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L’onere eccedente della Grecia (dal blog di Krugman, 14 febbraio 2015)

 

February 14, 2015 3:34 pm

Greece’s Excess Burden

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What’s the state of the Greek crisis? I have no idea, or at any rate no idea beyond what any diligent reader of press reports might glean. I do, however, have a pretty good idea of what Greece is asking for on the fiscal side, and it might be useful to talk about the arithmetic behind that position.

Here’s the basic point: Greece has, through incredible sacrifice, managed to achieve a primary budget surplus — a surplus excluding interest payments — despite a depression-level slump. That surplus is believed to be currently running at about 1.5 percent of GDP. The Greek government is not calling for a return to primary deficits; as I understand it, it is merely proposing that it be allowed to stabilize the surplus at that level, as opposed to raising it to 4.5 percent of GDP, a number that has few precedents in history.

Now, you might think that 3 percent of GDP is not that big a deal (although try finding $500 billion a year of spending cuts in the United States!) Given the macroeconomics, however, it is much bigger than it looks. Much like the reparations the Allies tried to extract from Germany after World War I — although for somewhat different reasons — forcing Greece to run huge primary surpluses at this point would impose a very large “excess burden” over and above the direct cost of the surpluses themselves.

First, austerity has a very negative effect on output in a country that does not have its own currency, and therefore cannot offset the fall in demand with monetary policy. The attached figure shows what was supposed to happen to Greek GDP according to the original 2010 request for a stand-by arrangement – that is, the original austerity-and-internal-devaluation plan — compared with what actually happened. There’s little question that the huge shortfall reflects the adverse effects of austerity, which the IMF admits it greatly understated. At this point a reasonable estimate for the Greek multiplier is on the order of 1.3.

This multiplier effect has immediate fiscal implications. Suppose that Greece were to spend somewhat more than contemplated under the current agreement; the primary surplus would surely be less than would otherwise be the case, but the effect would be much less than one-for-one. We can summarize the actual effect of higher government spending (ΔG) on the primary surplus (ΔPS) as follows:

ΔPS = -ΔG*(1-μτ)

where μ is the multiplier and τ is the marginal effect of a one-euro rise in GDP on revenues and/or cyclically linked spending like unemployment benefits. Say μ = 1.3 and τ=0.4, both more or less in the middle of the evidence; then higher spending would reduce the primary surplus by less than half the initial spending rise.

Or to turn this around, to achieve the extra three points of surplus the troika is demanding, Greece would actually have to find more than 6 points of GDP in spending cuts or tax hikes. And note that the multiplier is almost surely greater than one; this means that the fall in government spending would induce a fall in private spending too, which is an additional excess burden from the austerity.

The point, then, is that by demanding that Greece run even bigger primary surpluses, the troika is in effect demanding that Greece make sacrifices on the order of an additional 7.5 or 8 percent of GDP as compared with the standstill the Greek government proposes.

 

 

L’onere eccedente della Grecia

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Quale è la situazione della crisi greca? Non ne ho idea, o almeno non ne ho idea oltre a quanto ogni lettore diligente dei resoconti giornalistici possa rendersi conto. Tuttavia, ho un’idea abbastanza precisa di quello che la Grecia sta chiedendo dal lato della finanza pubblica, e potrebbe essere utile parlare della aritmetica che sta dietro un posizione del genere.

Ecco il punto fondamentale: la Grecia, con un sacrificio incredibile, è riuscita a realizzare un avanzo primario nel bilancio – un avanzo, esclusi i pagamenti per gli interessi – nonostante una crisi al livello di una depressione. Si pensa che attualmente questo avanzo ruoti attorno all’1,5 per cento del PIL. Il Governo greco non sta chiedendo un ritorno a un deficit primario; per come comprendo, sta semplicemente proponendo che gli sia consentito di stabilizzare il surplus a quel livello, anziché aumentarlo sino al 4,5 per cento del PIL, un dato che avrebbe pochi precedenti nella storia.

Ora, potreste pensare che il 3 per cento del PIL non sia un grande affare (sebbene, provate a trovare 500 miliardi di dollari di tagli alla spesa negli Stati Uniti!). Considerato dal punto di vista macroeconomico, tuttavia, è molto più grande di quanto sembri. In modo molto simile alle riparazioni che gli Alleati cercarono di spremere dalla Germania dopo la Prima Guerra Mondiale – sebbene per tutt’altre ragioni – costringere la Grecia, questo punto, a realizzare un vasto avanzo primario imporrebbe un amplissimo “onere eccedente” [1], sopra ed oltre il costo diretto degli avanzi stessi.

In primo luogo, l’austerità ha effetti molto negativi sulla produzione di un paese che non dispone di una sua valuta, e di conseguenza non può bilanciare la caduta della domanda con la politica monetaria. Il diagramma all’inizio mostra quello che si pensava accadesse in Grecia sulla base delle richieste originarie del 2010 per un accordo di emergenza – vale a dire, il programma originario di austerità e di svalutazione interna – a confronto con quello che effettivamente è accaduto. C’è il piccolo problema che la vasta caduta riflette gli effetti negativi dell’austerità, che il FMI ammette di aver grandemente sottovalutato. A questo punto, una stima ragionevole del moltiplicatore greco è nell’ordine dell’1,3 per cento.

Questo effetto di moltiplicatore ha immediate implicazioni sulla finanza pubblica. Supponiamo che la Grecia debba spendere qualcosa di più di quanto previsto dall’accordo vigente; il surplus primario sarebbe sicuramente inferiore di quello che sarebbe altrimenti, ma il risultato sarebbe assai inferiore di un rapporto di uno ad uno. Possiamo riassumere l’effetto reale di una spesa pubblica più elevata (ΔG) sull’avanzo primario (ΔPS) come segue:

 

ΔPS = -ΔG*(1-μτ)

 

dove μ è il moltiplicatore e τ l’effetto marginale di un aumento di un euro nel PIL sulle entrate e/o sulla spesa dipendente dal ciclo economico, come i sussidi di disoccupazione. Stabiliamo che μ =1,3 e τ =0,4, entrambi più o meno nel mezzo delle testimonianze; in quel caso una spesa più elevata ridurrebbe l’avanzo primario di meno della metà della crescita iniziale della spesa.

Oppure, capovolgendo il ragionamento, per ottenere tre punti aggiuntivi di avanzo che la troika sta chiedendo, la Grecia dovrebbe in effetti trovare più di 6 punti di PIL in tagli alla spesa o incrementi delle tasse. E si noti che il moltiplicatore è quasi sicuramente più elevato di quello; questo significa che la caduta nella spesa pubblica indurrebbe anche una caduta nella spesa privata, la qualcosa rappresenterebbe un aggiuntivo ‘onere eccedente’ derivante dall’austerità.

Il punto, dunque, è che richiedendo che la Grecia gestisca avanzi primari persino maggiori, la troika in effetti chiede che la Grecia faccia sacrifici nell’ordine di un 7,5 o 8 per cento aggiuntivi del PIL, a confronto con il blocco che il Governo greco propone.

 

 

[1] E’ un termine tecnico di solito riferito agli effetti della tassazione, con il quale si definiscono gli effetti distorsivi che sono connessi con mutamenti nei regimi fiscali.

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