JAN. 18, 2015
It’s now official: 2014 was the warmest year on record. You might expect this to be a politically important milestone. After all, climate change deniers have long used the blip of 1998 — an unusually hot year, mainly due to an upwelling of warm water in the Pacific — to claim that the planet has stopped warming. This claim involves a complete misunderstanding of how one goes about identifying underlying trends. (Hint: Don’t cherry-pick your observations.) But now even that bogus argument has collapsed. So will the deniers now concede that climate change is real?
Of course not. Evidence doesn’t matter for the “debate” over climate policy, where I put scare quotes around “debate” because, given the obvious irrelevance of logic and evidence, it’s not really a debate in any normal sense. And this situation is by no means unique. Indeed, at this point it’s hard to think of a major policy dispute where facts actually do matter; it’s unshakable dogma, across the board. And the real question is why.
Before I get into that, let me remind you of some other news that won’t matter.
First, consider the Kansas experiment. Back in 2012 Sam Brownback, the state’s right-wing governor, went all in on supply-side economics: He drastically cut taxes, assuring everyone that the resulting boom would make up for the initial loss in revenues. Unfortunately for his constituents, his experiment has been a resounding failure. The economy of Kansas, far from booming, has lagged the economies of neighboring states, and Kansas is now in fiscal crisis.
So will we see conservatives scaling back their claims about the magical efficacy of tax cuts as a form of economic stimulus? Of course not. If evidence mattered, supply-side economics would have faded into obscurity decades ago. Instead, it has only strengthened its grip on the Republican Party.
Meanwhile, the news on health reform keeps coming in, and it keeps being more favorable than even the supporters expected. We already knew that the number of Americans without insurance is dropping fast, even as the growth in health care costs moderates. Now we have evidence that the number of Americans experiencing financial distress due to medical expenses is also dropping fast.
All this is utterly at odds with dire predictions that reform would lead to declining coverage and soaring costs. So will we see any of the people claiming that Obamacare is doomed to utter failure revising their position? You know the answer.
And the list goes on. On issues that range from monetary policy to the control of infectious disease, a big chunk of America’s body politic holds views that are completely at odds with, and completely unmovable by, actual experience. And no matter the issue, it’s the same chunk. If you’ve gotten involved in any of these debates, you know that these people aren’t happy warriors; they’re red-faced angry, with special rage directed at know-it-alls who snootily point out that the facts don’t support their position.
The question, as I said at the beginning, is why. Why the dogmatism? Why the rage? And why do these issues go together, with the set of people insisting that climate change is a hoax pretty much the same as the set of people insisting that any attempt at providing universal health insurance must lead to disaster and tyranny?
Well, it strikes me that the immovable position in each of these cases is bound up with rejecting any role for government that serves the public interest. If you don’t want the government to impose controls or fees on polluters, you want to deny that there is any reason to limit emissions. If you don’t want the combination of regulation, mandates and subsidies that is needed to extend coverage to the uninsured, you want to deny that expanding coverage is even possible. And claims about the magical powers of tax cuts are often little more than a mask for the real agenda of crippling government by starving it of revenue.
And why this hatred of government in the public interest? Well, the political scientist Corey Robin argues that most self-proclaimed conservatives are actually reactionaries. That is, they’re defenders of traditional hierarchy — the kind of hierarchy that is threatened by any expansion of government, even (or perhaps especially) when that expansion makes the lives of ordinary citizens better and more secure. I’m partial to that story, partly because it helps explain why climate science and health economics inspire so much rage.
Whether this is the right explanation or not, the fact is that we’re living in a political era in which facts don’t matter. This doesn’t mean that those of us who care about evidence should stop seeking it out. But we should be realistic in our expectations, and not expect even the most decisive evidence to make much difference.
L’odio per il buongoverno, di Paul Krugman
New York Times 18 gennaio 2015
Adesso è ufficiale: il 2014 è stato l’anno più caldo della storia. Vi aspettereste che questa sia una pietra miliare politicamente importante. Dopo tutto, i negazionisti del cambiamento climatico hanno per lungo tempo utilizzato l’evento particolare del 1998 – una anno insolitamente caldo, principalmente dovuto da una risalita di acque calde nel Pacifico – per sostenere che il pianeta aveva smesso di riscaldarsi [1]. Questa pretesa dipende da una completa incomprensione su come ci si deve comportare nell’identificare le tendenze profonde (un consiglio: non scegliete le vostre osservazioni in modo strumentale). Ma ora, persino quell’argomento fasullo è crollato. Dunque, adesso i negazionisti ammetteranno che il cambiamento climatico è nei fatti?
Niente affatto, naturalmente. Le prove non contano nel “dibattito” sulla politica del clima, laddove metto tra virgolette il termine “dibattito” perché, data l’evidente irrilevanza della logica e delle prove, esso non è un vero e proprio dibattito nel senso comune. E questa situazione non è affatto unica. In effetti, a questo punto è difficile pensare ad una importante discussione politica nella quale i fatti contino qualcosa; siamo in presenza di dogmi, dappertutto. E la vera domanda è come mai.
Prima di venire a questo punto, vorrei rammentarvi qualche altra notizia che non avrà peso.
In primo luogo, si consideri l’esperimento del Kansas. Nel passato 2012 Sam Brownback, il Governatore di destra dello Stato, si giocò il tutto per tutto con l’economia dal lato dell’offerta [2]: tagliò drasticamente le tasse, assicurando tutti che la conseguente grande espansione avrebbe rimediato all’iniziale caduta delle entrate. Disgraziatamente per i suoi elettori, il suo esperimento è stato un fallimento fragoroso. L’economia del Kansas, lungi dal fare un balzo, è rimasta indietro rispetto alle economie degli Stati limitrofi, ed oggi il Kansas è in una crisi delle finanze pubbliche.
