Nov 20 9:03 am
Shinzo Abe is doing the right thing, seeking to delay the next rise in consumption taxes; this is good economic policy, and also a fairly new experience for me — I met with a national leader, made a case for the right policy, and he’s actually doing it! (Of course, there were many other people making the same case.)
But there’s a lot of skepticism, which on the whole is justified: Abe is trying to accomplish something very difficult, and it’s by no means clear whether the instruments he’s deploying are sufficient.
Still, there’s one type of criticism that I really, really hate, for Japan and elsewhere — and I hate it especially because it’s one of those things that is so completely accepted by Very Serious People that they don’t even realize that they’re spouting a dubious hypothesis rather than speaking The Truth. I refer to the claim that Japan doesn’t need a demand boost, it needs structural reform (TM).
What are we talking about here? Traditionally, structural reform was offered as an answer to the problem of stagflation. If your economy starts to overheat, with accelerating inflation, despite quite high unemployment, then the argument was that this was due to labor market rigidities — basically a euphemism for a system in which it’s hard to fire people or slash their wages — and that to allow better performance you needed to make the labor market more flexible, i.e., more brutal.
OK, this argument makes a fair bit of sense, although even when the problem is stagflation it’s less ironclad than conventional wisdom would have you believe; there’s always been reason to believe that much “structural” unemployment is actually the result of hysteresis, of the lasting damage done by prolonged recessions. Still, at least this was a coherent argument.
But Japan isn’t suffering from stagflation; neither is Europe. They are, instead, suffering from low inflation or deflation, and persistent shortfalls in demand despite zero interest rates. Why, exactly, is structural reform supposed to help cure this problem?
Indeed, the kind of structural reform people have mostly talked about in the past — making labor markets more flexible, so that it’s easier to cut wages — would, if anything, deepen the slumps. Why? The paradox of flexibility: falling wages and prices increase the real burden of debt, depressing demand further.
In fact, if you think about it, there’s a definite snake-oil feel to calls for structural reform, which is touted as a universal elixir — it cures inflation, but it cures deflation too! Also back pain and bad breath.
Now, there might be some kinds of structural reform that would do Japan some good. For example, changes in land use or building height regulations that made more infill possible in Japanese cities could spur investment, and help increase demand. But the point is that the blanket call for “structural reform” as the answer is intellectually lazy, and destructive. Not only would much of what we call structural reform hurt rather than help; declaring that the problem is structural causes policymakers to take their eye off the ball, since what Japan needs right now, more than anything else, is to escape from deflation any way it can.
Deformità strutturale
Shinzo Abe sta facendo la cosa giusta, cercando di rinviare la prossima crescita nella tassazione sui consumi; è una buona politica economica ed è anche una esperienza discretamente nuova per me – ho incontrato un leader nazionale, ho perorato una giusta politica, e lui la sta sul serio mettendo in atto! (naturalmente, c’erano molte altre persone che sostenevano la stessa idea).
Ma c’è molto scetticismo, che nel complesso è giustificato: Abe sta cercando di realizzare qualcosa di molto difficile, e non è in alcun modo chiaro se gli strumenti di cui dispone siano sufficienti.
Eppure, c’è un genere di critiche che io davvero odio, per il Giappone e in altri casi – e le odio specialmente perché sono una di quelle cose accettate così illimitatamente dalle Persone Molto Serie, al punto che esse nemmeno si rendono conto che stanno declamando una ipotesi dubbia, anziché dicendo la Verità con la maiuscola. Mi riferisco alla pretesa secondo la quale il Giappone non avrebbe bisogno di incoraggiare la domanda, esso ha bisogno di riforme strutturali.
Di cosa stiamo parlando in questo caso? Tradizionalmente, le riforme strutturali vennero offerte come una risposta al problema della stagflazione. Se la vostra economia comincia a surriscaldarsi, con una inflazione che accelera, nonostante una disoccupazione abbastanza elevata, allora la tesi era che questo fosse dovuto alle rigidità del mercato del lavoro – fondamentalmente un eufemismo per un sistema nel quale è difficile licenziare e ridurre i salari – e che per ottenere prestazioni migliori si dovesse avere un mercato del lavoro più flessibile, ovvero più brutale.
Va bene, questo argomento ha un po’ di senso, sebbene è meno a prova di bomba di quello che il punto di vista convenzionale vorrebbe far credere, anche quando il problema è la stagflazione; c’è sempre stata una ragione per credere che molta disoccupazione “strutturale” sia effettivamente il risultato dell’isteresi, ovvero del danno che perdura da prolungate recessioni. Eppure, questo almeno era un argomento coerente.
Ma il Giappone non sta soffrendo di stagflazione, e neppure l’Europa. Stanno invece soffrendo di bassa inflazione o di deflazione, e di un deficit di domanda nonostante i tassi di interesse allo zero. In che senso, precisamente, si suppone che le riforme strutturali curino questo problema?
In effetti, il genere di riforme strutturali delle quali si è soprattutto parlato in passato – rendere i mercati del lavoro più flessibili in modo da rendere più semplice i tagli ai salari – semmai approfondirebbero le crisi. Perché? Per il paradosso della flessibilità: la diminuzione dei salari e dei prezzi aumenta il peso reale del debito, deprime la domanda ulteriormente.
Di fatto, se ci si pensa, c’è una chiara allusione ad una sorta di pozione miracolosa nei pronunciamenti a favore delle riforme strutturali – che sono pubblicizzate alla stregua di un elisir universale – curano l’inflazione ma curano anche la deflazione! Anche i dolori alla schiena e le difficoltà di respirazione.
Ora, ci potrebbe essere alcuni tipi di riforma strutturale che porterebbero qualche beneficio al Giappone. Ad esempio, cambiamenti nell’uso del territorio o nei regolamenti sull’altezza degli edifici che rendano possibile maggiori mutamenti nella destinazione degli immobili nelle città giapponesi potrebbero spronare gli investimenti e contribuire ad un incremento della domanda. Ma il punto è quella richiesta generale di “riforme strutturali” come la risposta è intellettualmente pigra e distruttiva. Non solo molto di quello che definiamo riforma strutturale sarebbe più un danno che non un aiuto; dichiarare che il problema è strutturale distrae l’attenzione degli operatori pubblici, dal momento che quello di cui il Giappone ha bisogno in questo momento, più di ogni altra cosa, è venir via dalla deflazione in ogni modo possibile.
By mm
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