Dec 28 10:40 am
OK, not really. But falling oil prices will have very different effects on different regions of the United States, with those states that have benefited most from the shale boom hurt a lot even as most Americans gain.
The big losers will be in the Dakotas and Nebraska, but that whole region has a population not much bigger than that of Brooklyn. The big enchilada is Texas; so how big a deal will the oil slump be there?
Pretty big. If you look at the BEA regional data, you learn that mining output nationally is up a lot — 39 percent between 2007 and 2013 — but that this is still fairly small change on a national basis, 0.7 percent of 2007 GDP. However, more than half the mining growth took place in Texas, which was only 8 percent of the national economy. So in Texas mining directly contributed 4.7 percent to GDP; if we use a multiplier of 1.5, which is what the best research suggests, we conclude that the shale boom added 7 percent to Texas’s growth — and what shale giveth, shale may now take away.
We’re not talking real disaster here. I mean, it’s not as if Texas is a one-party state with a culture of corruption and crony capitalism. Oh, wait. But seriously, we surely aren’t looking at a Russia-style crisis. We could, however, be looking at a situation in which Texas is sliding into recession even as the rest of the country is doing fairly well. That is, after all, what happened after the 1985 oil price collapse:
Should be interesting to watch.
Mosca sul Brazos[1]
Va bene, non proprio così. Ma la caduta del prezzo del petrolio avrà effetti molto diversi sulle diverse regioni degli Stati Uniti, con quegli Stati che hanno beneficiato più di tutti dal boom delle scisti che subiranno un danno, anche se molti americani ci guadagneranno.
I grandi perdenti saranno nel Dakota e nel Nebraska, ma tutta quella regione ha una popolazione non più grande di quella di Brooklyn. Ma la grande questione è il Texas; dunque quanto sarà grande in quello Stato la faccenda del crollo del petrolio?
Abbastanza grande. Se guardate ai dati regionali del Bureau of Economic Analysis, apprendete che la produzione mineraria nazionale è cresciuta molto – il 39 per cento dal 2007 al 2013 – ma che questo è ancora un cambiamento abbastanza modesto su basi nazionali, lo 0,7 per cento del PIL del 2007. Tuttavia, più della metà della crescita mineraria ha avuto luogo nel Texas, che era solo l’8 per cento dell’economia nazionale. Dunque, la attività mineraria in Texas ha contribuito direttamente per il 4,7 per cento al PIL [2]; se utilizziamo un moltiplicatore di 1,5, che è quanto suggerito dalla migliore ricerca, concludiamo che il boom delle scisti ha aumentato del 7 per cento la crescita del Texas – e quello che le scisti danno, adesso le scisti possono togliere.
Non stiamo parlando, in questo caso, di un disastro vero e proprio. Voglio dire, non è come se il Texas fosse uno Stato a partito unico con una cultura di corruzione ed un capitalismo clientelare. Ma, non è detto. Eppure, seriamente, non stiamo certamente dinanzi ad una crisi del tipo di quella della Russia. Potremmo, tuttavia, assistere ad una situazione nella quale il Texas scivola nella recessione anche se il resto del Paese se la cava discretamente bene. Questo, in fondo, è quanto accadde dopo il collasso del prezzo del petrolio nel 1985:
Dovrebbe essere interessante osservare.
[1] Il Brazos è un fiume che scorre nel Texas e sfocia nel Golfo del Messico, in prossimità di Houston. Vicino a quel fiume, ancora a nord di Houston, venne fondata, quando il Texas faceva ancora parte del Messico, una cittadina che venne chiamata Washington on-the-brazos, probabilmente perché nel 1836 fu sede della convenzione con la quale i delegati firmarono la dichiarazione di indipendenza del Texas. A seguito di essa venne dato vita ad un governo ad interim, poi gli abitanti vennero evacuati per l’intervento dell’esercito spagnolo, ma alla fine la cittadina ebbe quel nome definitivo. Che ora è oggetto dello scherzo di Krugman.
[2] Mi pare, chiaramente, al PIL del Texas.
By mm
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