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Giorni buoni per l’America che lavora, di Paul Krugman (New York Times 27 marzo 2015)

 

Mornings in Blue America

MARCH 27, 2015

Paul Krugman

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Two impossible things happened to the U.S. economy over the course of the past year — or at least they were supposed to be impossible, according to the ideology that dominates half our political spectrum. First, remember how Obamacare was supposed to be a gigantic job killer? Well, in the first year of the Affordable Care Act’s full implementation, the U.S. economy as a whole added 3.3 million jobs — the biggest gain since the 1990s. Second, half a million of those jobs were added in California, which has taken the lead in job creation away from Texas.

Were President Obama’s policies the cause of national job growth? Did Jerry Brown — the tax-raising, Obamacare-embracing governor of California — engineer his state’s boom? No, and few liberals would claim otherwise. What we’ve been seeing at both the national and the state level is mainly a natural process of recovery as the economy finally starts to heal from the housing and debt bubbles of the Bush years.

But recent job growth, nonetheless, has big political implications — implications so disturbing to many on the right that they are in frantic denial, claiming that the recovery is somehow bogus. Why can’t they handle the good news? The answer actually comes on three levels: Obama Derangement Syndrome, or O.D.S.; Reaganolatry; and the confidence con.

Not much need be said about O.D.S. It is, by now, a fixed idea on the right that this president is both evil and incompetent, that everything touched by the atheist Islamic Marxist Kenyan Democrat — mostly that last item — must go terribly wrong. When good news arrives about the budget, or the economy, or Obamacare — which is, by the way, rapidly reducing the number of uninsured while costing much less than expected — it must be denied.

At a deeper level, modern conservative ideology utterly depends on the proposition that conservatives, and only they, possess the secret key to prosperity. As a result, you often have politicians on the right making claims like this one, from Senator Rand Paul: “When is the last time in our country we created millions of jobs? It was under Ronald Reagan.”

Actually, if creating “millions of jobs” means adding two million or more jobs in a given year, we’ve done that 13 times since Reagan left office: eight times under Bill Clinton, twice under George W. Bush, and three times, so far, under Barack Obama. But who’s counting?

Still, don’t liberals have similar delusions? Not really. The economy added 23 million jobs under Clinton, compared with 16 million under Reagan, but there’s nothing on the left comparable to the cult of the Blessed Ronald. That’s because liberals don’t need to claim that their policies will produce spectacular growth. All they need to claim is feasibility: that we can do things like, say, guaranteeing health insurance to everyone without killing the economy. Conservatives, on the other hand, want to block such things and, instead, to cut taxes on the rich and slash aid to the less fortunate. So they must claim both that liberal policies are job killers and that being nice to the rich is a magic elixir.

Which brings us to the last point: the confidence con.

One enduring puzzle of political economy is why business interests so often oppose policies to fight unemployment. After all, boosting the economy with expansionary monetary and fiscal policy is good for profits as well as wages, yet many wealthy individuals and business leaders demand tight money and austerity instead.

As a number of observers have pointed out, however, for big businesses to admit that government policies can create jobs would be to devalue one of their favorite political arguments — the claim that to achieve prosperity politicians must preserve business confidence, among other things, by refraining from any criticism of what businesspeople do.

In the case of the Obama economy, this kind of thinking led to what I like to call the “Ma! He’s looking at me funny!” theory of sluggish recovery. By this I mean the insistence that recovery wasn’t being held back by objective factors like spending cuts and debt overhang, but rather by the corporate elite’s hurt feelings after Mr. Obama suggested that some bankers behaved badly and some executives might be overpaid. Who knew that moguls and tycoons were such sensitive souls? In any case, however, that theory is unsustainable in the face of a recovery that has finally started to deliver big job gains, even if it should have happened sooner.

