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Le conquiste sono per i perdenti, di Paul Krugman New York Times 21 dicembre 2014

 

Conquest Is for Losers

Putin, Neocons and the Great Illusion

DEC. 21, 2014

Paul Krugman

z 259

 

 

 

 

 

 

 

 

More than a century has passed since Norman Angell, a British journalist and politician, published “The Great Illusion,” a treatise arguing that the age of conquest was or at least should be over. He didn’t predict an end to warfare, but he did argue that aggressive wars no longer made sense — that modern warfare impoverishes the victors as well as the vanquished.

He was right, but it’s apparently a hard lesson to absorb. Certainly Vladimir Putin never got the memo. And neither did our own neocons, whose acute case of Putin envy shows that they learned nothing from the Iraq debacle.

Angell’s case was simple: Plunder isn’t what it used to be. You can’t treat a modern society the way ancient Rome treated a conquered province without destroying the very wealth you’re trying to seize. And meanwhile, war or the threat of war, by disrupting trade and financial connections, inflicts large costs over and above the direct expense of maintaining and deploying armies. War makes you poorer and weaker, even if you win.

The exceptions to this dictum actually prove the rule. There are still thugs who wage war for fun and profit, but they invariably do so in places where exploitable raw materials are the only real source of wealth. The gangs tearing the Central African Republic apart are in pursuit of diamonds and poached ivory; the Islamic State may claim that it’s bringing the new caliphate, but so far it has mostly been grabbing oil fields.

The point is that what works for a fourth-world warlord is just self-destructive for a nation at America’s level — or even Russia’s. Look at what passes for a Putin success, the seizure of Crimea: Russia may have annexed the peninsula with almost no opposition, but what it got from its triumph was an imploding economy that is in no position to pay tribute, and in fact requires costly aid. Meanwhile, foreign investment in and lending to Russia proper more or less collapsed even before the oil price plunge turned the situation into a full-blown financial crisis.

Which brings us to two big questions. First, why did Mr. Putin do something so stupid? Second, why were so many influential people in the United States impressed by and envious of his stupidity?

The answer to the first question is obvious if you think about Mr. Putin’s background. Remember, he’s an ex-K.G.B. man — which is to say, he spent his formative years as a professional thug. Violence and threats of violence, supplemented with bribery and corruption, are what he knows. And for years he had no incentive to learn anything else: High oil prices made Russia rich, and like everyone who presides over a bubble, he surely convinced himself that he was responsible for his own success. At a guess, he didn’t realize until a few days ago that he has no idea how to function in the 21st century.

The answer to the second question is a bit more complicated, but let’s not forget how we ended up invading Iraq. It wasn’t a response to 9/11, or to evidence of a heightened threat. It was, instead, a war of choice to demonstrate U.S. power and serve as a proof of concept for a whole series of wars neocons were eager to fight. Remember “Everyone wants to go to Baghdad. Real men want to go to Tehran”?

The point is that there is a still-powerful political faction in America committed to the view that conquest pays, and that in general the way to be strong is to act tough and make other people afraid. One suspects, by the way, that this false notion of power was why the architects of war made torture routine — it wasn’t so much about results as about demonstrating a willingness to do whatever it takes.

Neocon dreams took a beating when the occupation of Iraq turned into a bloody fiasco, but they didn’t learn from experience. (Who does, these days?) And so they viewed Russian adventurism with admiration and envy. They may have claimed to be alarmed by Russian advances, to believe that Mr. Putin, “what you call a leader,” was playing chess to President Obama’s marbles. But what really bothered them was that Mr. Putin was living the life they’d always imagined for themselves.

The truth, however, is that war really, really doesn’t pay. The Iraq venture clearly ended up weakening the U.S. position in the world, while costing more than $800 billion in direct spending and much more in indirect ways. America is a true superpower, so we can handle such losses — although one shudders to think of what might have happened if the “real men” had been given a chance to move on to other targets. But a financially fragile petroeconomy like Russia doesn’t have the same ability to roll with its mistakes.

I have no idea what will become of the Putin regime. But Mr. Putin has offered all of us a valuable lesson. Never mind shock and awe: In the modern world, conquest is for losers

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Le conquiste sono per i perdenti

(Putin, i neo conservatori e la Grande Illusione), di Paul Krugman

New York Times 21 dicembre 2014

E’ passato più di un secolo da quando Norman Angell, un giornalista ed un uomo politico britannico, pubblicò “La Grande Illusione”, un trattato nel quale si sosteneva che l’età delle conquiste era, o almeno avrebbe dovuto essere, terminata. Egli non aveva previsto una fine dei conflitti, ma aveva sostenuto che le guerre di aggressioni non avevano più senso – che la guerra moderna impoverisce i vincitori nello stesso modo dei vinti.

Aveva ragione, ma sembra essere una lezione difficile da apprendere. Certamente Vladimir Putin non ne ha mai preso nota. Neanche l’hanno fatto i nostri neoconservatori, che con la loro intensa manifestazione di invidia verso Putin mostrano di non aver imparato niente dalla debacle dell’Iraq.

