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Quanto è stata positiva la ripresa del Regno Unito? di Simon Wren-Lewis (da Mainly Macro, 2 gennaio 2015)

 

Friday, 2 January 2015

How good has the UK recovery been?

By Simon Wren-Lewis

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In the next five months we will hear a lot about the strength of the UK recovery since 2013. Forget 2011 and 2012, certain people will say, it is finally coming good. To assess the validity of these claims, we can look at the latest ONS data for output per capita. It is important when comparing this recovery to previous experience to use GDP per capita rather than GDP, because population growth has been much more rapid in the last decade compared to the previous three. GDP per capita rather than GDP is a more relevant measure of average living standards. Here is the annual growth in UK GDP per head since 1980 (source: ONS).

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The recession of 1980/81 was followed by years of over 2% growth. The ‘ERM recession’ likewise. In contrast, after the 2008/9 recession we have had a very weak recovery. Even growth in 2013 is well below the 1971-2007 average of around 2.2%. Only in 2014 do we seem to have got back to trend. Here are recently quarterly growth rates.

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The trend quarterly growth rate is about 0.55%, so only in the last two quarters is there even a hint of exceeding that trend. So the best that can be claimed about growth so far is that we have in the last two years managed to return to trend growth. We have made no progress in getting back the ground that we lost in 2010-12, let alone recoup the ground lost in the recession.

 

Isn’t this true elsewhere? Only if we look at the Eurozone, which in 2013 also had levels of GDP per capita well below 2007 levels. In the US and Japan GDP per capita exceeded 2007 levels (just). So the UK has matched Eurozone performance, but without having to contend with an existential funding crisis.

 

Now maybe it might still be worth talking up the recovery if it included the promise of better times ahead. This could be the case, for example, if it had occurred despite a large rise in consumer savings, or because of a strong increase in net exports. Unfortunately in both cases the opposite is true: the current savings ratio appears pretty low, and our trade performance has been poor despite the depreciation during the crisis. This change in the terms of trade has also made consumers poorer than the GDP numbers would suggest.

 

So even if we exclude the years 2011 and 2012, this looks like a below par recovery by most standards. Economists who suggest otherwise are looking at their prejudices rather than the data. To what extent this is down to the government or something else is another issue. What it does suggest is that the government should be explaining why they have been unlucky, rather than boasting of their success.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quanto è stata positiva la ripresa del Regno Unito?

di Simon Wren-Lewis

Nei prossimi cinque mesi sentiremo parlare molto della forza della ripresa del Regno Unito a partire dal 2013. Alcuni diranno che, a parte il 2011 ed il 2012, le cose alla fine stanno risultando positive. Per confermare la validità di questi argomenti, possiamo osservare i dati sulla produzione procapite dell’Ufficio Nazionale di Statistica. Quando si confronta questa ripresa con l’esperienza precedente è importante utilizzare il PIL procapite anziché il PIL, perché la crescita della popolazione è stata molto più rapida nell’ultimo decennio a confronto con i tre precedenti. Il PIL procapite, anziché il PIL, è una misurazione più rilevante dei livelli di vita medi. Ecco la crescita annuale del PIL procapite a partire dal 1980 (fonte: Ufficio Nazionale di Statistica).

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La recessione del 1980/81 fu seguita da anni di crescita sopra il 2%. La ‘recessione dell’ERM’ [1] altrettanto. Di contro, dopo la recessione del 2008/9 abbiamo avuto una ripresa molto debole. Persino la crescita del 2013 è ben al di sotto della crescita media del 2,2% del periodo 1971-2007. Soltanto nel 2014 sembra che siamo tornati a quella tendenza. Ecco i tassi di crescita trimestrali del periodo recente.

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La tendenza del tasso di crescita trimestrale è attorno all0 0,55%, cosicché soltanto negli ultimi due trimestri c’è stato un cenno di superamento di quella tendenza. Dunque, il massimo che sino a questo punto si può sostenere sulla crescita è che negli ultimi due anni abbiamo cercato di ritornare alla crescita tendenziale. Non abbiamo fatto alcun progresso nel riguadagnare il terreno perduto nel 2010-12, per non dire di recuperare il terreno perduto nella recessione.

Non è così dappertutto? Solo se guardiamo all’eurozona, che anche nel 2013 aveva livelli di PIL procapite ben al di sotto dei livelli del 2007. Negli Stati Uniti e nel Giappone il PIL procapite eccedeva (appena) i livelli del 2007. Dunque il Regno Unito ha eguagliato la prestazione dell’eurozona, ma senza avere una crisi esistenziale di finanziamenti.

Ora, forse potrebbe essere tuttavia meritevole pubblicizzare la ripresa se essa avesse incluso un fattore di speranza di tempi migliori nel futuro. Sarebbe così, ad esempio, se essa fosse intervenuta nonostante una ampia crescita di risparmi tra i consumatori, o a causa di un forte incremento delle esportazioni nette. Sfortunatamente, in entrambi i casi è vero l’opposto: il tasso attuale di risparmi appare piuttosto basso e il nostro andamento commerciale è stato modesto nonostante la svalutazione nel corso della crisi. Questo cambiamento nei termini di scambio ha anche reso i consumatori più poveri di quello che suggerirebbero i dati del PIL.

Dunque, persino se escludiamo gli anni 2011 e 2012, questa sembra, secondo la maggioranza dei criteri, una ripresa inferiore alla media. Gli economisti che sostengono altre cose si riferiscono ai loro pregiudizi, piuttosto che ai dati. In quale misura questo sia da attribuire al Governo o a qualcosa altro è un tema diverso. Quello che davvero indica è che il Governo dovrebbe spiegare perché ha avuto sfortuna, invece che darsi delle arie per i propri successi.

 

 

[1] ERM sta per “Meccanismo del tasso di cambio”. La recessione nel Regno Unito del 1991, che dipese da alti tassi di interesse, da una caduta dei prezzi immobiliari e da un tasso di cambio sopravvalutato, dipese anche da tale meccanismo, che fu un fattore importante nel tenere i tassi di interesse più elevati di quello che sarebbe stato desiderabile.

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