January 22, 2015 7:34 pm
I ran into Olivier Blanchard over breakfast the other day. This isn’t as prosaic as it sounds, because we were both in Hong Kong. On the other hand, that in turn isn’t as much of a coincidence as it might seem, because there was a big financial conference here, and the set of economists who get invited to such things isn’t that extensive. More broadly, many of the people who either make monetary policy or comment on it from fairly influential perches are members of what you might call the 1970s Cambridge mafia. Olivier, Ben Bernanke, Ken Rogoff, Mario Draghi, and your truly all overlapped at MIT in the mid-70s; Larry Summers was at Harvard at the same time, taking courses at MIT; just about everyone was Stan Fischer’s student.
I mention this not to claim membership of an exclusive club, but by way of noting that most of this group shares fairly similar views about how policy works. It’s always funny when people paint me as some kind of wild Marxist, with views on monetary and fiscal policy completely outside the mainstream; I may write forcefully, but on the substance there’s usually very little difference between what I say and what my ultra-respectable former schoolmates say.
Which brings me to the point. Unusually, Olivier and I do have a significant disagreement right now, over US monetary policy (this isn’t insider info — he told the conference about it later that day). I’m very worried that the Fed may be gearing up to raise rates too soon; he’s sanguine, considering the risk of a Japan-type trap in the US minimal and the case for a rate hike this year solid.
And when I look around I realize that our disagreement over coffee is part of a wider split. Among the Cambridge mafia, and in general among policy-oriented, more or less Keynesian types, there’s a surprisingly sharp divide over near-term US monetary policy. And the divide seems to depend on one thing: whether the economist in question is currently in a policy position. Larry has had his time running the world, but right now he sounds exactly like me:
“Deflation and secular stagnation are the threats of our time. The risks are enormously asymmetric,” said Larry Summers, the former US Treasury Secretary. “There is no confident basis for tightening. The Fed should not be fighting against inflation until it sees the whites of its eyes.”
And I mean exactly:
Don’t tighten until you see the whites of inflation’s eyes — and at this point there is absolutely zero sign that inflation is nigh.
So why this divide? We don’t have access to different facts; we don’t, in any fundamental sense, have different economic models. It’s an uncertain world, but why do those in office come down on one side of that uncertainty, while those outside come down on the other?
Well, even smart, flexible people can fall prey to incestuous amplification. And I worry that this is what is happening to the insiders. On the whole, it seems less likely for the outsiders, although it’s true that the Keynesian econoblogs form what amounts to a tight ongoing discussion group that could be doing some amplification of its own:
But if you ask me, there’s a worrying complacency among the insiders right now, and I would urge them to consider the potential consequences if they’re wrong.
Addetti e non addetti ai lavori e la politica monetaria degli Stati Uniti
L’altro giorno, durante la colazione, mi sono imbattuto in Olivier Blanchard. Non è così banale come sembra, perché eravamo entrambi ad Hong Kong. D’altra parte, anch’essa non è una coincidenza come potrebbe sembrare, giacché c’era una grande conferenza sui temi della finanza, e il gruppo di economisti che vengono invitati a cose del genere non è così ampio. Più in generale, molte delle persone che fanno la politica monetaria o la commentano da posizioni discretamente influenti, sono membri di quella che potreste chiamare la ‘mafia di Cambridge degli anni ’70’. Olivier, Ben Bernanke, Ken Rogoff, Mario Draghi e il sottoscritto, alla metà degli anni ’70, facevano gruppo al MIT; nello stesso tempo Larry Summers era ad Harvard, frequentando corsi al MIT; erano proprio quasi tutti allievi di Stan Fischer.
Ricordo questo non per vantare l’appartenenza ad un club esclusivo, ma come un modo per osservare che la maggioranza dei componenti di questo gruppo condividono punti di vista abbastanza simili su come funziona la politica. E’ sempre divertente quando alcuni mi ritraggono come un marxista sfegatato, con opinioni sulla politica monetaria e della finanza pubblica completamente estranee all’orientamento prevalente; io posso scrivere con una certa veemenza, ma nella sostanza normalmente c’è davvero poca differenza tra quello che dico e quello che sostengono i miei ultra-rispettabili colleghi di università di un tempo.
