FEB. 27, 2015
Last week, after much drama, the new Greek government reached a deal with its creditors. Earlier this week, the Greeks filled in some details on how they intend to meet the terms. So how did it go?
Well, if you were to believe many of the news reports and opinion pieces of the past few days, you’d think that it was a disaster — that it was a “surrender” on the part of Syriza, the new ruling coalition in Athens. Some factions within Syriza apparently think so, too. But it wasn’t. On the contrary, Greece came out of the negotiations pretty well, although the big fights are still to come. And by doing O.K., Greece has done the rest of Europe a favor.
To make sense of what happened, you need to understand that the main issue of contention involves just one number: the size of the Greek primary surplus, the difference between government revenues and government expenditures not counting interest on the debt. The primary surplus measures the resources that Greece is actually transferring to its creditors. Everything else, including the notional size of the debt — which is a more or less arbitrary number at this point, with little bearing on the amount anyone expects Greece to pay — matters only to the extent that it affects the primary surplus Greece is forced to run.
For Greece to run any surplus at all — given the depression-level slump that it’s in and the effect of that depression on revenues — is a remarkable achievement, the result of incredible sacrifices. Nonetheless, Syriza has always been clear that it intends to keep running a modest primary surplus. If you are angry that the negotiations didn’t make room for a full reversal of austerity, a turn toward Keynesian fiscal stimulus, you weren’t paying attention.
The question instead was whether Greece would be forced to impose still more austerity. The previous Greek government had agreed to a program under which the primary surplus would triple over the next few years, at immense cost to the nation’s economy and people.
Why would any government agree to such a thing? Fear. Essentially, successive leaders in Greece and other debtor nations haven’t dared to challenge extreme creditor demands, for fear that they would be punished — that the creditors would cut off their cash flow or, worse yet, implode their banking system if they balked at ever-harsher budget cuts.
So did the current Greek government back down and agree to aim for those economy-busting surpluses? No, it didn’t. In fact, Greece won new flexibility for this year, and the language about future surpluses was obscure. It could mean anything or nothing.
And the creditors did not pull the plug. Instead, they made financing available to carry Greece through the next few months. That is, if you like, putting Greece on a short leash, and it means that the big fight over the future is yet to come. But the Greek government didn’t succumb to the bum’s rush, and that in itself is a kind of victory.
Why, then, all the negative reporting? To be fair, fiscal policy isn’t the only issue. There were and are also arguments about things like privatization of public assets, where Syriza has agreed not to reverse deals already made, and labor market regulation, where some of the “structural reform” of the austerity era will apparently stand. Syriza also agreed to crack down on tax evasion, although why collecting taxes is supposed to be a defeat for a leftist government is a mystery to me.
Still, nothing that just happened justifies the pervasive rhetoric of failure. Actually, my sense is that we’re seeing an unholy alliance here between left-leaning writers with unrealistic expectations and the business press, which likes the story of Greek debacle because that’s what is supposed to happen to uppity debtors. But there was no debacle. Provisionally, at least, Greece seems to have ended the cycle of ever-more-savage austerity.
And, as I said, in so doing, Greece has done the rest of Europe a favor. Remember, in the background of the Greek drama is a European economy that, despite some positive numbers lately, still seems to be sliding into a deflationary trap. Europe as a whole desperately needs to end austerity madness, and this week there have been some slightly positive signs. Notably, the European Commission has decided not to fine France and Italy for exceeding their deficit targets.
Levying these fines would have been insane given market realities; France can borrow for five years at an interest rate of 0.002 percent. That’s right, 0.002 percent. But we’ve seen a lot of similar insanity in recent years. And you have to wonder whether the Greek story played a role in this outbreak of reasonableness.
Meanwhile, the first real debtor revolt against austerity is off to a decent start, even if nobody believes it. What’s the Greek for “Keep calm and carry on”?
Quello che la Grecia ha guadagnato, di Paul Krugman
New York Times 27 febbraio 2015
La scorsa settimana, dopo molto spettacolo, il nuovo Governo greco ha raggiunto un accordo con i suoi creditori. All’inizio di questa settimana, i Greci hanno ragguagliato di qualche dettaglio il modo in cui intendono accogliere le condizioni. Dunque, come è andata?
Ebbene, se doveste credere a molti dei resoconti giornalistici e dei commenti del giorni scorsi, pensereste che sia stato un disastro – che sia stata una “resa” da parte di Syriza, la nuova coalizione di governo ad Atene. Anche alcuni gruppi all’interno di Syriza sembrano pensarla in questo modo. Ma non è stato così, al contrario la Grecia è uscita dai negoziati abbastanza bene, sebbene i grandi scontri debbano ancora arrivare. E uscendone bene, la Grecia ha fatto un favore al resto dell’Europa.
