Dec 23 10:19 am
David Beckworth has a good post pointing out that the Fed has been signaling all along that the big expansion in the monetary base is a temporary measure, to be withdrawn when the economy improves. And he argues that this vitiates the effectiveness of quantitative easing, citing many others with the same view. My only small peeve is that you might not realize from his list that I made this point sixteen years ago, which I think lets me claim dibs. Yes, I’m turning into one of those crotchety old economists who says in response to anything, “It’s trivial, it’s wrong, and I said it decades ago.”
Beckworth offers as an example of how it should be FDR’s exit from the gold standard, which was expected to — and actually did — signal a permanent increase in the monetary base. Indeed, if you want to get monetary traction at the zero lower bound, that’s how to do it.
The point, however, is that this says that effective monetary policy in a liquidity trap requires both an actual and a perceived regime change, and that’s very hard to engineer. Japan may be pulling it off now, but only after 15 years of deflation — and even so the achievement is very fragile, vulnerable to fiscal tightening. Was there ever a realistic possibility of getting that in America, this time around?
I wrote about this back in 2011, explaining why I devoted my efforts in 2009 to pushing for fiscal stimulus. It seemed obvious to me that the Fed viewed the crisis as temporary, and was just not going to be willing (or even able) to commit to a permanent change in policy, especially with all the sniping it faced from the right. And that’s still true now, even after six years at the zero lower bound.
This is why I get annoyed with statements along the lines of “the Fed has pursued a tight-money policy”. We can argue about definitions, but that doesn’t get very well at the reality, which is “The Fed hasn’t been willing to commit to a permanent regime change in the face of what it considers a temporary problem.” And even if it had been willing to make that commitment, would people have believed it, enough to get the desired results?
The point is that going off the gold standard isn’t something you get to do very often. And anything non-gold — anything that isn’t the moral equivalent of that departure — is likely to be, and be seen as, ephemeral.
Niente è stabile in modo paragonabile all’abbandono dell’oro [1]
David Beckworth pubblica un buon pezzo con il quale mette in evidenza che la Fed è venuta segnalando sin dall’inizio che la grande espansione della base monetaria è una misura temporanea, da eliminare al momento in cui l’economia migliori. E sostiene che questo invalida l’efficacia della ‘facilitazione quantitativa’, citando molti altri che hanno espresso lo stesso punto di vista. Il mio solo piccolo fastidio è che dalla sua lista potreste non comprendere che io avanzai tale osservazione sedici anni orsono, la qualcosa penso mi valga un qualche diritto di prelazione. E’ così: mi sto trasformando in uno di quei vecchi economisti permalosi che, in risposta a tutto, dicono: “E’ banale, è sbagliato, e l’ho detto decenni orsono”.
Beckworth offre, come esempio di come avrebbe dovuto essere, l’uscita di Franklin Delano Roosevelt dal gold standard, che era attesa come un segnale di incremento permanente nella base monetaria, ed effettivamente fu tale. In effetti, se volete ottenere una trazione monetaria al livello inferiore dello zero (dei tassi di interesse), quello è il modo di farlo.
Il punto, tuttavia, è che questo dice che una efficace politica monetaria in una trappola di liquidità richiede un cambiamento di regime sia effettivo che percepito tale, e questo è difficile da congegnare. Forse il Giappone sta oggi riuscendoci, ma solo dopo 15 anni di deflazione – ed anche così il risultato è molto fragile, vulnerabile ad una restrizione della finanza pubblica. C’è mai stata, in questa occasione, la possibilità realistica di ottenere una cosa del genere in America?
Scrissi a questo proposito nel passato 2011, spiegando perché nel 2009 avevo indirizzato i miei sforzi a spingere per misure di sostegno della spesa pubblica. Mi sembrava evidente che la Fed considerasse la crisi come temporanea, e non si indirizzava proprio ad avere la volontà (o anche la capacità) di impegnarsi in un cambiamento permanente della politica, in particolare con tutta quell’opera di cecchinaggio proveniente dalla destra che si trovava a fronteggiare. E ciò è ancora vera oggi, persino dopo sei anni al limite inferiore dello zero.
Questa è la ragione per la quale ero infastidito dalle dichiarazioni del genere “la Fed ha perseguito una politica di restrizione monetaria”. Possiamo disputare sulle definizioni, ma quella non si attaglia affatto bene alla realtà, che è “la Fed non ha intenzione di impegnarsi in un cambiamento permanente di regime a fronte di quello che considera una problema temporaneo”. E persino se avesse avuto voglia di far proprio quell’impegno, la gente ci avrebbe creduto abbastanza da ottenere i risultati sperati?
Il punto è che uscire dal gold standard non è qualcosa che capita molto spesso. E tutto quello che è diverso dall’oro – tutto quello che non è l’equivalente morale di quell’abbandono – è probabile che sia effimero, e sia considerato tale.
[1] Ovviamente è una traduzione ‘libera’, ma il senso del post – vedi le conclusioni – mi pare quello.
By mm
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