NOV. 30, 2014
The U.S. economy finally seems to be climbing out of the deep hole it entered during the global financial crisis. Unfortunately, Europe, the other epicenter of crisis, can’t say the same. Unemployment in the euro area is stalled at almost twice the U.S. level, while inflation is far below both the official target and outright deflation has become a looming risk.
Investors have taken notice: European interest rates have plunged, with German long-term bonds yielding just 0.7 percent. That’s the kind of yield we used to associate with Japanese deflation, and markets are indeed signaling that they expect Europe to experience its own lost decade.
Why is Europe in such dire straits? The conventional wisdom among European policy makers is that we’re looking at the price of irresponsibility: Some governments have failed to behave with the prudence a shared currency requires, choosing instead to pander to misguided voters and cling to failed economic doctrines. And if you ask me (and a number of other economists who have looked hard at the issue), this analysis is essentially right, except for one thing: They’ve got the identity of the bad actors wrong.
For the bad behavior at the core of Europe’s slow-motion disaster isn’t coming from Greece, or Italy, or France. It’s coming from Germany.
I’m not denying that the Greek government behaved irresponsibly before the crisis, or that Italy has a big problem with stagnating productivity. But Greece is a small country whose fiscal mess is unique, while Italy’s long-run problems aren’t the source of Europe’s deflationary downdraft. If you try to identify countries whose policies were way out of line before the crisis and have hurt Europe since the crisis, and that refuse to learn from experience, everything points to Germany as the worst actor.
Consider, in particular, the comparison between Germany and France.
France gets a lot of bad press, with much talk in particular about its supposed loss in competitiveness. Such talk greatly exaggerates the reality; you’d never know from most media reports that France runs only a small trade deficit. Still, to the extent that there is an issue here, where does it come from? Has French competitiveness been eroded by excessive growth in costs and prices?
No, not at all. Since the euro came into existence in 1999, France’s G.D.P. deflator (the average price of French-produced goods and services) has risen 1.7 percent per year, while its unit labor costs have risen 1.9 percent annually. Both numbers are right in line with the European Central Bank’s target of slightly under 2 percent inflation, and similar to what has happened in the United States. Germany, on the other hand, is way out of line, with price and labor-cost growth of 1 and 0.5 percent, respectively.
And it’s not just France whose costs are just about where they ought to be. Spain saw rising costs and prices during the housing bubble, but at this point all the excess has been eliminated through years of crushing unemployment and wage restraint. Italian cost growth has arguably been a bit too high, but it’s not nearly as far out of line as Germany is on the low side.
In other words, to the extent that there’s anything like a competitiveness problem in Europe, it’s overwhelmingly caused by Germany’s beggar-thy-neighbor policies, which are in effect exporting deflation to its neighbors.
But what about debt? Isn’t non-German Europe paying the price for past fiscal irresponsibility? Actually, that’s a story about Greece and nobody else. And it’s especially wrong in the case of France, which isn’t facing a fiscal crisis at all; France can currently borrow long-term at a record low interest rate of less than 1 percent, only slightly above the German rate.
Yet European policy makers seem determined to blame the wrong countries and the wrong policies for their plight. True, the European Commission has floated a plan to stimulate the economy with public investment — but the public outlay is so tiny compared with the problem that the plan is almost a joke. And meanwhile, the commission is warning France, which has the lowest borrowing costs in its history, that it may face fines for not cutting its budget deficit enough.
What about resolving the problem of too little inflation in Germany? Very aggressive monetary policy might do the trick (although I wouldn’t count on it), but German monetary officials are warning against such policies because they might let debtors off the hook.
What we’re seeing, then, is the immensely destructive power of bad ideas. It’s not entirely Germany’s fault — Germany is a big player in Europe, but it’s only able to impose deflationary policies because so much of the European elite has bought into the same false narrative. And you have to wonder what will cause reality to break in.
Chi sono i cattivi europei, di Paul Krugman
New York Times, 30 novembre 2014
L’economia degli Stati Uniti sembra finalmente stia risalendo dalla buca profonda nella quale era entrata durante la crisi finanziaria globale. Sfortunatamente non si può dire lo stesso dell’Europa, l’altro epicentro della crisi. La disoccupazione nell’area euro è ferma ad un livello quasi doppio di quella degli Stati Uniti, mentre l’inflazione è assai al di sotto di entrambi gli obbiettivi ufficiali e una vera e propria deflazione è diventata un rischio incombente.
Gli investitori ne hanno preso nota: i tassi di interesse europei sono in caduta, con i bond tedeschi a lungo termine che rendono appena lo 0,7 per cento. E’ il genere di rendimento che siamo soliti associare con la deflazione giapponese, ed i mercati stanno in effetti segnalando che si aspettano che l’Europa abbia un proprio ‘decennio perduto’,
Perché l’Europa è in tali ambasce? Il giudizio convenzionale tra gli operatori pubblici europei è che stiamo assistendo al prezzo dell’irresponsabilità: alcuni governi non si sono comportati con la prudenza che una valuta condivisa richiede, scegliendo invece di assecondare elettori mal consigliati e di aggrapparsi a dottrine economiche fallimentari. E se volete il mio parere (e quello di un certo numero di altri economisti che hanno osservato il tema in modo approfondito), questa analisi è sostanzialmente giusta, ad eccezione di un aspetto: c’è un errore nella individuazione dell’identità dei cattivi protagonisti.