So, as I said at the beginning, the fact that we’re now seeing mornings in blue America — solid job growth both at the national level and in states that have defied the right’s tax-cutting, deregulatory orthodoxy — is a big problem for conservatives. Although they would never admit it, events have proved their most cherished beliefs wrong.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Giorni buoni per l’America che lavora, di Paul Krugman

New York Times 27 marzo 2015

Nel corso dell’anno passato, negli Stati Uniti, sono successe due cose impossibili – o almeno che si riteneva fossero impossibili, secondo l’ideologia che domina una metà della nostra scena politica. In primo luogo, ricordate come si riteneva che la riforma dell’assistenza sanitaria di Obama fosse un gigantesco sterminio di posti di lavoro? Ebbene, nel primo anno in cui la Legge sull’Assistenza sostenibile è entrata a pieno regime, l’economia degli Stati Uniti nel suo complesso è aumentata di 3 milioni e 300 mila posti di lavoro – il più grande incremento a partire dagli anni ’90. In secondo luogo, mezzo milione di quei posti di lavoro sono aumentati in California, che ha preso la testa nella creazione di posti di lavoro, eccezion fatta per il Texas.

E’ stato il Presidente Obama a provocare quella crescita nazionale dell’occupazione? E’ stato Jerry Brown – il Governatore della California noto per gli aumenti delle tasse e per aver aderito con entusiasmo della riforma sanitaria di Obama – a rendere possibile il boom del suo Stato? No, sono pochi i progressisti che lo sosterrebbero. Quello cui abbiamo assistito, sia al livello nazionale che statale, è stato un processo naturale di ripresa, dal momento che l’economia ha finalmente cominciato a rimarginare le bolle del settore immobiliare e del debito degli anni di Bush.

Nondimeno, la recente crescita dei posti di lavoro ha grandi implicazioni politiche – implicazioni che infastidiscono talmente molti individui della destra da metterli in una posizione di disperato diniego, sostenendo che la ripresa non è altro che un imbroglio. Per quale ragione non possono fare i conti con le buone notizie? La risposta, sostanzialmente, si articola su tre livelli: la ‘Sindrome di squilibrio mentale provocato da Obama’, anche detta O.D.S.; la ‘Reaganolatria’ e la trappola della fiducia.

Non c’è bisogno di dir molto sulla O.D.S. E’ ormai un’idea fissa della destra che questo Presidente sia malvagio e incompetente, al punto che ogni cosa che tocca quest’ateo Islamico Marxista Keniano e Democratico – l’ultima voce soprattutto – è destinata ad essere terribilmente sbagliata. Quando arrivano buone notizie sul bilancio, o sull’economia, o sulla riforma sanitaria – la quale sta, per inciso, rapidamente riducendo il numero dei non assicurati, nel mentre costa molto meno di quanto ci si aspettasse – deve essere negata.

Ad un livello più profondo, l’ideologia conservatrice contemporanea dipende completamente dal concetto che i conservatori, e solo essi, siano in possesso della chiave segreta della prosperità. Di conseguenza, a destra si sentono spesso uomini politici avanzare argomenti come il seguente, da parte di Rand Paul [1]: “Quando fu, nel nostro paese, l’ultima volta che si crearono milioni di posti di lavoro? Fu con Ronald Reagan.

Per la verità, se creare “milioni di posti di lavoro” significa aumentare di due milioni o più di posti di lavoro in un anno determinato, è una cosa che è accaduta 13 volte dal momento in cui Reagan lasciò l’incarico: otto volte con Bill Clinton, due volte con George W. Bush e, sino a questo punto, tre volte con Barack Obama. Ma chi fa conti del genere?

Tuttavia, forse che i progressisti non nutrono illusioni simili? No, per la verità. L’economia aumentò con Clinton di 23 milioni di posti di lavoro, a confronto dei 16 milioni sotto Reagan, ma non c’è niente a sinistra paragonabile al culto di San Ronald. Questo dipende dal fatto che i progressisti non hanno bisogno di sostenere che le loro politiche produrranno una crescita spettacolare. Tutto quello di cui hanno bisogno è sostenere che è fattibile: che si possono fare cose come, ad esempio, garantire a tutti la assistenza sanitaria senza distruggere l’economia. Da parte loro, i conservatori intendono invece bloccare cose del genere, e al loro posto tagliare le tasse sui ricchi e abbattere i sussidi agli emarginati. Cosicché debbono sostenere sia che le politiche progressiste distruggono i posti di lavoro, sia che essere generosi con i ricchi sia una pozione magica.

