FEB. 6, 2015
On Wednesday, the European Central Bank announced that it would no longer accept Greek government debt as collateral for loans. This move, it turns out, was more symbolic than substantive. Still, the moment of truth is clearly approaching.
And it’s a moment of truth not just for Greece, but for the whole of Europe — and, in particular, for the central bank, which may soon have to decide whom it really works for.
Basically, the current situation may be summarized with the following dialogue:
Germany to Greece: Nice banking system you got there. Be a shame if something were to happen to it.
Greece to Germany: Oh, yeah? Well, we’d hate to see your nice, shiny European Union get all banged up.
Or if you want the stuffier version, Germany is demanding that Greece keep trying to pay its debts in full by imposing incredibly harsh austerity. The implied threat if Greece refuses is that the central bank will cut off the support it gives to Greek banks, which is what Wednesday’s move sounded like but wasn’t. And that would wreak havoc with Greece’s already terrible economy.
Yet pulling the plug on Greece would pose enormous risks, not just to Europe’s economy, but to the whole European project, the 60-year effort to build peace and democracy through shared prosperity. A Greek banking collapse would probably lead Greece to leave the euro and establish its own currency — and if even one country were to abandon the euro, investors would be put on notice that Europe’s grand currency design is reversible.
Beyond that, chaos in Greece could fuel the sinister political forces that have been gaining influence as Europe’s Second Great Depression goes on and on. After a tense meeting with his German counterpart, the new Greek finance minister didn’t hesitate to play the 1930s card. “Nazism,” he declared, “is raising its ugly head in Greece” — a reference to Golden Dawn, the not-so-neo-Nazi party that is now the third largest in the Greek legislature.
What we’re looking at here is, in short, a very dangerous confrontation. This isn’t diplomacy as usual; this is a game of chicken, of two trucks loaded with dynamite barreling toward each other on a narrow mountain road, with neither willing to turn aside. And all of this is taking place within the European Union, which is supposed to be — indeed, has been, until now — an institution that promotes productive cooperation.
How did Europe get to this point? And what’s the end game?
Like all too many crises, the new Greek crisis stems, ultimately, from political pandering. It’s the kind of thing that happens when politicians tell voters what they want to hear, make promises that can’t be fulfilled, and then can’t bring themselves to face reality and make the hard choices they’ve been pretending can be avoided.
I am, of course, talking about Angela Merkel, the German chancellor, and her colleagues.
It’s true that Greece got itself into trouble through irresponsible borrowing (although this irresponsible borrowing wouldn’t have been possible without equally irresponsible lending). And Greece has paid a terrible price for that irresponsibility. Looking forward, however, how much more can Greece take? Clearly, it can’t pay the debt in full; that’s obvious to anyone who has done the math.
Unfortunately, German politicians have never explained the math to their constituents. Instead, they’ve taken the lazy path: moralizing about the irresponsibility of borrowers, declaring that debts must and will be paid in full, playing into stereotypes about shiftless southern Europeans. And now that the Greek electorate has finally declared that it can take no more, German officials just keep repeating the same old lines.
Maybe the Germans imagine that they can replay the events of 2010, when the central bank coerced Ireland into accepting an austerity program by threatening to cut off its banking system. But that’s unlikely to work against a government that has seen the damage wrought by austerity, and was elected on a promise to reverse that damage.
Furthermore, there’s still reason to hope that the European Central Bank will refuse to play along.
On Wednesday, the central bank made an announcement that sounded like severe punishment for Greece, but wasn’t, because it left the really important channel of support for Greek banks (Emergency Liquidity Assistance — don’t ask) in place. So it was more of a wake-up call than anything else, and arguably it was as much a wake-up call for Germany as it was for Greece.
And what if the Germans don’t wake up? In that case we can hope that the central bank takes a stand and declares that its proper role is to do all it can to safeguard Europe’s economy and democratic institutions — not to act as Germany’s debt collector. As I said, we’re rapidly approaching a moment of truth.
Una sfida incosciente, di Paul Krugman [1]
New York Times 6 febbraio 2015
Mercoledì la Banca Centrale Europea ha annunciato che non avrebbe più accettato obbligazioni sul debito pubblico come garanzie per i prestiti. Si scopre che questa mossa è stata più simbolica che reale. Eppure, il momento della verità si avvicina.
Ed è un momento della verità non solo per la Grecia, ma per l’Europa intera – in particolare per la banca centrale, che può dover rapidamente decidere a favore di chi intende stare per davvero.
Fondamentalmente, la situazione attuale può essere sintetizzata nel seguente dialogo:
La Germania alla Grecia: hai messo assieme un bel sistema bancario. Sarebbe un peccato se gli accadesse qualcosa.
Grecia alla Germania: ah, sì? Ebbene, a noi dispiacerebbe che la tua graziosa, scintillante Unione Europea andasse tutta in frantumi.
Oppure, se volete la versione più banale, la Germania sta chiedendo che la Grecia continui a pagare tutti i suoi debiti imponendo un’austerità incredibilmente severa. La minaccia implicita è che se la Grecia rifiuta, la banca centrale taglierà il sostegno che dà alle banche greche, che è quello che l’iniziativa di mercoledì sembrava voler dire. La qualcosa devasterebbe l’economia greca, già in condizioni terribili.
