Dec 9 8:06 am
Tim Duy, in the course of a discussion of the outlook for Fed policy, reminds us of the spring of 2011, when headline inflation had risen a lot mainly due to oil prices. He portrays Ben Bernanke as being all alone in insisting that the inflation bump was a blip, and would soon fade away. Actually, that’s not quite right; as far as I recall, most saltwater economists agreed. I was writing about it often. And the Fed, after all, routinely focuses on core inflation rather than headline numbers. Still, Bernanke was definitely under pressure.
What Duy doesn’t say is that the inflation fight of 2011 was about more than inflation; it was another aspect of the fight over how the economy works – and another big victory for the Keynesian view. The concept of core inflation arises out of the notion that most prices are “sticky”, revised only on occasion, and that when they are revised they are set taking into account expected inflation over some length of time looking forward.
As I tried to explain early on, this means that we need to distinguish between an underlying, sluggish inflation rate that is hard either to increase or reduce, and fluctuations around that rate reflecting more volatile prices. Standard measures of core inflation are imperfect ways of getting at this distinction, but they are vastly better than the headline numbers – and have been hugely vindicated by the experience of recent years. So I’m glad to see all the people who issued dire warnings about inflation in 2011 acknowledging that they had the wrong model. Hahahahaha.
And yes, this means that you should discount the effects of falling oil prices in the same way you discount the effects of rising oil prices. I would nonetheless urge the Fed to hold off on rate hikes, but for different reasons – the asymmetry in risks between raising rates early and raising them late. And I worry that the Fed may be losing the thread here (hi Stan!). But that’s another topic.
Profili di inflazione sostanziale
Tim Duy, nel corso di un dibattito sulle prospettive per la politica della Fed, ci ricorda della primavera del 2011, quando l’inflazione ‘apparente’ [1] ebbe una notevole crescita dovuta principalmente ai prezzi del petrolio. Egli ci descrive un Ben Bernanke isolato nel ribadire che la ‘gobba’ dell’inflazione era sostanzialmente un’apparenza, e sarebbe rapidamente svanita. Per la verità, questo non è del tutto giusto: per quanto io ricordi, molti economisti dell’”acqua salata” [2] erano d’accordo. E, dopo tutto, la Fed normalmente si concentra sull’inflazione sostanziale piuttosto che sui dati complessivi. Eppure, Bernanke sicuramente finì sotto pressione.
Quello che Duy non dice è che la battaglia per l’inflazione del 2001 riguardò altro oltre all’inflazione; essa fu un altro aspetto della battaglia relativa a come l’economia funziona – ed un altro grande successo per il punto di vista keynesiano. Il concetto di inflazione sostanziale deriva dall’idea che gran parte dei prezzi sono “vischiosi”, vengono modificati solo occasionalmente, e che quando sono rivisitati sono fissati in modo da mettere nel conto l’inflazione attesa per un certo periodo di tempo in avanti.
Come cercai di spiegare dagli inizi, questo significa che abbiamo bisogno di distinguere tra un sottostante, fiacco tasso di inflazione che è difficile sia incrementare che ridurre, e fluttuazioni attorno a quel tasso che riflettono prezzi più volatili. Le misure standard dell’inflazione sostanziale sono modi imperfetti per dar conto di questa distinzione, ma sono enormemente migliori dei dati complessivi – e sono state ampiamente confermate dalla esperienza degli anni recenti. Sono dunque contento di constatare che le persone che misero in giro ammonimenti terribili sull’inflazione del 2011 riconoscono di aver avuto il modello sbagliato. (Risata fragorosa!)
E sì, questo significa che si dovrebbe non considerare gli effetti della caduta dei prezzi del petrolio, nello stesso modo in cui non si considerano gli effetti dell’aumento dei prezzi del petrolio. Vorrei nondimeno sollecitare la Fed ad astenersi da aumenti del tasso, ma per diverse ragioni – la asimmetria dei rischi tra l’aumentare i tassi prematuramente e l’aumentarli tardivamente. E sono preoccupato che in questo caso la Fed stia perdendo il filo (ehi, Stan! [3]). Ma questa è un’altra faccenda.
[1] Normalmente si traduce “headline inflation” con “inflazione complessiva” – ovvero con il calcolo sulla inflazione che include tutti i prezzi, compresi quelli maggiormente volatili delle materie prime e dei prodotti energetici. Di contro, si traduce “core inflation” con “inflazione sostanziale”, perché l’esclusione di tali beni consente di cogliere con maggiore esattezza gli andamenti reali, eliminando i fattori normalmente fluttuanti. Poiché è in questo senso che spesso Krugman ed altri usano i due termini, talora traduco “headline inflation” con inflazione ‘apparente’, che è quello che in sostanza si intende. Vedi anche alle note sulla traduzione.
[2] Per “freshwater and saltwater economist” vedi le note sulla traduzione.
[3] Dovrebbe trattarsi di Stan Fisher, un economista originario dello Zambia e di recente approdato alla Fed – nel ruolo di vice della Yellen – dopo un lungo periodo come Governatore alla Banca centrale di Israele.
By mm
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