Feb 6 7:32 am
International Monetary Fund
Antonio Fatas, commenting on recent work on deleveraging or the lack thereof, emphasizes one of my favorite points: no, debt does not mean that we’re stealing from future generations. Globally, and for the most part even within countries, a rise in debt isn’t an indication that we’re living beyond our means, because as Fatas puts it, one person’s debt is another person’s asset; or as I equivalently put it, debt is money we owe to ourselves — an obviously true statement that, I have discovered, has the power to induce blinding rage in many people.
Think about the history shown in the chart above. Britain did not emerge impoverished from the Napoleonic Wars; the government ended up with a lot of debt, but the counterpart of this debt was that the British propertied classes owned a lot of consols.
More than that, as Fatas points out, rising debt could be a good sign. Think of my little two-classes model of debt, where some people are less patient than others — perhaps (to step outside the model a bit) because they have better investment opportunities. Moving from a very limited financial system that doesn’t allow much debt to a somewhat more open-minded system should, in that case, be good for growth and welfare.
The problem with private debt is that we have good reason to believe that in very wide-open financial systems people get irrationally exuberant, lending and borrowing to an extent that they eventually realize was excessive — and that there are huge negative externalities when everyone tries to deleverage at once. This is a very big problem, but it’s not about generalized excess consumption.
And the problems with public debt are also mainly about possible instability rather than “borrowing from our children”. The rhetoric of fiscal debates has been, for the most part, nonsense.
Il debito è denaro che dobbiamo a noi stessi
Fondo Monetario Internazionale
Antonio Fatas, nel commentare un recente studio sulla riduzione, o la mancata riduzione, dei rapporti di indebitamento, sottolinea un mio argomento preferito: il debito non significa che stiamo rubando alle generazioni future. Globalmente, e per la maggior parte anche all’interno dei paesi, una crescita del debito non è una indicazione che stiamo vivendo al di sopra dei nostri mezzi, perché come dice Fatas, il debito di una persona è l’attivo di un’altra persona; o come mi esprimo io il debito sono soldi che dobbiamo a noi stessi – una affermazione sacrosanta che, ho scoperto, ha il potere di mandare in bestia molta gente.
Si pensi alla storia illustrata sopra nel diagramma. L’Inghilterra non venne fuori impoverita dalle Guerre Napoleoniche: il governo finì con una gran quantità di debito, ma la controparte di quel debito erano le classi possidenti britanniche, che erano proprietarie di una quantità di consol [1].
Oltre a ciò, come Fatas sottolinea, un debito crescente potrebbe essere un buon segno. Si pensi al mio modello di due categorie del debito [2], nel quale alcune persone sono meno pazienti di altre – forse (per uscire un po’ dal modello) perché hanno migliori opportunità di investimento. Allontanarsi da un sistema finanziario molto limitato che non consente molto debito, per un sistema in qualche modo più spregiudicato, in quel caso, dovrebbe essere positivo per la crescita e per il benessere.
Il problema col debito privato è che abbiamo buone ragioni per credere che in sistemi finanziari del tutto aperti le persone diventino irrazionalmente esuberanti, concedendo prestiti ed indebitandosi in una misura che alla fine realizzano essere stata eccessiva – e che sussistono vaste esternalità negative quando tutti cercano nello stesso momento di ridurre il proprio rapporto di indebitamento. Questo è un problema molto grande, ma non riguarda un generalizzato eccesso di consumi.
Ed anche i problemi con il debito pubblico riguardano principalmente la possibile instabilità, piuttosto che “l’indebitarsi per i propri figli”. La retorica dei dibattiti sulla finanza pubblica è stata, in parte prevalente, un nonsenso.
[1] Obbligazioni dello Stato britannico, che furono emesse per la prima volta nel 1751, ed erano di durata ‘perpetua’, riscattabili su decisione del Governo.
[2] La connessione nel testo inglese è con un post dell’8 giugno 2001, che a sua volta è una riedizione di un post dell’ottobre del 2010.
By mm
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