Blog di Krugman

Il duro lavoro della Fed (3 febbraio 2015)

 

Feb 3 7:59 am

Tough Fedding

The monetary-policy gap between insiders and outsiders — between economists at the Fed and other policy institutions, who still seem eager to raise rates, and those of us on the outside, who think this is a really, really bad idea — continues to widen. This morning Tim Duy — one of the outsiders who, commenting from his perch at Mark Thoma’s invaluable blog, has seemed most sympathetic to the urge to hike rates — joins the what-are-they-thinking chorus. Core inflation is drifting downward, not upward, and is now well below the Fed’s target. So why hike?

The immediate answer appears to be a fixation on the unemployment rate, which is close to standard estimates of full employment. But is this really a solid justification for raising rates absent any actual sign of the rising inflation we’re supposed to see at full employment?

Actually, what do we mean by full employment, anyway?

The standard textbook answer identifies full employment with the NAIRU, the unemployment rate at which, according to natural-rate theory, the inflation rate is stable; anything below that and inflation should be higher each year than the year before. But the Fed itself isn’t using NAIRU-type models these days, as far as I can tell, because the data don’t look like that. If anything, what we see is more of an old-fashioned Phillips curve with a downward-sloping relationship between unemployment and inflation. Here’s unemployment versus core inflation, annual data, since 2007:

z 482

 

 

 

 

 

 

 

 

 

The more or less standard explanation for this reversion to old-style Phillips is that inflation expectations are “anchored”: everyone expects the Fed to achieve its 2 percent target, so the expected-inflation term in the curve just sits there, it doesn’t move around based on year to year fluctuations. But in that case how do we define full employment?

The answer, I’d suggest, is that full employment would be the unemployment rate at which these anchored expectations are borne out by experience — because if inflation is consistently above or below the target long enough, presumably the anchor rips loose. So we should be looking for the AIEE inflation rate — Actual Inflation Equals Expectations, pronounced Aiee! FWIW, AIEE = 4.9. OK, FRB?

You don’t want to push this too hard, but my point is that recent data are perfectly consistent with the view that full employment requires an unemployment rate below 5 percent; the most recent data would suggest an even lower rate. This might or might not be right; I don’t know. But the Fed doesn’t know either.

And in the face of that uncertainty, the crucial question is what happens if you’re wrong. And the risks still seem hugely asymmetric. Raise rates “too late”, and inflation briefly overshoots the target. How bad is that? (And why does the Fed sound increasingly as if 2 percent is not a target but a ceiling? Hasn’t everything we’ve seen since 2007 suggested that this is a very bad place to go?) Raise rates too soon, on the other hand, and you risk falling into a deflationary trap that could take years, even decades, to exit.

I really, really hope this is getting through.

 

 

Il duro lavoro della Fed

La differenza in materia di politica monetaria tra addetti e non addetti ai lavori – tra gli economisti presso la Fed e presso altre istituzioni pubbliche, che sembrano sempre ansiosi di elevare i tassi, e quelli di noi che sono fuori, che pensano che sia una pessima idea – continua ad allargarsi. Questa mattina Tim Duy – uno dei non-addetti che, commentando dal suo spazio sull’inestimabile blog di Mark Thoma, era sembrato in gran parte condividere la spinta per un rialzo dei tassi – si aggiunge al coro del “cosa stanno pensando? [1]”. L’inflazione sostanziale sta scendendo verso il basso, non salendo, ed ora è ben al di sotto dell’obbiettivo della Fed. Dunque, perché alzare?

La risposta immediata sembra consistere nella fissazione sul tasso di disoccupazione, che è vicino alle stime consuete della piena occupazione. Ma è davvero una giustificazione solida per innalzare i tassi, in assenza di un qualsiasi effettivo segno di inflazione crescente che si suppone di notare in condizioni di piena occupazione?

In ogni caso, cosa intendiamo effettivamente per piena occupazione?

I normali libri di testo identificano la piena occupazione con il NAIRU, il tasso di disoccupazione al quale, secondo la teoria del tasso naturale, il tasso di inflazione è stabile; come si scende al di sotto, l’inflazione dovrebbe ogni anno essere più elevata dell’anno precedente. Ma la stessa Fed di questi tempi non sta usando modelli del tipo del NAIRU, per quanto ne so, perché i dati non appaiono simili. Semmai, quello che osserviamo è più una curva di Phillips vecchio stile, con una relazione tra disoccupazione ed inflazione che inclina verso il basso. Ecco qua i dati annuali, a partire dal 2007, della disoccupazione verso l’inflazione sostanziale:

z 482

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La spiegazione più o meno consueta per questa inversione della curva vecchio stile di Phillips è che le aspettative di inflazione sono “ancorate”: ognuno si aspetta che la Fed realizzi il suo obbiettivo del 2 per cento, cosicché nella curva il periodo dell’inflazione attesa si posa semplicemente su quel punto, non si muove attorno basandosi sulle fluttuazioni annue. Ma in quel caso, come definiamo la piena occupazione?

La risposta che io suggerirei è che la piena occupazione sarebbe il tasso di disoccupazione al quale le aspettative sono suffragate dai dati di fatto – perché se l’inflazione sta abbastanza a lungo sufficientemente al di sopra o al di sotto dell’obbiettivo, presumibilmente l’ancora si mette in libertà. Dunque dovremmo osservare il tasso di inflazione IECA – Inflazione Effettivamente Corrispondente alle Aspettative? Per quello che può valere, la IECA è uguale a 4,9. Esatto, Federal Reserve? [2]

Non sforzatevi troppo con tutto questo, ma la mia opinione è che i dati recenti sono perfettamente coerenti con il punto di vista secondo il quale la piena occupazione richiede un tasso di disoccupazione al di sotto del 5 per cento; i dati più recenti suggerirebbero un tasso persino più basso. Questo può essere più o meno giusto; io non lo so. Ma neanche la Fed lo sa.

Di fronte all’incertezza, la questione cruciale è quello che accade se si sbaglia. Ed i rischi sembrano ancora ampiamente asimmetrici. Alzate i tassi “troppo tardi” e l’inflazione per un breve periodo eccederà l’obbiettivo. E’ così negativo? (e perché la Fed sta sempre di più dando l’impressione che il 2 per cento non sia un obbiettivo ma un limite? Forse che tutto quello che abbiamo osservato dal 2007 non indica che quello non è un livello affatto rassicurante?) Alzate i tassi troppo presto, d’altra parte, e rischiate di cadere in una trappola deflazionistica che potrebbe richiedervi anni, addirittura decenni, per venirne fuori.

Spero davvero tanto che questo concetto stia arrivando.

 

 

[1] Suppongo nel senso che anche Duy è diventato perplesso sull’ipotesi di un rialzo. Infatti, sul suo blog in data 2 febbraio egli commenta il seguente diagramma di fonte Fed, che mostra una forte decelerazione nei dati trimestrali dell’inflazione anche negli Stati Uniti:

z 481

 

 

 

 

 

 

 

[2] Questa traduzione è complicata. IECA è semplicemente la traduzione dell’acronimo AIEE, che non so se è inventato ad hoc o abbia un significato tecnico preciso. La misurazione di tale espressione non so spiegarla, ma sembra alludere ad un concetto tecnico definito. Quanto alla espressione FWIW dovrebbe stare per “For what it’s worth”, espressione slang per “per quello che vale”. FRB, invece, sta per Federal Reserve Bank.

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