Dec 26 3:23 pm
Economists use a lot of jargon, and rightly so. When an economist refers to comparative advantage, or total factor productivity, or the neutrality of money, etc., she or he is using that phrase to refer to a concept developed over decades of discussion and debate; trying to spell that out in plain English every time you invoke the concept would be a huge waste of time, and would introduce much potential for confusion too.
Yet jargon has its own dangers, most notably the dangers that it will be used in aid of pomposity, and/or that jargon misapplied will add to confusion rather than clarity.
So I read George Magnus’s piece on China’s “structural deflation”, and while it’s innocent of pomposity, I worry that it suffers from the second sin. What, after all, does Magnus mean here by “structural”? In this context, I do not think that word means what he thinks it means.
Normally, what we mean by “structural” — usually as opposed to “cyclical” — is “something that can’t be cured with higher demand”. Structural unemployment is unemployment due to a mismatch between skills and what employers need, or bad institutions, or something, which makes an economy inflation-prone even at fairly high unemployment rates.
Now, there used to be a Latin American school of thought which saw inflation as structural, but I don’t think it ever made much sense. And I really don’t think structural deflation is at all a useful turn of phrase.
Suppose China had entered its recent slowdown with 20 percent inflation, and with everyone in China expecting inflation to remain at 20 percent. Would China have had any problem avoiding deflation? Surely not: simply by cutting nominal interest rates, the central bank would have been able to cut real rates all the way to minus 20 percent if it wanted, surely enough to overheat any economy.
So what is Magnus talking about here? I think he’s actually arguing that China requires a substantially negative real interest rate to achieve full employment. This doesn’t mandate deflation; it does, however, mean that low inflation is unsustainable, because demand will fall short, and the economy will tend toward deflation. This is pretty much what we mean by secular stagnation; calling it structural deflation just muddies the issue.
And that’s too bad, because I agree with a lot of what Magnus says. Still, somebody has to act as the jargon police, and if not me, who?
Confusione strutturale
Gli economisti usano un bel po’ di espressioni gergali, comprensibilmente. Quando un economista si riferisce al vantaggio comparativo, o alla produttività totale per fattore, o alla neutralità della moneta etc., sta usando quella frase per riferirsi ad un concetto sviluppatosi in decenni di spiegazioni e di discussioni; cerca di scandirlo in un lingua comprensibile ogni volta che riferirsi a quel concetto sarebbe una grande perdita di tempo, ed introdurrebbe anche un grande rischio di confusione.
Tuttavia il gergo ha i suoi pericoli, in specie i pericoli che potrebbero essere usati a sostegno della pomposità, oppure quello per il quale una cattiva applicazione del gergo aggiungerà confusione anziché chiarezza.
Così ho letto l’articolo di George Magnus sulla “deflazione strutturale” della Cina, e mentre esso è innocente quanto a pomposità, temo che soffra del secondo peccato. Dopo tutto, cosa Magnus intende in questo caso con “strutturale”? In questo contesto, non penso che la parola significhi quello che lui ritiene.
Normalmente, quello che intendiamo per “strutturale” – normalmente all’opposto di “ciclico” – è “qualcosa che non si può curare con una domanda più elevata”. La disoccupazione strutturale è una disoccupazione che deriva da un disaccoppiamento tra competenze date e quello di cui i datori di lavoro hanno bisogno, oppure da istituti negativi, o da qualcosa che rende una economia incline all’inflazione anche a tassi discretamente elevati di disoccupazione.
Ora, esisteva un scuola di pensiero latino-americana che considerava l’inflazione come strutturale, ma non penso che sia mai stato molto sensato. E davvero non penso che ‘deflazione strutturale’ sia una versione di tale frase affatto utile.
Supponiamo che la Cina fosse entrata nel recente rallentamento con una inflazione al 20 per cento, e che tutti in Cina si aspettino che l’inflazione resti al 20 per cento. Avrebbe avuto qualche problema la Cina ad evitare la deflazione? Certamente no: semplicemente tagliando i tassi di interesse nominali, la banca centrale, se avesse voluto, avrebbe avuto la possibilità di tagliare i tassi reali proprio sino a meno il 20 per cento, certamente abbastanza per surriscaldare ogni economia.
Dunque, di cosa sta parlando Magnus in questo caso? Penso che egli in verità stia sostenendo che la Cina ha bisogno di una tasso di interesse reale negativo per ottenere la piena occupazione. Questo non esige la deflazione; tuttavia significa che per davvero la bassa inflazione è insostenibile, perché la domanda non sarà alla altezza, e l’economia tenderà verso la deflazione. Questo è grosso modo quello che noi intendiamo con stagnazione secolare; chiamarla deflazione strutturale confonde la questione.
E questo è proprio spiacevole, perché io sono d’accordo con molte delle cose che Magnus dice. Eppure, qualcuno deve pur fare il lavoro di poliziotto del gergo, e se non io, chi?
By mm
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