Dec 8 4:32 pm
I am trying to get up to speed on the impact of the oil price plunge, and one of the important stories is unfolding in Putin’s Russia. Obviously Russia’s problems stem from other things besides the oil price, namely Ukraine and the fallout thereof. Still, it’s pretty striking just how fast the financial situation seems to be unraveling. The bond vigilantes aren’t invisible in Moscow — 10-year interest rates, which were below 8 percent early this year, hit 12.67 percent today.
The question one might ask is, why is Russia so vulnerable? It has, after all, run large current surpluses over time; overall, it’s a creditor, not a debtor nation. But there are a lot of external debts all the same, reflecting private sector borrowing — and foreign currency reserves are dropping fast in part thanks to private capital flight.
What this reminds me of was one of the corners of the 1980s Latin American debt crisis, which preoccupied me during my year in Washington back in 1982-3. Venezuela then, like Russia now, was a petro-economy which had consistently run external surpluses. But it was nonetheless a vulnerable debtor, because all those external surpluses and more had in effect been recycled into overseas assets of the corrupt elite.
Of course, Venezuela didn’t have nukes.
La Russia del 2015 è il Venezuela del 1983?
Sto cercando di mettere assieme le cose per accelerare sull’impatto della caduta del prezzo del petrolio, e uno dei racconti importanti si sta svolgendo nella Russia di Putin. Ovviamente, i problemi della Russia derivano da altre cose oltre al prezzo del petrolio, in particolare dall’Ucraina e dalle conseguenze negative che ne sono derivate. Eppure, è proprio abbastanza sorprendente con quanta velocità la situazione finanziaria pare si stia sbrogliando. A Mosca i ‘guardiani del bond’ non stanno con le mani in mano – i tassi di interesse decennali, che erano sotto l’8 per cento agli inizi di quest’anno, hanno toccato oggi il 12,67 per cento.
La domanda che si potrebbe porre è: perché la Russia è così vulnerabile? Dopo tutto, essa ha da tempo una serie di ampi surplus correnti; soprattutto, è una nazione creditrice, non debitrice. Ciononostante ci sono una quantità di debiti verso l’estero, che riflettono l’indebitamento del settore privato – e le riserve in valuta estera stanno diminuendo rapidamente, in parte grazie alla fuga dei capitali privati.
Il che mi riporta alla mente quale fosse uno degli spigoli della crisi latino americana del debito degli anni ‘80, che mi preoccupava durante il mio anno a Washington. Il Venezuela allora, come la Russia oggi, era una economia del petrolio che aveva avuto una cospicua serie di surplus verso l’estero. Ciononostante era un debitore vulnerabile, perché tutti quei surplus verso l’esterno ed altro ancora erano stati in effetti riciclati in asset oltreoceano dell’élite corrotta.
Naturalmente, il Venezuela non aveva le testate nucleari.
By mm
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