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Sachs e l’età del calo delle aspettative di Simon Wren-Lewis (da Mainly Macro, 7 gennaio 2015)

 

Wednesday, 7 January 2015

Sachs and the age of diminished expectations

By Simon Wren-Lewis

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I do not normally talk much about the US economy, because there are so many others writing articles and posts that can do so with more authority. But I am getting increasingly fed up with people telling me that US growth disproves the idea that austerity is bad for you at the Zero Lower Bound (ZLB). Jeffrey Sachs just joins a long list.

 

Of course the proper way to tackle this is as Paul Krugman does. As he says other stuff happens (like a large fall in the US savings ratio in 2013), so you need to go beyond a single country and look at lots of data. However this might leave the impression that somehow the US case is unusual and does not fit a Keynesian story. In this respect I did a simple exercise, the results of which are shown in the chart. It shows actual US GDP, and a hypothetical path based on 2% real growth in government consumption and investment from 2009. So instead of austerity, we maintained government spending at the elevated levels seen at the bottom of the recession. In addition I’ve assumed quite a large (and instantaneous) multiplier of two on that extra government spending.

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US GDP, billions of chained 2009 US dollars.

Now if the US recovery proved that Keynesian analysis was wrong, we should get nonsense out of an exercise of this kind. If the recovery was just fine with austerity then replacing it with something like fiscal stimulus and assuming a large multiplier should give us ridiculous rates of growth. Yet as you can see, the no-austerity GDP path looks perfectly plausible. What we get is 3.4% growth in 2010 (compared to an actual of 2.5%), followed by three years of 3.7% growth (compared to 1.6%, 2.3% and 2.2%). In other words we get a reasonably rapid recovery from a deep recession. Obviously there are more sophisticated ways of doing this kind of counterfactual, but maybe something very simple can make the point. With recent US experience, there is no case against Keynesian analysis to answer.

 

This suggests to me two things. First, lots of people are desperate to show that critics of austerity at the ZLB are wrong, and are prepared to make nonsense arguments to that end. This may be particularly true if you very publicly proclaimed the need for austerity in 2010 (note the co-author: HT John McHale). Second, it is a sad day when anyone thinks that 2.3% growth is “brisk” when we are recovering from a deep recession and interest rates have remained at the ZLB. It is so very dangerous when these diminished expectations become internalised by the elite.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sachs e l’età del calo delle aspettative

di Simon Wren-Lewis

Di solito non parlo molto di economia statunitense, perché ci sono molti altri che scrivono articoli e post e possono farlo con maggiore autorità. Ma sono sempre di più provocato da persone che mi dicono che la crescita degli Stati Uniti smentisce l’idea che l’austerità non vi serva a niente al livello inferiore dello zero (dei tassi di interesse). Jeffrey Sachs si è appena aggiunto ad una lunga lista.

Ovviamente, il modo più appropriato di misurarsi con questa tesi è quello che usa Paul Krugman. Come lui dice, ci sono altre cose che accadono (come una larga caduta nel tasso dei risparmi negli Stati Uniti nel 2013 [1]), cosicché si deve andare oltre un singolo paese ed osservare una quantità di dati. Tuttavia questo potrebbe lasciare l’impressione che in qualche modo il caso degli Stati Uniti sia inconsueto e non calzi con una spiegazione keynesiana. Sotto questo aspetto ho fatto un semplice esercizio i cui risultati sono illustrati nel diagramma. Esso mostra il PIL effettivo degli Stati Uniti ed un ipotetico andamento basato su una crescita reale del 2%, a partire dal 2009, dei consumi e degli investimenti pubblici. Cosicché, al posto dell’austerità, abbiamo ipotizzato di mantenere la spesa pubblica ai livelli elevati che si erano visti nel punto basso della recessione. In aggiunta abbiamo ipotizzato un moltiplicatore abbastanza ampio (ed istantaneo) del valore 2 sulla spesa pubblica extra.

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Pil degli Stati Uniti, in miliardi di dollari americani 2009

Ora, se la ripresa degli Stati Uniti ha dimostrato che l’analisi keynesiana era sbagliata, dovremmo lasciar perdere come insensato un esercizio di questo genere. Se la ripresa con l’austerità fosse precisamente positiva, allora sostituirla con qualcosa come misure di sostegno della spesa pubblica ed assumere un moltiplicatore più ampio ci dovrebbe dare tassi di crescita irrisori. Quello che si ottiene è una crescita del 3,4% nel 2010 (a confronto con un 2,5% effettivo), seguita da tre anni di crescita al 3,7% (a confronto con l’1,6%, il 2,3% ed il 2,2% effettivi). Ovviamente, ci sono modi più sofisticati per fare questo genere di contro prova, ma forse qualcosa di molto semplice è più efficace. Sulla base della recente esperienza degli Stati Uniti, non c’è alcun argomento avverso alla analisi keynesiana a cui rispondere.

Questo mi suggerisce due cose. La prima, una quantità di persone vogliono a tutti i costi dimostrare che i critici dell’austerità alle condizioni del limite inferiore dello zero (dei tassi di interesse) sbagliano, e sono pronti ad avanzare a questo scopo argomenti insensati. Questo può essere particolarmente vero se avevate proclamato con la massima pubblicità nel 2010 il bisogno dell’austerità (si noti il coautore: tanto di cappello, John McHale [2]). Il secondo, è sconfortante che qualcuno pensi che una crescita del 2,3% sia “frizzante” quando ci stiamo riprendendo da una recessione profonda e i tassi di interesse sono fermi al limite inferiore dello zero. E’ davvero molto pericoloso che queste aspettative in calo vengano così interiorizzate dall’élite.

 

 

[1] La connessione è con un post dello stesso Wren-Lewis del 9 giugno 2014, nel quale si fornivano alcune risposte al diverso andamento delle economie americana ed europea negli anni 2012 e 2013. Mentre c’erano alcune risposte evidenti per il 2012 (la diversa politica monetaria, espansiva in America ed addirittura restrittiva, nel 2011, in Europa; il diverso andamento delle esportazioni etc.), non era facilissimo spiegare la prestazione assai migliore negli Stati Uniti nel 2013, considerando che in quell’anno gli effetti di una sostanziale austerità si erano fatti molto sentire anche oltreoceano (si ricordi il peso crescente dei repubblicani nel Congresso). Un fattore che Wren-Lewis metteva già allora in evidenza era la diminuzione della percentuale dei risparmi sul reddito nazionale – indicativa di una attenuazione dei ritmi di correzione del debito nel settore privato. La percentuale dei risparmi era stata negli USA in media del 4,5% nel periodo 1996-2007, era salita sopra il 5,5% a cominciare dal 2009. Nel 2013 era scesa al 4,5% ed era previsto un calo ulteriore negli anni successivi.

[2] Il coautore dell’articolo di Sachs era niente di meno che George Osborne, Cancelliere dello Scacchiere britannico, forse l’uomo di governo più ideologicamente impegnato sul fronte dell’austerità. John McHale è un blogger britannico, che probabilmente ha rinfrescato la memoria su quell’articolo.

“HT” scopro che sta per “tip your hat to”, ovvero levarsi il cappello.

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