Blog di Krugman

La saggezza di Peter Schiff (22 novembre 2014)

 

Nov 22 12:16 pm

The Wisdom of Peter Schiff

No, seriously. Well, sort of. Danny Vinik sends us to the latest from Schiff, who made a big splash in 2008-2009 predicting runaway inflation if not hyperinflation; he was a favorite of Glenn Beck’s.

And in his new piece Schiff lays out the analytical issue very clearly:

Mainstream economists (who hold sway in government, the corporate world, and academia) argued that as long as the labor market remained slack, inflation would not catch fire. My fellow Austrian economists and I loudly voiced the minority viewpoint that money printing is always inflationary-in fact, that it is the very definition of inflation.

The truth is that high levels of unemployment are historically correlated with higher inflation and low levels of unemployment with lower inflation. That is because an economy that more fully utilizes labor resources is more productive. More production brings down prices. In contrast, an economy that does not fully employ its citizens is less productive, and its government is more prone to pursue misguided inflationary policies to stimulate the economy.

OK, leave aside the business about defining money-printing as inflation; guys, nobody cares. But what Schiff says very clearly is that according to his worldview, rolling the printing presses should cause inflation (by the normal definition) even in a depressed economy, and that high unemployment should in fact make inflation higher, not lower.

He has that exactly right: the central dispute is between those who see depressions as the result of inadequate demand, implying that inflation will fall and that printing money does nothing unless it boosts employment, and those who see depressions as the result of maladapation of resources or something — anyway, something on the supply side — who predict that running the printing presses will lead to runaway inflation.

How could you test those rival views? Why, how about having a huge slump, to which central banks respond with aggressive monetary expansion? And that is, of course, the test we’ve just run. And everywhere you look, inflation is low, verging on deflation.

So we’ve just run the Schiff test — and his brand of economics, by his own criteria, loses with flying colors. And that goes for just about all anti-Keynesian doctrines: we ran as close to a clean experiment as you’re ever going to get, and the answer is no.

Now, just about everyone on that side insists that it’s not true, that sinister bureaucrats are smuggling away the inflation evidence and burying it in Area 51. That tells you a lot about who we’re dealing with. But at least Schiff states the issue clearly before refusing to admit error.

 

La saggezza di Peter Schiff [1]

No, dico seriamente. Insomma, quasi. Danny Vinik ci indirizza all’ultimo intervento di Schiff, che negli anni 2008-2009 fece gran clamore prevedendo una inflazione fuori controllo se non una iperinflazione; era uno dei favoriti di Glenn Beck [2].

E nel suo nuovo articolo Schiff espone i suoi argomenti analitici con molta chiarezza:

“Gli economisti della tendenza prevalente (che influenzano il Governo, il mondo delle imprese e delle Università) hanno sostenuto che per tutto il tempo in cui il mercato del lavoro resta fiacco, l’inflazione non si infiamma. I miei amici economisti di scuola austriaca ed io stesso abbiamo vivacemente espresso il punto di vista minoritario, secondo il quale nei fatti stampare valuta è sempre inflazionistico, giacché essa è la reale definizione di inflazione.

….

La verità è che alti livelli di disoccupazione sono storicamente correlati con una inflazione maggiore e bassi livelli di disoccupazione con una inflazione più bassa. Questo dipende dal fatto che un’economia che utilizza pienamente le risorse del lavoro è più produttiva. La maggiore produzione spinge i prezzi in basso. All’opposto, un’economia che non occupa pienamente i suoi cittadini è meno produttiva, ed il suo Governo è più disponibile a perseguire errate politiche inflazionistiche per stimolare l’economia.”

Va bene. Lasciamo da parte la faccenda della definizione dell’inflazione come stampare valuta; signori, non interessa nessuno.

Ma quello che Schiff dice molto chiaramente è che secondo la sua concezione del mondo, il ricorso alla creazione di valuta dovrebbe provocare inflazione (secondo la sua normale definizione) anche in una economia depressa, e che l’alta disoccupazione dovrebbe di fatto rendere l’inflazione più alta, non più bassa.

Egli comprende con esattezza il punto: la disputa fondamentale è tra coloro che considerano le depressioni come il risultato di una domanda inadeguata, il che implica che l’inflazione è destinata a cadere e che lo stampare moneta non cambia niente se non incoraggia l’occupazione, e coloro che le considerano come il risultato di un cattivo utilizzo di risorse o cose del genere – in ogni caso, qualcosa dal lato dell’offerta – che prevedono che creare moneta a tutto spiano porterà ad una inflazione fuori controllo.

Come si potrebbero sottoporre ad una prova, questi punti di vista opposti? Che ne direste di provare con una vasta crisi, alla quale le banche centrali rispondano con una espansione monetaria aggressiva? Ed è quella, ovviamente, la prova dalla quale siamo appena passati. E dovunque si osservi, l’inflazione è bassa, sul punto di diventare deflazione.

Dunque, abbiamo appena sperimentato il test di Schiff – e la sua scuola di economia, secondo i suoi stessi criteri, ha peso a vele spiegate. E ciò vale proprio per tutte le dottrine antikeynesiane: abbiamo sperimentato un passaggio quasi esemplare per nitidezza, come mai accade di avere, e la risposta è stata negativa.

Ora, su quello schieramento quasi tutti insistono che non è stato così, che burocrati infidi stanno nascondendo le prove dell’inflazione, seppellendole in qualche Area 51[3].Questo vi dice molto su quello con cui stiamo facendo i conti. Ma almeno Schiff espone il tema con chiarezza, prima di rifiutare di ammettere il proprio errore.

 

 

[1] Peter Schiff è un imprenditore, commentatore finanziario ed autore americano. In economia è orientato sulla scuola austriaca.

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[2] Glenn Beck è un conduttore televisivo americano, specializzato in teorie dei complotti e altre prestazioni simili, a diesa dei “valori americani”.

[3] Il famoso territorio segretissimo nel quale si dice che l’esercito americano compia esperimenti.

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