December 7, 2014 7:22 pm
Brad DeLong is puzzled by some of what Ken Rogoff has to say about Japan, specifically his warning that Japan could face an attack from invisible bond vigilantes if it doesn’t quickly tackle long-run fiscal issues. I’m puzzled too, although it’s not just Rogoff — quite a few sensible people say similar things, and the truth is that I said such things about the US back in 2003.
But I was wrong, for reasons I laid out at length in my Mundell-Fleming lecture at the IMF last year. And in an important way I was just reiterating points that should have been clear from Rogoff’s own Mundell-Fleming lecture (pdf), back in 2001. And I’m a bit surprised that Ken doesn’t see it that way.
Back in 2001 Ken surveyed the impact of Rudi Dornbusch’s “overshooting” model of exchange rates, which had an enormous impact on international macroeconomics, and arguably saved it from much of the nonsense that afflicted domestic macro. At the core of Rudi’s analysis was his resolution of what might seem like a paradox. Here’s the question: Suppose that for some reason a central bank increases the money supply, and that everyone believes that the increase is permanent. What happens to the exchange rate?
As Rudi pointed out, just about everyone agrees that in the long run the currency must depreciate, roughly in proportion to the money expansion. But in the short run, in a world of sticky prices — and anyone who looks at real exchange rates knows that we do, indeed, live in a world of sticky prices — the money expansion reduces interest rates. Now the seeming paradox: offered a lower interest rate than they can get in other countries, investors won’t want to hold a country’s bonds unless they expect its currency to rise; yet given the money increase, we should expect the currency to fall.
Rudi’s answer was that the currency must overshoot: it must drop below its long run value, so that it can be expected to rise thereafter, like this:
Which brings us to the invisible bond vigilantes. Suppose that they are really out there, and that they suddenly demand that Japanese 10-year bonds offer a rate of return 200 basis points higher than US 10-year bonds. You might be tempted to say that Japanese interest rates will spike — but the Bank of Japan controls short-term rates, and long-term rates are mainly an average of expected short-term rates, so how is this supposed to happen?
No, the resolution of the puzzle is that rates wouldn’t rise. Instead, the yen would depreciate now so that investors can expect it to appreciate later. And this yen depreciation would be expansionary, not contractionary, in its effects on the Japanese economy. Given Japan’s current situation, the invisible vigilantes would be doing Japan a favor if they suddenly materialized and attacked!
I’ve had many discussions with smart people about this, and have never gotten an explanation of why it’s wrong; we usually end up with something like a warning that Japanese deflation might suddenly turn into uncontrolled inflation, which seems unlikely and certainly isn’t the way the warnings are usually phrased — we’re supposed to worry about turning into Greece 2010, not Weimar 1923.
You might think that what we’re talking about is the lessons of history — but as far as I can tell, there are no historical examples of countries with debts in their own currency facing a Greek-style crisis. As I say in the linked paper, the closest I can find is the French franc crisis of the 1920s, and the fall of the franc was inflationary and expansionary, not contractionary.
And it seems very strange to be lecturing Japan about the dangers of a crisis you can neither explain clearly in terms of an economic model nor justify by appeal to any relevant historical precedent.
Shinzo e gli invisibili
Brad DeLong è sconcertato da quello che Ken Rogoff ha da dire sul Giappone, in particolare per il suo ammonimento che il Giappone potrebbe subire un attacco dagli invisibili ‘guardiani dei bond’ [1] se rapidamente non affronta i temi di lungo periodo della finanza pubblica. Sono sconcertato anch’io, sebbene non si tratti solo di Rogoff – un certo numero di persone ragionevoli dicono cose simili e la verità è che io dissi cose del genere sugli Stati Uniti nel passato 2003.
Ma avevo torto, per ragioni che ho esposto per esteso in occasione della mia conferenza al FMI in onore di Mundell-Fleming l’anno scorso [2]. E in un certo senso avevo ribadito concetti che dovevano essere chiari dalla conferenza dello stesso Rogoff in occasione della conferenza Mundell-Fleming del passato 2001 (disponibile in pdf). E sono un po’ sorpreso che Ken non veda in che senso.
