire dagli anni ’90, a cui riferirci. Ma molte persone influenti del preteso mondo reale, forse la loro maggioranza, si rifiutarono di crederci.
Il che mi riporta al signor Gross.
Per un certo periodo, la Pimco – dove Paul McCulley, a quel tempo amministratore delegato, era una delle principali voci che spiegavano la logica della trappola di liquidità – sembrò ammirabilmente calma dinanzi ai deficit, e di conseguenza andava molto bene. Sulla fine del 2009, molti analisti di Wall Street mettevano in guardia su un incombente rialzo dei costi di indebitamento degli Stati Uniti; la Morgan Stanley prevedeva che i tassi di interesse sui bond decennali sarebbero saliti al 5,5 per cento nel 2010. Ma la Pimco, correttamente, scommise sul fatto che i tassi di interesse sarebbero rimasti bassi.
Poi qualcosa cambiò. McCulley lasciò la Pimco alla fine del 2010 (recentemente è tornato come principale economista), e il signor Gross si aggiunse agli isterici del deficit, dichiarando che i tassi di interesse stavano “depredando” gli investitori e mettendo in liquidazione tutti i loro possessi di debito statunitense. In particolare, egli pronosticò una crescita nei tassi di interesse quando la Fed terminò un programma di acquisti delle obbligazioni sul debito nel 2011. Sbagliava completamente, e né lui né la Pimco si sono mai ripresi.
Si tratta dunque di un racconto edificante, nel quale le cattive idee sono dimostrate sbagliate dall’esperienza, la gente apre gli occhi e la verità prevale? Spiacente, non è così. Di fatto, è molto difficile trovare un qualche esempio di persona che ha modificato i suoi punti di vista. Le persone che cinque anni fa prevedevano una inflazione e tassi di interesse alle stelle, stanno ancora prevedendo inflazione e tassi di interesse alle stelle oggi, rigettando con energia ogni suggerimento a riconsiderare i loro punti di vista alla luce dell’esperienza.
E questo è quello che rende interessante la storia di Bill Gross. Egli è praticamente l’unico importante isterico del deficit a pagare un prezzo per i suoi sbagli (anche se resta, come è ovvio, immensamente ricco). La Pimco ha subito un danno, ma in ogni altro luogo il regno dell’errore rimane indisturbato.
By mm
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