Blog di Krugman

Clientelismo macroeconomico (3 febbraio 2015)

 

Feb 3 1:22 pm

Macroeconomic Cronyism

My old teacher Rudi Dornbusch — whose presence is sorely missed in this world gone mad — once wrote an influential analysis, with Sebastian Edwards, of what they called macroeconomic populism. This is the historical tendency of some (not all) populist governments to engage in wishful thinking, to believe that they can repeal the usual rules — that they can indefinitely contain inflation in an overheated economy with price controls, that they can ignore limits on capacity, etc..

It’s slightly tricky to talk about this problem in times like these — macroeconomic populism is heterodox economics, but not all heterodox economics is macroeconomic populism; e,g,, capital controls have often been an ultimately destructive attempt to mask underlying reality, but in some cases, like Iceland in recent years, they are just what you need to calm a market panic. But macroeconomic populism in the bad sense has been a real problem in some times and places; it’s clearly part of the mess in Venezuela, and Argentina has, sadly, slid from the useful heterodoxy of its stunning recovery after 2002 to a lot of the old-fashioned vices.

But let’s not talk about Latin America. Instead, let’s talk about Russia. Putin’s thrashing, his evident decision to reject advice from economists who tell him anything he doesn’t want to hear, feel very familiar to me and I’m sure many others who’ve followed Latin America over the decades. Basically, it sounds a lot like good old-fashioned macroeconomic populism.

There is, however, one interesting difference. The stories Dornbusch and Edwards analyzed, the issues of Latin America today, involved governments that really were trying to help the poor and workers with low wages. That is, they really were populist regimes, even if they didn’t end up serving the interests of their constituency. But nobody would call the Putin regime populist; he’s rejecting economics as we know it to defend a kleptocracy, not the downtrodden masses.

Have there been comparable examples? I’m sure there must have been, but I can’t think of them. Malaysia’s imposition of capital controls in 1998 was in part about rescuing its version of oligarchs, but it was actually a reasonable policy given the circumstances, and worked OK. And otherwise I’m coming up blank.

So Putin seems to have brought something new, or at least formerly rare, into the world of economic policy: macroeconomic cronyism, an effort to suspend the laws on economics on behalf, not of the broad populace, but a tiny group of well connected malefactors of great wealth. Innovation!

 

 

Clientelismo macroeconomico

Il mio vecchio professore Rudi Dornbusch – la cui presenza è dolorosamente mancante in questo mondo impazzito – una volta scrisse una analisi autorevole, con Sebastian Edwards, su quello che chiamarono il populismo macroeconomico. Si tratta della tendenza di alcuni (non tutti) Governi populisti a farsi prendere da pii desideri, a credere di poter rigettare le regole consuete – di poter indefinitamente contenere l’inflazione in una economia surriscaldata tramite il controllo dei prezzi, di poter ignorare i limiti della propria capacità produttiva etc.

E’ leggermente complicato parlare di questo problema di questi tempi – il populismo macroeconomico è una economia eterodossa, ma non tutta l’economia eterodossa è populismo macroeconomico; ad esempio, i controlli dei capitali sono spesso in ultima analisi un tentativo distruttivo di mascherare la realtà sottostante, ma in alcuni casi, come in Islanda negli anni recenti, sono proprio quello di cui c’è bisogno per calmare il panico dei mercati. Ma il populismo macroeconomico in senso negativo è stato un problema reale in alcuni tempi e luoghi; fa parte chiaramente del disastro del Venezuela, e l’Argentina è chiaramente scivolata dalla utile eterodossia della sua sbalorditiva ripresa dopo il 2002 a molti dei vizi vecchia maniera.

Ma consentitemi di non parlare dell’America Latina. Voglio piuttosto parlare della Russia. La condotta indecente di Putin, la sua manifesta decisione di respingere i consigli degli economisti che gli dicono quello che non vuole sentirsi dire, provocano una sensazione familiare a me e a tutti coloro che hanno seguito l’America Latina nel corso dei decenni. Fondamentalmente, assomigliano molto al populismo economico di buona vecchia memoria.

C’è, tuttavia, una differenza interessante. Le storie che Dornbusch ed Edwards analizzavano, i temi dell’America Latina odierna, riguardavano Governi che realmente stavano cercando di aiutare i poveri ed i lavoratori con bassi salari. Ovvero, essi erano davvero regimi populisti [1], anche se alla fine non hanno servito gli interessi del loro elettorato. Ma nessuno definirebbe il regime di Putin populista; egli respinge l’economia per come la conosciamo per difendere una cleptocrazia, non le masse oppresse.

Ci sono stati esempi paragonabili? Sono sicuro che ci devono essere stati, ma non me ne viene in mente. L’imposizione da parte della Malesia dei controlli dei capitali nel 1998 riguardò in parte il salvataggio della versione locale degli oligarchi, ma date le circostanze fu in effetti una politica ragionevole, e funzionò bene. E per il resto ho un vuoto di memoria.

Dunque Putin sembra aver portato nel mondo della politica economica qualcosa di nuovo, o almeno qualcosa che un tempo era raro: il clientelismo macroeconomico, un tentativo di sospendere le leggi dell’economia non nell’interesse generale della popolazione, ma di un minuscolo gruppo di malfattori della grande ricchezza, bene ammanigliati. Una innovazione”

 

 

 

[1] Come ho notato varie volte, e come in fondo conferma anche questo post, nel linguaggio politico americano, o almeno in quello di Krugman, populismo non è un termine soltanto negativo, come nel linguaggio nostro. In parte esso si riferisce ad un modo di fare politica che si basa su interessi vasti del popolo, ed anche su una cultura che non esita a farli propri con clamore. Il che, come ha detto sopra, non significa sempre sposare politiche economiche populiste, e in generale comporta comunque di farlo con motivazioni degne. Anche se, in questo secondo caso, i risultati sono di norma negativi.

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