Tuttavia staccare la spina alla Grecia costituirebbe un rischio enorme, non solo per l’economia europea, ma per l’intero progetto europeo, uno sforzo durato 60 anni per costruire la pace e la democrazia attraverso una prosperità condivisa. Un collasso del sistema bancario greco con tutta probabilità porterebbe la Grecia a lasciare l’euro e ad adottare una sua propria valuta – e se anche un solo paese dovesse abbandonare l’euro, gli investitori prenderebbero nota che il magnifico disegno valutario dell’Europa è reversibile.
Oltre a ciò, il caos in Grecia infiammerebbe le minacciose forze politiche che stanno guadagnando influenza, nel mentre la seconda Grande Depressione europea va sempre più avanti. Dopo un teso incontro con il suo omologo tedesco, il nuovo Ministro greco delle Finanze non ha esitato a giocare la carta degli anni ’30. “Il nazismo”, ha dichiarato, “sta minacciosamente rialzando la testa in Grecia” – un riferimento ad Alba Dorata, il non così nuovo partito neo-nazista, che oggi ha il terzo dei suffragi nella legislatura greca.
In poche parole, quello a cui stiamo assistendo è uno scontro davvero pericoloso. Non siamo alla solita diplomazia; questa è una gara a chi è più irresponsabile con due camion carichi di dinamite che si precipitano l’uno contro l’altro in una stretta strada di montagna, senza che nessuno dei due conducenti sia disponibile a farsi da parte. E tutto questo sta avendo luogo all’interno dell’Unione Europea, che si pensava fosse – e in effetti è stata, sino ad oggi – una istituzione che promuove la cooperazione costruttiva.
Come è arrivata a questo punto l’Europa? E come andrà a finire?
Come tutte le crisi, ormai troppe, la nuova crisi greca deriva, in ultima analisi, dalle lusinghe della politica. E’ il genere di cosa che accade quando gli uomini politici raccontano agli elettori quello che essi vogliono sentirsi dire, fanno promesse che non possono essere mantenute, e alla fine non possono mettersi nelle condizioni di affrontare la realtà e di fare le scelte difficili che hanno finto di poter evitare.
Sto, naturalmente, parlando di Angela Merkel, la Cancelliera tedesca, e dei suoi colleghi.
E’ vero che la Grecia si è messa da sola nei guai attraverso un indebitamento irresponsabile (sebbene questo irresponsabile indebitamento non sarebbe stato possibile senza prestiti altrettanto irresponsabili). E per tale irresponsabilità, la Grecia ha pagato un prezzo terribile. Guardando in avanti, tuttavia, quanto altro la Grecia può sopportare? Chiaramente non può pagare tutto il suo debito; questo è evidente a chiunque abbia fatto due conti.
Sfortunatamente, i politici tedeschi non hanno mai insegnato a fare i conti ai propri elettori. Hanno scelto piuttosto la strada più comoda: il moralismo sull’irresponsabilità dei debitori, il dichiarare che i debiti debbono essere pagati e saranno pagati, il giocare con gli stereotipi sull’inettitudine degli europei del Sud. Ed ora che finalmente l’elettorato greco ha dichiarato che non può sopportare altro, i dirigenti tedeschi continuano semplicemente a ripetere gli stessi luoghi comuni.
Forse i tedeschi si immaginano di poter ripetere gli eventi del 2010, quando la banca centrale costrinse l’Irlanda ad accettare un programma di austerità, con la minaccia di staccare la spina al suo sistema bancario. Ma questo è improbabile che funzioni con un Governo che ha visto il danno provocato dall’austerità, e che è stato eletto sulla promessa di rovesciare quel danno.
Peraltro, c’è ancora una ragione per sperare che la Banca Centrale Europea si rifiuti di assecondare quella posizione.
Mercoledì, la banca centrale ha fatto un annuncio che suonava come una punizione severa nei confronti della Grecia, ma così non era, giacché ha lasciato in funzione il canale di sostegno alle banche greche realmente importante (Assistenza di Liquidità di Emergenza – non chiedetemi perché lo chiamano in tal modo). Si è trattato più che altro di un campanello d’allarme, e probabilmente era un campanello d’allarme sia per la Grecia che per la Germania.
E che accade se i tedeschi non lo ascoltano? In quel caso possiamo sperare che la banca centrale prenda posizione e dichiari che il proprio ruolo è fare il possibile per salvaguardare l’economia e le istituzioni democratiche europee – non di agire come esattore del debito della Germania. Come ho detto, ci stiamo rapidamente avvicinando al momento della verità.
[1] “Game chicken” – letteralmente “gara di polli” – è il termine che si usa per quel genere di competizioni che consistono nel lanciare le macchine l’una contro l’altra, finché il più pauroso o saggio decide di spostarsi per evitare la collisione; vince il più pazzo. Ma nei primi decenni del secolo scorso credo che consistesse, per i bambini più piccoli, nell’attraversare all’ultimo momento una strada di campagna, sfidando il rischio di una solitaria macchina in arrivo. Come pare facessero i polli, sulle bianche e assolate strade del Sud.
By mm
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