Nel passato 2001 Ken esaminò l’impatto del modello relativo ai tassi di cambio che “oltrepassano il bersaglio”, che ebbe un effetto enorme nella macroeconomia internazionale, e probabilmente la salvò da molte delle insensatezze che affliggono la teoria economica relativa ad una nazione singola. Al centro della analisi di Rudi ci fu la sua soluzione a quello che poteva sembrare un paradosso. Ecco la domanda: supponiamo che per qualche ragione una banca centrale aumenti l’offerta di denaro, e che tutti credano che l’incremento sia permanente. Cosa accade al tasso di cambio?
Come Rudi mise in evidenza, praticamente tutti concordano che nel lungo periodo la valuta deve deprezzarsi, grosso modo in proporzione alla espansione monetaria. Ma nel breve periodo, in un mondo di prezzi vischiosi – e tutti quelli che osservano i tassi di cambio reali sanno che in effetti viviamo per davvero in un mondo di prezzi vischiosi – l’espansione della base monetaria riduce i tassi di interesse. Da qui l’apparente paradosso: gli investitori, dinanzi all’offerta di un tasso di interesse più basso di quello che possono ottenere in altri paesi, non vorranno detenere i bond di un paese se non si aspettano che la sua valuta cresca di valore; tuttavia, dato l’aumento della base monetaria, ci dovremmo aspettare cha la valuta riduca il suo valore.
La risposta di Rudi fu che la valuta deve “oltrepassare il bersaglio”: essa deve scendere al di sotto del suo valore di lungo periodo, cosicché ci si possa aspettare che salga successivamente, in questo modo:
La qualcosa ci riporta agli invisibili ‘guardiani dei bond. Supponiamo che essi esistano realmente da qualche parte, e che essi all’improvviso chiedano che i bond decennali giapponesi offrano un tasso di rendimento superiore di 200 punti base ai bond decennali statunitensi. Sareste tentati di dire che i tassi di interesse debbano avere un’impennata – ma i tassi di interesse a breve termine sono controllati dalla Banca del Giappone, ed i tassi di interesse a lungo termine sono principalmente in media con le aspettative sui tassi a breve, cosicché come si pensa che accada?
No, la soluzione del mistero è che i tassi non crescerebbero. Piuttosto, lo yen a quel punto si svaluterebbe, cosicché gli investitori possano aspettarsi che si rivaluti in seguito. E questa svalutazione dello yen avrebbe effetti espansivi, non di contrazione, sull’economia giapponese. Data la attuale situazione del Giappone, i guardiani invisibili farebbero un favore al Giappone se di punto in bianco si materializzassero ed andassero all’attacco!
Ho avuto molte discussioni con persone acute su questo aspetto, e non ho mai ricevuto una spiegazione del perché sarebbe sbagliato; di solito finiamo con qualcosa di simile ad una messa in guardia che la deflazione giapponese potrebbe all’improvviso trasformarsi in una inflazione incontrollata, la qualcosa sembra improbabile e certamente non è il modo in cui gli ammonimenti vengono normalmente espressi – si suppone che ci si preoccupi di finire come la Grecia del 2010, non come la Germania del 1923.
Potreste pensare che stiamo ragionando delle lezioni della storia – ma, per quanto possa dire, non ci sono esempi storici di paesi con debiti nella loro valuta che si trovano dinanzi ad una crisi sul modello greco. Come ho detto nel saggio cui mi sono riferito, il caso più vicino che posso trovare è la crisi del franco degli anni ’20, e la caduta del franco fu inflazionistica ed espansiva, non ebbe effetti restrittivi.
E sembra molto strano che si facciano prediche sui pericoli di una crisi che non si può né spiegare chiaramente in termini di modello economico né giustificare facendo appello a qualsiasi rilevante precedente storico.
[1] Vedi le note sulla traduzione a “bonds vigilantes”.
[2] Tradotta in questo blog, alla sezione “Saggi, articolo su riviste di Krugman ed altri” (“Regimi valutari, flussi di capitali e crisi”, 27 ottobre 2013).
By mm
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