Perché la cattiva condotta che è al centro del disastro al rallentatore dell’Europa, non sta venendo dalla Grecia, o dall’Italia o dalla Francia. Sta venendo dalla Germania.
Non sto negando che il Governo Greco si sia comportato irresponsabilmente prima della crisi, o che l’Italia abbia un grande problema con una produttività stagnante. Ma la Grecia è un piccolo paese, il cui disastro nelle finanze pubbliche è unico, mentre i problemi di lungo periodo dell’Italia non sono all’origine dell’andamento discendente di tipo deflazionistico dell’Europa. Se si cerca di identificare i paesi le cui politiche erano fuori linea prima della crisi ed hanno recato danno all’Europa dal momento della crisi, e che rifiutano di imparare dalla lezione, tutto indica la Germania come il protagonista peggiore.
Si consideri, in particolare, il confronto tra Germania e Francia.
La Francia ha molti pessimi giudizi sulla stampa, in specie con molti commenti sulla sua supposta perdita di competitività. Tali commenti mistificano grandemente la realtà; non si legge mai nella maggior parte dei resoconti che la Francia realizza solo un piccolo deficit commerciale. Eppure, nella misura in cui c’è in quel caso un problema, da dove deriva? La competitività francese è stata erosa da una crescita eccessiva dei costi e dei prezzi?
Niente affatto. Dal momento in cui l’euro ha cominciato ad esistere, nel 1999, il deflatore del PIL francese (il prezzo medio dei beni e dei servizi prodotti in Francia) è cresciuto dell’1,7 per cento, mentre i costi unitari del lavoro sono cresciuti annualmente dell’1,9 per cento. Entrambi i dati sono correttamente in linea con l’obbiettivo della Banca Centrale Europea di una inflazione leggermente al di sotto del 2 per cento, e simili a quanto è accaduto negli Stati Uniti. La Germania, d’altra parte, è assai disallineata, con una crescita dei prezzi e dei costi del lavoro, rispettivamente, dell’1 e dello 0,5 per cento.
E non si tratta solo della Francia, i cui costi sono proprio quelli che dovrebbero essere. La Spagna ha visto una crescita dei costi e dei prezzi durante la bolla immobiliare, ma a questo punto tutti gli eccessi sono stati eliminati attraverso anni di devastante disoccupazione e di restrizione salariale. La crescita dei costi in Italia è stata probabilmente un po’ troppo alta, ma neanche lontanamente così fuori linea come quella della Germania (1).
In altre parole, nella misura in cui in Europa c’è qualcosa che si possa definire un problema di competitività, esso è in modo schiacciante provocato dalle politiche tedesche dell’ “impoverire i propri vicini”, che in sostanza sono la stessa cosa che esportare su di essi la deflazione.
Ma cosa dire del debito? Forse che l’Europa non-tedesca non sta pagando il prezzo della passata irresponsabilità nella finanza pubblica? In verità, questa è una spiegazione per la Grecia e per nessun altro. Ed è particolarmente sbagliata nel caso della Francia, che non sta fronteggiando affatto una crisi delle finanza pubblica; la Francia può attualmente indebitarsi nel lungo periodo ad un tasso di interesse ai minimi storici inferiore all’1 per cento, solo leggermente superiore al tasso tedesco.
Tuttavia gli operatori politici europei sembrano determinati a incolpare i paesi e le politiche sbagliate per le loro disgrazie. E’ vero, la Commissione Europea ha ventilato un piano per stimolare l’economia con l’investimento pubblico – ma la spesa pubblica è così minuscola a confronto del problema che il piano è quasi una presa in giro. E, nel frattempo, la Commissione sta mettendo in guardia la Francia, che ha i costi di indebitamento più bassi della sua storia, perché potrebbe trovarsi dinanzi a sanzioni se non tagliasse a sufficienza il proprio bilancio.
Perché non risolvere il problema della inflazione troppo bassa in Germania? Una politica monetaria molto aggressiva potrebbe servire allo scopo (sebbene io non ci conterei), ma i responsabili monetari della Germania stanno mettendo in guardia contro politiche del genere, giacché potrebbero consentire ai debitori di cavarsela.
Quello a cui stiamo assistendo, dunque, è il potere immensamente distruttivo delle cattive idee. Non è interamente responsabilità della Germania – la Germania è un protagonista principale in Europa, ma è capace di imporre politiche deflazionistiche perché gran parte delle classi dirigenti europee hanno preso per buona la medesima falsa spiegazione. E c’è da chiedersi che cosa possa provocare una irruzione di realismo.
(1) Può essere interessante riportare il diagramma che Krugman ha utilizzato in un suo post di questi giorni, preparatorio di questo articolo. Illustra quel confronto che è sopra espresso tra i vari paesi europei:
By mm
E' possibile commentare l'articolo nell'area "Commenti del Mese"