La qualcosa mi porta all’argomento. Insolitamente, in questo momento Olivier ed io abbiamo davvero un disaccordo significativo, sulla politica monetaria degli Stati Uniti (questa non è una informazione per addetti – l’ha detto lui alla conferenza, successivamente nello stesso giorno). Io sono molto preoccupato che la Fed si stia preparando ad elevare i tassi troppo presto; lui è ottimista, considera il rischio di una trappola del tipo di quella del Giappone minimo nel caso degli Stati Uniti, e considera valida la tesi di un rialzo dei tassi durante quest’anno.
E quando mi guardo intorno mi viene in mente che il nostro disaccordo nel mentre si beveva il caffè è parte di una spaccatura più ampia. All’interno della ‘mafia di Cambridge’, e più in generale tra gli individui più o meno keynesiani interessati alla politica, c’è una divisione sorprendentemente aspra sulla politica monetaria a medio termine negli Stati Uniti. E la divisione sembra dipendere da una cosa: se l’economista in questione abbia attualmente un incarico politico. Larry ha avuto i suoi giorni di impegno a giro per il mondo, ma in questo momento dice cose esattamente simili a me:
“La deflazione e la stagnazione secolare sono le minacce del nostro tempo. I rischi sono enormemente asimmetrici” ha detto Larry Summers, il passato Segretario al Tesoro degli Stati Uniti. “Non c’è alcun fondamento sicuro per una restrizione. La Fed non dovrebbe mettersi a combattere contro l’inflazione, sinché non ce l’ha di fronte agli occhi.”
Ed è esattamente quello che io intendo:
“Non procedete ad una stretta sinché non avete l’inflazione dinanzi agli occhi – e a questo punto non c’è assolutamente alcun segno che l’inflazione sia vicina.”
Perché dunque questa divisione? Noi non siamo al corrente di fatti diversi; in nessun senso sostanziale ci riferiamo a modelli economici diversi. E’ il mondo che è incerto, ma perché coloro che hanno incarichi pubblici si collocano da una parte di quella incertezza, mentre coloro che ne sono fuori si collocano dall’altra?
Ebbene, persino persone intelligenti e sensibili possono finire preda delle ‘incestuose amplificazioni’ [1]. Ed io temo che sia questo che sta accadendo agli ‘addetti ai lavori’. Nel suo complesso, ciò sembra meno probabile per i non addetti, sebbene sia vero che i blog economici di orientamento keynesiano formano quello che corrisponde ad un ristretto gruppo di ininterrotto dibattito che potrebbe essere indotto ad una qualche ‘amplificazione’ di se stesso [2]:
Ma, se volete il mio parere, in questo momento c’è una preoccupante compiacenza tra gli addetti ai lavori, ed io vorrei sollecitarli a considerare le potenziali conseguenze di un loro errore.
[1] Espressione (del tutto sproporzionata, direi) con la quale a suo tempo ufficiali del Pentagono descrissero la tendenza – nel giudicare le situazioni – ad essere suggestionati dai modi consueti di vedere e/o dall’interesse a vedere le cose in modo simile, in un ambiente dato. Credo fosse in corso la guerra in Iraq, e l’ufficiale si riferisse alla tendenza a descrivere gli andamenti di tale evento in modo favorevole alla sua parte. Banalmente, si potrebbe dire “suggestionati dalla propaganda”, nel senso che la propaganda si riproduce e si rafforza in un gruppo omogeneo.
[2] La buffa immagine apparve tempo fa su un blog, e si riferiva agli economisti Paul Krugman e Brad DeLong, mostrati come gatti inestricabilmente legati l’uno all’altro.
By mm
E' possibile commentare l'articolo nell'area "Commenti del Mese"