Altri Economisti

Le pericolose ambizioni della Banca Centrale Europea, di Paul De Grauwe (23 dicembre 2014, dal blog Ivory Tower)

Tuesday, 23 December 2014

 

The dangerous ambitions of the European Central Bank

By Paul De Grauwe

z 295

 

 

 

 

 

 

Last week the European Central Bank published the letter it sent on August 5, 2011 to the then Prime Minister of Spain, Mr Zapatero. That was at a time of intense crisis in the Eurozone. Many thought that the Eurozone would implode.

The ECB’s letter to the Spanish government is not the only one the ECB sent to Member States’ governments. A similar letter was sent to the Italian Government. The letter is of great significance because it reflects the ambition of the central bank to determine macroeconomic policies in the Eurozone. This ambition should be checked, for two reasons.

First, the letter illustrates the intensity of the micro-economic management the ECB intends to apply in crisis countries. The letter contains a detailed list of what according to the ECB needs to be done in the labor market. Thus, collective agreements should be abolished and should be organized at the level of the individual firms. In addition, these agreements should not contain indexation clauses, even when these are entered into freely. Two things stand out here. First, there is the detail of the measures that the ECB would like to impose. In doing so, it substitutes itself to national governments in the formulation of national economic policies.

Second, it is striking to find that these policy prescriptions are based on an economic theory for which there is actually no serious empirical evidence. On the contrary, there is a strong empirical research suggesting that the degree of decentralization of wage bargaining should not go too far. The consensus among economists is that wage bargaining at the level of individual companies harms the economy, because it can easily give rise to a wage-price spiral when an external shock such as an oil price increase occurs. Yet extreme decentralisation of wage bargaining is what the ECB wants to impose in member-countries of the Eurozone. The policy that the ECB seeks to impose is not based on evidence but on ideology.

The second reason why the ECB’s ambitions in setting the policy agenda in the Eurozone must be checked has to do with governance. The ECB is a public institution, which has been given a strong status of political independence. The latter implies that politicians should abstain from interfering in monetary policy. They should certainly not give instructions to the central bank on how to conduct monetary policy. The reverse, however, is equally true. The political independence of the ECB can only be safeguarded if that institution keeps itself aloof from the political process and abstains from giving instructions to governments about how economic policies should be conducted. The ECB sins against this principle. In doing so, she puts her own independence at stake.

The ECB has set itself the target of keeping inflation close to 2%. It is failing spectacularly in reaching that objective and as a result, creates a risk of deflation that today increases the debt burden of national governments. An institution that fails to achieve its own objectives cannot afford to impose its ideas on national governments, lest these governments will turn themselves against the ECB.

The instructions the ECB gives in its letter to the Spanish government lead to an even more fundamental governance problem. The ECB consists of civil servants who bear no political cost of the decisions they try to impose on national governments. The latter bear the full political costs of these decisions. They risk to be thrown out of office when they implement policies forced upon them by the ECB. The civil servants of the ECB go home unharmed. This is a governance structure that is unsustainable and that will be rejected. It is important that the ECB realises this and reduces its ambition to rule the politicians. Failure to do so will greatly harm the ECB.

 

 

 

 

 

Le pericolose ambizioni della Banca Centrale Europea

di Paul De Grauwe

La scorsa settimana la Banca Centrale Europea ha pubblicato la lettera da essa spedita, il 5 agosto 2011 [1], all’allora Primo Ministro della Spagna Zapatero. Era un periodo di crisi assai grave nell’eurozona. In molti pensavano che l’eurozona sarebbe implosa.

La lettera che la BCE spedì al Governo spagnolo non fu l’unica che la BCE spedì a Stati membri. Una lettera simile fu spedita al Governo italiano. La lettera è di grande significato, perché riflette l’ambizione della banca centrale di determinare le politiche macroeconomiche nell’eurozona. Questa ambizione dovrebbe essere controllata, per due ragioni.