Cosicché noi vedremo i conservatori ridimensionare le loro pretese sulla magica efficacia degli sgravi fiscali come forma di stimolo all’economia? No, naturalmente. Se le prove contassero, l’economia dal lato dell’offerta sarebbe svanita nell’oscurità decenni orsono. Invece, essa ha soltanto rafforzato la sua presa sul Partito Repubblicano.
Nel frattempo, continuano ad arrivare le novità sulla riforma sanitaria, e continuano ad essere più favorevoli persino di quello che si aspettavano i suoi sostenitori. Sapevamo già che il numero degli americani privi di assicurazione sta diminuendo velocemente, persino mentre la crescita dei costi della assistenza sanitaria è contenuta. Ora abbiamo anche le prove che il numero degli americani che fanno esperienza di difficoltà finanziarie a seguito di spese sanitarie sta calando rapidamente.
Tutto questo è completamente all’opposto delle terribili previsioni secondo le quali la riforma avrebbe portato ad una diminuzione della copertura assicurativa ed avrebbe fatto salire i costi alle stelle. Vedremo dunque qualcuno, tra coloro che sostenevano che la riforma sanitaria di Obama era condannata al completo fallimento, rivedere la propria posizione? La risposta la conoscete.
E la lista continua. Sui temi che spaziano dalla politica monetaria al controllo delle malattie infettive, un bel pezzo del corpo politico degli Stati Uniti mantiene punti di vista che sono del tutto all’opposto delle esperienze effettive, e completamente impermeabili ad esse. Né conta di cosa si tratti, il fenomeno riguarda sempre lo stesso gruppo di individui. Se venite coinvolti in qualcuna di queste discussioni, sapete che queste persone non sono combattenti gioiosi; sono individui arrabbiati col volto paonazzo, particolarmente infuriati contro i sapientoni che altezzosamente mettono in evidenza che i fatti non sostengono le loro posizioni.
La domanda, come ho detto all’inizio, è perché. Perché il dogmatismo? Perché la rabbia? E perché queste tematiche vanno a braccetto, con il complesso delle persone che pretendono che il cambiamento climatico sia una bufala che è quasi lo stesso di coloro che pretendono che ogni tentativo di fornire una assicurazione sanitaria universale debba portare al disastro ed alla tirannia?
Ebbene, mi colpisce che la posizione irremovibile, in ciascuno di questi casi, sia legata al rigetto di ogni possibile ruolo del governo al servizio del pubblico interesse. Se non si vuole che il Governo imponga controlli o tasse sugli inquinatori, è come si negasse che ci siano ragioni per limitare le emissioni. Se non si vuole la combinazione di regole, obblighi individuali e sussidi che è necessaria per estendere la assistenza sanitaria ai non assicurati, è come si negasse che una estensione della copertura assistenziale sia persino possibile. E gli argomenti sui poteri magici degli sgravi fiscali sono spesso poco più di un mascheramento di un programma reale tendente a paralizzare il Governo, affamandolo dal lato delle entrate.
E perché questa rabbia verso il governo nell’interesse pubblico? Ebbene, il politologo Corey Robin sostiene che la maggioranza dei sedicenti conservatori sono in effetti dei reazionari. Vale a dire, sono i difensori della gerarchia tradizionale – quel genere di gerarchia che è minacciata da ogni ampliamento delle funzioni pubbliche, persino (o forse particolarmente) quando tale ampliamento rende le esistenze dei cittadini comuni migliori e più sicure. Io sono favorevole a questa spiegazione, in parte perché contribuisce a spiegare perché la scienza del clima e l’economia sanitaria ispirino così tanto livore.
Che sia o meno la spiegazione giusta, il fatto è che stiamo vivendo in un periodo politico nel quale i fatti non contano. Questo non significa che quelli di noi che si preoccupano delle prove dovrebbero smettere di cercarle. Ma dovremmo essere realistici nelle nostre aspettative, e non ritenere che persino la prova più lampante faccia molta differenza.
[1] Questo è il diagramma che si trova nella connessione, che mostra i rilevamenti della NASA e della National Oceanic and Atmospheric Adiministration dal 1880 ad oggi. Come si può notare, l’argomento dei ‘negazionisti’ relativo all’anno 1998, probabilmente si riferiva al fatto che – dopo la punta di quell’anno – nei due anni successivi c’era stata un discesa. Il 1998 sembrava un evento fuori norma, e il periodo successivo veniva interpretato di conseguenza come un ritorno alla regolarità. In realtà, nel quindicennio successivo si è proseguito a livelli record.
[2] Come si è notato, questa espressione (“economia dal lato dell’offerta”), per quanto tipica del linguaggio tecnico, è frequente anche negli articoli più popolari di Krugman sul New York Times. Essa indica lo schema concettuale conservatore secondo il quale la politica economica deve limitarsi ad operare dal lato dell’offerta, ovvero ‘lasciar fare’ i soggetti economici e le logiche di mercato, semmai favorendo la loro capacità di produrre profitti, magari con sgravi fiscali. Dunque, niente riforme sanitarie, o sostegni alle categorie più deboli, o maggiore equità fiscale, che si configurerebbero economicamente come sostegni alla “domanda”, ovvero come una politica economica progressista o keynesiana.
By mm
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