Jan 22 9:28 pm
Mario Draghi pulled off a political triumph on QE, coming in with a program that is bigger and more open-ended than anyone expected. The goal was to jolt expectations, to convince markets that there has been a fundamental shift toward aggressiveness. And markets certainly moved in the right direction. But how much was achieved? Inquiring minds want to know — or at least I do. So I’ve done some back-of-the-envelope calculations on the question of how much Draghi managed to move inflation expectations.
A side note: many people seem to use the 5-year-5-year forward swap rate here, but that seems very strange to me; it’s a measure of expected inflation, not from 2015 to 2020, but of 2020 to 2025. Why, exactly, should that be the measure? It’s much more natural, I’d think, to just use 5-year or 10-year break-evens, the spread between index and nominal bonds.
So look at German yields (Germany because it’s presumably the safe asset of Europe). A week ago German index bonds coming due in 5 years yielded -.31, while ordinary bonds of the same maturity offered a slightly negative yield; so the implied prediction of inflation was about 0.3 percent over the next five years. Now the index yield is -.46, while nominal yield is slightly positive, implying expected inflation of around 0.5 percent. So that’s a 0.2 percentage point rise in the expected 5-year inflation rate.
At a 10-year horizon it seems to be a bit less but in the same ballpark, maybe 0.15 percentage points.
We can also estimate the effect indirectly, via the exchange rate. Not much change in the US-Germany interest differential, but around a 2 percent fall in the euro; as I explained in the linked post, this is consistent with a roughly 0.2 percent rise in expected euro area inflation over the next decade.
So, Draghi’s big announcement seems to have raised expected European inflation by one-fifth of a percentage point. That’s actually a lot to accomplish under the circumstances, but it’s also far too little to turn Europe around on its own. Great work, Mr. Draghi, but it’s going to take a lot more than this to save the day.
Quanto è stato ‘super’ Mario? (per esperti)
Mario Draghi ha messo a segno un trionfo politico sulla QE, presentandosi con un programma che è privo di scadenze e più grande di quanto tutti si aspettavano. L’obbiettivo era dare una scossa alle aspettative, convincere i mercati che c’era stata una svolta fondamentale nel senso dell’aggressività. Ed i mercati si sono mossi certamente nella direzione giusta. Ma quanto è stato realizzato? E’ ciò che vorrebbe sapere chi ha una mentalità indagatrice – o almeno che vorrei sapere io. Così ho fatto due conti semplici sul tema di quanto Draghi sia riuscito a spostare le aspettative di inflazione.
Una nota a margine: molti pare usino, in questo caso, il tasso di cambio dei bond che partono nei 5 anni con quelli che vanno a scadenza in cinque anni [1], ma ciò mi sembra assai strano; questa è una misura dell’inflazione attesa non tra il 2015 ed il 2010, ma tra il 2020 ed il 2025. Perché, esattamente, dovrebbe essere quello il metro di misura? Penso che sia molto più naturale utilizzare il breakeven [2] dei bond di 5 o 10 anni, la differenza tra i bond indicizzati e quelli nominali.
Si guardi, dunque, ai rendimenti tedeschi (perché la Germania è presumibilmente l’asset sicuro in Europa). Una settimana passata i bond tedeschi che vengono in scadenza tra cinque anni rendevano meno 0,31, mentre i bond ordinari della stessa maturità offrivano un rendimento leggermente negativo; cosicché l’implicita previsione di inflazione era attorno allo 0,3 per cento nei prossimi cinque anni. Adesso il rendimento degli indicizzati è meno 0,46, mentre il rendimento nominale è leggermente positivo, comportando una aspettativa di inflazione di circa lo 0,5 per cento. Dunque, quella è una crescita di 0,2 punti percentuali nel tasso di inflazione atteso nei cinque anni
Su un orizzonte decennale parrebbe essere un po’ meno ma approssimativamente simile, forse di 0,15 punti.
Possiamo anche stimare l’effetto indirettamente, attraverso il tasso di cambio. Non molto mutamento nel differenziale dell’interesse tra Stati Uniti e Germania, ma una caduta di circa il 2 per cento dell’euro; come spiegavo nel post in connessione [3], questo è coerente con una crescita dello 0,2 per cento nella inflazione attesa nell’area euro nel prossimo decennio.
Dunque, il grande annuncio di Draghi sembra aver elevato l’inflazione attesa europea di un quinto di punto percentuale. Si tratta di un risultato rilevante in queste circostanze, ma esso è al tempo stesso, da solo, troppo modesto perché l’Europa faccia marcia indietro. Gran lavoro, signor Draghi, ma ci vorrà molto di più di questo per uscire dai guai.
[1] Trovo questa spiegazione sul blog “In Touch, Capital Markets”, ammesso che l’abbia ben compresa.
[2] Letteralmente, “punto di pareggio”.
[3] Nella connessione precedente nel testo inglese. Il post è del 27 ottobre 2013.
By mm
E' possibile commentare l'articolo nell'area "Commenti del Mese"