La tesi di Angell era semplice: il saccheggio non è più quello che era una volta. Non si può trattare una società moderna nel modo in cui l’antica Roma trattava le provincie conquistate, senza distruggere proprio quella ricchezza della quale si sta tentando di impadronirsi. E nel frattempo la guerra o la minaccia della guerra, distruggendo il commercio e le relazioni finanziarie, provoca grandi costi, al di là delle spese dirette di mantenimento e di dislocazione degli eserciti. Le guerre rendono più poveri e più deboli, anche se vengono vinte.

Le eccezioni a questa massima effettivamente confermano la regola. Ci sono ancora facinorosi che dichiarano guerra per diletto e profitto, ma lo fanno invariabilmente in luoghi nei quali le materie prime sfruttabili sono l’unica fonte di ricchezza. Le bande che fanno a pezzi la Repubblica Centrafricana sono alla ricerca di diamanti e di  avorio proveniente dalla caccia di frodo; lo Stato Islamico può sostenere di essere portatore del nuovo califfato, ma finora si è principalmente accaparrato campi petroliferi.

Il punto è che quello che funziona per i signori della guerra del quarto mondo è semplicemente autodistruttivo per una nazione del livello dell’America – o persino della Russia. Si guardi a quello che viene giudicato come un successo di Putin, l’annessione della Crimea: può darsi che la Russia si sia impadronita quasi senza opposizione della penisola, ma quello che ha ottenuto dal suo trionfo è stata un’economia sul punto di scoppiare, che non è nella condizione di pagare i tributi e, di fatto, richiede un aiuto costoso. Nel frattempo, gli investimenti in Russia ed i crediti a quel paese erano più o meno esattamente collassati ancora prima che il crollo del prezzo del petrolio trasformasse la situazione in una crisi finanziaria conclamata.

La qualcosa mi riporta a due grandi domande. La prima, perché il signor Putin ha fatto una cosa talmente stupida? La seconda, perché ci sono state così tante persone influenti negli Stati Uniti, impressionate ed invidiose della sua stupidità?

La risposta alla prima domanda è ovvia, se si pensa al curriculum di Putin. Si ricordi, è una uomo del KGB – che sta a significare che ha speso gli anni della sua formazione come un professionista della malvivenza. Violenza e minacce di violenza, supportate da tangenti e corruzione, sono le cose di cui si intende. E per anni non ha avuto incentivi ad apprendere niente altro: gli alti prezzi del petrolio hanno reso ricca la Russia, e come tutti quelli che sono collocati sopra un bolla, egli si era sicuramente convinto di essere il protagonista del proprio successo. L’impressione è che sino a pochi giorni fa, non avesse compreso di non avere alcuna idea di come funzioni il Ventunesimo Secolo.

La risposta alla seconda domanda è un po’ più complicata, ma non dobbiamo dimenticare di come finimmo con l’invadere l’Iraq. Non fu una risposta agli attentati alle Torri Gemelle, o la prova di minacce sempre maggiori. Fu, piuttosto, una guerra voluta consapevolmente al fine di dimostrare il potere degli Stati Uniti e di servire come esemplificazione di un’intera serie di guerre che i neo conservatori erano ansiosi ci combattere. Ricordate la frase: “Tutto vogliono andare a Bagdad. Gli uomini veri vogliono andare a Teheran” [1]?

Il punto è che c’è una fazione politica ancora potente in America, che è legata all’idea che conquistare paesi, e in generale la forza siano modi per agire con durezza e spaventare gli altri popoli. E’ lecito il sospetto, per inciso, che questa falsa idea del potere sia stato il motivo per il quale gli architetti della guerra hanno reso comune la tortura – non riguardava tanto i risultati, quanto una dimostrazione della volontà di fare tutto quello che appariva utile.

I sogni dei neoconservatori presero un colpo allorquando l’occupazione dell’Iraq si trasformò in un fiasco sanguinoso, ma non impararono dall’esperienza (chi lo fa, di questi tempi?) E così hanno vissuto l’avventurismo russo con ammirazione e con invidia. Possono aver sostenuto di essere allarmati dai progressi dei russi, di credere che Putin (“quello che si direbbe un leader” [2]) stesse giocando a scacchi, mentre Obama giocava con le biglie [3]. Ma quello che li ha davvero sconcertati è stato che il signor Putin stava vivendo la vita che si erano sempre immaginati per se stessi.

La verità, tuttavia è che la guerra per davvero non ripaga. L’avventura dell’Iraq ha chiaramente finito con l’indebolire la posizione degli Stati Uniti nel mondo, mentre è costata più di 800 miliardi di dollari di costi diretti e molto di più in modi indiretti. L’America è sul serio una superpotenza, cosicché possiamo gestire tali perdite – sebbene vengano i brividi a pensare a cosa poteva accadere se gli ‘uomini veri’ avessero offerto una possibilità per spostarsi su altri obbiettivi. Ma una fragile economia del petrolio come quella della Russia non ha la stessa capacità di sguazzare nei propri errori.

Non ho idea di cosa accadrà del regime del signor Putin. Tuttavia egli ha offerto a tutti noi una lezione apprezzabile. Le scosse e il timore reverenziale non contano: nel mondo di oggi le conquiste sono per i perdenti.

 

 

[1] Mi pare che fosse la affermazione di un alto esponente del Pentagono.

[2] Il complimento a Putin è venuto dall’ex Sindaco di New York, il repubblicano Giuliani.

[3] L’espressione è stata usata dal congressista repubblicano Michael Rogers, Presidente della Commissione sull’ “intelligence” della Camera.

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