La qualcosa mi porta all’ultimo aspetto: l’imbroglio della fiducia.

Un mistero perdurante dell’economia politica è per quale ragione gli interessi delle imprese siano così spesso in contrasto con le politiche per combattere la disoccupazione. Dopo tutto, incoraggiare l’economia con una politica espansiva monetaria e della spesa pubblica è una cosa positiva per i profitti come per i salari, tuttavia molti individui ricchi e dirigenti di imprese chiedono invece restrizioni monetarie ed austerità.

Eppure, come un certo numero di osservatori ha messo in evidenza, per le grandi imprese ammettere che le politiche pubbliche possano creare posti di lavoro sarebbe come svalutare uno dei propri argomenti politici preferiti – la pretesa che per realizzare prosperità gli uomini politici debbano, più di ogni altra cosa, preservare la fiducia delle imprese, astenendosi da ogni critica sulle condotte degli impresari [2].

Nel caso di Obama, un ragionamento di questo genere porta a quella che io chiamo la teoria di una ripresa fiacca derivante dal complesso del “Mamma, mi guarda male![3]. Intendo con ciò l’insistenza secondo la quale la ripresa non sarebbe stata trattenuta da fattori obbiettivi come i tagli alla spesa e l’eccedenza del debito, ma piuttosto dai sentimenti feriti della classe dirigente imprenditoriale, a seguito delle osservazioni di Obama secondo le quali alcuni banchieri si erano comportati negativamente ed alcuni dirigenti avevano forse trattamenti troppo generosi. Chi si immaginava che i magnati ed i banchieri fossero anime così sensibili? In ogni caso, tuttavia, quella teoria non è più sostenibile a fronte di una ripresa che ha finalmente cominciato a realizzare cospicui incrementi di occupazione, anche se tutto ciò avrebbe dovuto accadere prima.

Dunque, come ho detto all’inizio, il fatto che stiamo cominciando a vedere il buongiorno nell’America che lavora – una solida crescita dei posti di lavoro sia al livello nazionale che a quello degli Stati che avevano sfidato l’ortodossia degli sgravi fiscali e della deregolamentazione della destra – è un problema grave per i conservatori. Per quanto non lo ammetteranno mai, i fatti hanno mostrato che i loro convincimenti prediletti erano infondati.

 

[1] Randal Howard “Rand” Paul è un oculista e politico statunitense, attuale senatore per lo stato del Kentucky. Rand Paul si definisce un “conservatore costituzionale”.

[2] Varie volte – vedi anni 2013 e 2014 – Krugman ha espresso il suo interesse per questa semplice ‘teoria’ espressa per la prima volta nel lontano 1943 da un economista marxista polacco, Michal Kalecki. Egli notava che negli anni ’30 i rappresentanti delle imprese erano normalmente stati ostili a politiche espansive della spesa pubblica (con l’eccezione della Germania, dove l’espansione era avvenuta con le spese militari); la ragione era non voler perdere un punto di forza, secondo il quale la creazione dei posti di lavoro dipende esclusivamente dal settore privato, e dunque la fiducia delle imprese è un prerequisito di ogni politica economica. Tale semplice tesi era contenuta in un breve, interessante saggio che si trova nel libro “Aspetti politici del pieno impiego”, Editori Riuniti, 1975.

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[3] Vale a dire, la lamentela delle associazioni imprenditoriali americane (non tutte, ma ad esempio la potente Camera di Commercio degli Stati Uniti) e di singoli magnati, secondo le quali Obama avrebbe espresso pregiudizi nei confronti del sistema delle imprese, in particolare nel settore finanziario, che avrebbero ostacolato la ripresa. Krugman ha spesso definito tale tendenza come un “complesso piagnone, o lamentoso” abbastanza infantile, come appunto quando un bambino ricorre alla protezione materna.

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