La prima, la lettera illustra l’intensità della gestione micro-economica che la BCE intende applicare nei paesi in crisi. La lettera contiene una lista dettagliata di quello che secondo la BCE deve esser fatto nel mercato del lavoro. In tal senso, gli accordi collettivi dovrebbero essere aboliti e dovrebbero essere organizzati al livello delle imprese individuali. In aggiunta, questi accordi non dovrebbero contenere clausole di indicizzazione, persino quando esse vengano inserite all’interno liberamente. Ci sono due aspetti che in questo caso risaltano. Il primo, c’è il dettaglio delle misure che la BCE gradirebbe imporre. Nel far ciò, essa si sostituisce ai governi nazionali nella formulazione delle politiche economiche nazionali.

Il secondo, è sorprendente scoprire che queste prescrizioni politiche sono basate su una teoria economica per la quale non ci sono alcune serie prove empiriche. Al contrario, ci sono solide ricerche empiriche che suggeriscono che il grado di decentralizzazione delle trattative salariali non dovrebbe essere troppo spinto. C’è consenso tra gli economisti che la trattativa salariale al livello delle singole imprese danneggia l’economia, perché può facilmente far crescere una spirale salari-prezzi quando interviene uno shock esterno come un aumento dei prezzi del petrolio. Tuttavia una estrema decentralizzazione della trattativa salariale è quello che la BCE vuole imporre nei paesi membri dell’eurozona. La politica che la BCE intende imporre non è basata su prove, bensì sulla ideologia.

La seconda ragione per la quale le ambizioni della BCE nel definire l’agenda politica nell’eurozona devono essere controllate ha a che fare con le modalità di governo. La BCE è una istituzione pubblica, alla quale è stato fornito uno status di indipendenza politica. L’ultimo aspetto implica che gli uomini politici dovrebbero astenersi dall’interferire sulla politica monetaria. Certamente, essi non dovrebbero dare istruzioni alla banca centrale su come condurre la politica monetaria. E’ vero, tuttavia, anche il contrario. L’indipendenza politica della BCE può essere salvaguardata soltanto se l’istituto si tiene distaccato dal processo politico e si astiene dal dare istruzioni ai governi su come si dovrebbero condurre le politiche economiche. La BCE è in torto rispetto a questo principio. Nel far ciò, mette a rischio la sua stessa indipendenza.

E’ stata la stessa BCE che ha stabilito di mantenere l’inflazione vicina al 2%. In modo spettacolare essa non sta riuscendo a raggiungere questo obbiettivo e come conseguenza determina un rischio di deflazione che oggi accresce il peso del debito dei governi nazionali. Una istituzione che non riesce ad ottenere i suoi propri obbiettivi non può permettersi di imporre le sue idee ai governi nazionali, nel timore che questi governi si mettano contro la BCE. Le istruzioni che la BCE offre nella sua lettera al Governo spagnolo comportano un problema di governance ancora più fondamentale. La BCE opera attraverso funzionari pubblici che non sopportano nessun costo politico per le decisioni che cercano di imporre ai governi nazionali. Sono questi ultimi che sopportano l’intero costo politico. Essi rischiano di essere allontanati dalla loro carica allorché mettono in atto politiche alle quali sono costrette dalla BCE. I funzionari pubblici della BCE tornano a casa incolumi. Una struttura di governance di questo genere diverrebbe insostenibile e sarebbe respinta. E’ importante che la BCE lo comprenda e riduca le sue ambizioni di controllare i politici. Non farlo sarebbe molto dannoso per la BCE.

 

 

[1] Può essere utile ricordare che nell’estate del 2011 era ancora Presidente della BCE Jean-Claude Trichet; Mario Draghi divenne Presidente il 1 novembre 2011.

By


Commenti dei Lettori (0)


E' possibile commentare l'articolo nell'area "Commenti del Mese"