Per dare un senso a ciò che è accaduto, dovete comprendere che il tema principale del contenzioso riguarda soltanto un numero: la dimensione dell’avanzo primario greco, la differenza tra le entrate statali e la spesa pubblica, non considerando gli interessi sul debito. L’avanzo primario misura le risorse che ha Grecia sta effettivamente trasferendo ai suoi creditori. Ogni altra cosa, inclusa la astratta dimensione del debito – che a questo punto è un dato più o meno arbitrario, che grava relativamente sulla somma che tutti si aspettano che la Grecia paghi – conta solo nella misura in cui influenza l’avanzo primario che i greci sono costretti a gestire.
Per la Grecia gestire comunque un qualche avanzo – data la crisi al livello di una depressione nella quale si trova e l’effetto di quella depressione sulle entrate – è una conquista considerevole, il risultato di sacrifici incredibili. Nondimeno, Syriza ha sempre avuto chiaro che intende continuare a gestire un modesto avanzo primario. Se siete irritati per il fatto che i negoziati non abbiano offerto spazio ad un rovesciamento completo dell’austerità, ad una svolta verso misure di sostegno delle spesa pubblica di tipo keynesiano, vi era sfuggito il punto centrale.
Piuttosto, il tema era se la Grecia sarebbe stata costretta ad imporre una austerità ancora maggiore. Il precedente Governo greco aveva concordato un programma secondo il quale l’avanzo primario sarebbe triplicato in pochi anni, con un costo immenso per l’economia nazionale e per la gente.
Come potrebbe un qualsiasi Governo concordare con una cosa del genere? Per paura. Nella sostanza, i dirigenti greci e degli altri paesi debitori che si sono succeduti, non hanno osato sfidare le richieste estreme dei creditori, per paura di una punizione – i creditori avrebbero tagliato i loro flussi di cassa oppure, peggio ancora, i loro sistemi bancari sarebbero esplosi se avessero rifiutato tagli al bilancio sempre più elevati.
Dunque, l’attuale Governo greco ha ceduto ed ha accettato di indirizzarsi verso quegli avanzi economicamente disastrosi? No, non l’ha fatto. In sostanza i Greci hanno ottenuto per quest’anno una nuova flessibilità, e il linguaggio sugli avanzi futuri è rimasto oscuro. Potrebbe significare qualcosa oppure niente.
E i creditori non hanno staccato la spina. Hanno invece reso disponibili finanziamenti per aiutare la Grecia a superare i prossimi mesi. Ovvero, se preferite, hanno messo la Grecia sotto stretto controllo, la qualcosa significa che la grande battaglia sul futuro deve ancora arrivare. Ma il Governo greco non si è arreso ad una liquidazione sommaria, e questa di per sé è una sorta di vittoria.
Perché, dunque, tutti quei resoconti malevoli? Onestamente, la politica finanziaria pubblica non è l’unico aspetto. C’erano e ci sono anche argomenti come la privatizzazione di proprietà pubbliche, nel quale caso Syriza ha concordato di non rovesciare accordi già fatti, e la regolamentazione del mercato del lavoro, dove alcune “riforme strutturali” dell’epoca dell’austerità pare che restino in vigore. Syriza ha anche concordato di dare un giro di vite alla evasione fiscale, sebbene la ragione per la quale raccogliere le tasse sia una sconfitta per un Governo di sinistra, resta per me un mistero.
Eppure, niente di quello che è accaduto giustifica la diffusa retorica di un fallimento. Per la verità, la mia sensazione è che in questo caso stiamo assistendo ad una poco santa alleanza tra scrittori di sinistra con aspettative irrealistiche ed i giornali economici, ai quali piace il racconto sulla débâcle greca perché corrisponde a quello che si suppone accada ai debitori arroganti. Ma non c’è stata débâcle. Almeno temporaneamente, la Grecia sembra aver interrotto il ciclo di una austerità sempre più brutale.
E, come ho detto, così facendo la Grecia ha fatto un favore al resto dell’Europa. Si tenga a mente: sullo sfondo del dramma greco c’è l’economia europea che, nonostante alcuni recenti dati positivi, sembra stia ancora scivolando in una trappola deflazionistica. L’Europa nel suo complesso ha disperatamente bisogno di interrompere la follia dell’austerità, e questa settimana ci sono stati alcuni segnali leggermente positivi. In particolare, la Commissione Europea ha deciso di non sanzionare la Francia e l’Italia per aver superato i loro obbiettivi di deficit.
Data le realtà dei mercati, imporre queste sanzioni sarebbe stato pazzesco; la Francia può indebitarsi per cinque anni ad un tasso di interesse dello 0,002 per cento. Proprio così: lo 0,002 per cento. Ma negli anni recenti abbiamo visto una quantità di analoghe cose pazzesche. E vi dovete chiedere se la storia della Grecia non abbia giocato un ruolo in questo sussulto di ragionevolezza.
Intanto, la prima vera rivolta dei debitori contro l’austerità si avvia ad un esordio decente, anche se nessuno ci crede. Come si dice in greco: “State calmi e andiamo avanti”?
By mm
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Il negoziato di aprile maggio potrebbe concludersi con un accordo di berve termine. Per esempio potrebbero prorogare al 2017 il surplus al 4,5% e poi si vedrà.