Blog di Krugman

Illusioni anti keynesiane (25 marzo 2015)

 

Anti-Keynesian Delusions

March 25, 2015 7:00 am

I forgot to congratulate Mark Thoma on his tenth blogoversary, so let me do that now. It’s hard to imagine what current economic debate would look like without the incredible job Mark does in assembling and discussing the most important new work, every day; for sure it would be vastly impoverished. Live long and prosper, Mark.

Today Mark includes a link to one of his own columns, a characteristically polite and cool-headed response to the latest salvo from David K. Levine. Brad DeLong has also weighed in, less politely.

I’d like to weigh in with a more general piece of impoliteness, and note a strong empirical regularity in this whole area. Namely, whenever someone steps up to declare that Keynesian economics is logically and empirically flawed, has been proved wrong and refuted, you know what comes next: a series of logical and empirical howlers — crude errors of reasoning, assertions of fact that can be checked and rejected in a minute or two.

Levine doesn’t disappoint. Right at the beginning of the example he claims refutes Keynesian thinking, he says,

Now suppose that the phone guy suddenly decides he doesn’t like tattoos enough to be bothered building a phone.

OK, stop right there. That’s an adverse supply shock, and no Keynesian claims that demand-side policies can cure the economy from the effects of such shocks. If you have a harvest failure, deficit spending can’t put the crops back in the fields. But that’s not what happened to the world economy in 2008, or in 1930; productive capacity was unimpaired, as was the willingness to work, so what we were looking at was something quite different — a demand shock, according to most economists, and everything we’ve seen is consistent with this view.

Actually, it’s even funnier than that: as Nick Rowe points out, Levine has in effect made phones the medium of exchange, so that he’s actually modeling something like a contractionary monetary policy!

And by the way: if you want a simple, homely example of how demand shocks can happen and cause unemployment, there is the baby-sitting coop.

So it’s the usual.

Meanwhile, on the empirical side: Anti-Keynesians like Levine are actually anti-monetarists too, although they may not realize it; their whole beef is with the idea that demand shortfalls can ever be a problem, and that pumping up demand in any way, monetary or fiscal, can ever be helpful. And they invariably live under a strange delusion: that the empirical evidence supports their position. This was never really true, and in fact the opposite has been the case for more than 30 years.

I could give you a lot of direct evidence, but let me instead just cite a guy named Chris Sims, who I think got some kind of prize for statistical work on economic fluctuations. Here’s his prize lecture, in which he describes his results:

The effects of monetary policy identified this way were quite plausible: a monetary contraction raised interest rates, reduced output and investment, reduced the money stock, and slowly decreased prices … This pattern of results turned out to be robust in a great deal of subsequent research by others that considered data from other countries and time periods and used a variety of other approaches

Here’s how I see it: by any normal set of intellectual criteria, this debate should have been over 25 years ago. The evidence that monetary shocks have real effects was and is overwhelming, and it’s very difficult to write down a model in which this is true but in which fiscal policy is never effective at least on some occasions. The spectacular success of liquidity-trap predictions these past 6 years is just icing on the cake.

To understand why anti-Keynesian delusions persist, then, we need to turn to other social sciences, and try to make sense of the sociological forces that keep these delusions alive.

 

Illusioni anti keynesiane

Avevo scordato di congratularmi con Mark Thoma per il decimo anniversario del suo blog, cosicché lo faccio adesso. È difficile immaginare cosa sarebbe l’attuale dibattito economico senza il lavoro incredibile che Mark fa, nell’assemblare e discutere i più importanti nuovi contribuiti, giorno per giorno; di sicuro sarebbe assai più povero. Lunga vita e successi, Mark.

Oggi Mark include una connessione con uno dei suoi stessi articoli, una risposta caratteristicamente garbata e razionale all’ultima scarica di David K. Levine. Anche Brad DeLong era intervenuto, meno garbatamente.

Mi piacerebbe intervenire a proposito con un pezzo più generale sulla maleducazione, e osservo in questa intera area una forte regolarità empirica. Precisamente, ogni volta che qualcuno si fa avanti per dichiarare che l’economia keynesiana è logicamente ed empiricamente viziata, che è stata dimostrata sbagliata e confutata, sapete quello che segue: una serie di logiche ed empiriche castronerie – grossolani errori di ragionamento, asserzioni di fatti che possono essere verificati e rigettati in un minuto o due.

Levine non delude. Proprio all’inizio dell’esempio che pretende confuti il pensiero keynesiano, afferma:

“Ora supponiamo che l’individuo del telefono improvvisamente decida di non gradire a sufficienza i tatuaggi, da prendersi il disturbo di fabbricare un telefono [1]

Bene, fermiamoci subito qua. Quello è uno shock derivante da un’offerta sfavorevole, e nessun keynesiano sostiene che politiche dal lato della domanda possano curare l’economia dagli effetti di shock di tale natura. Se avete un crollo in un raccolto, la spesa in deficit non può riportare sui campi le vostre coltivazioni. Ma non è quello che è successo nell’economia del mondo nel 2008, o nel 1930; la capacità produttiva era inalterata, così come la voglia di lavorare, cosicché quello a cui stavamo assistendo era una cosa abbastanza diversa – uno shock da domanda, secondo l’opinione della maggioranza degli economisti, ed ogni cosa che abbiamo visto è stata coerente con questo punto di vista.

In effetti, è persino più curioso: come Nick Rowe mette in evidenza, Levine ha in effetti fatto dei telefonini il mezzo di scambio, cosicché sta in effetto modellando qualcosa che assomiglia ad una politica monetaria restrittiva!

E, tra parentesi: se volete un semplice esempio casalingo su come possano accadere gli shock da domanda e provocare disoccupazione, c’è l’esempio della cooperativa di baby sitter [2].

Dunque, siamo alle solite.

Nel frattempo, sul lato empirico: gli anti keynesiani come Levine sono in effetti anche anti monetaristi, sebbene possono non rendersene conto; l’intera loro recriminazione è con l’idea stessa che le crisi da domanda possano essere un problema, e che immettere in qualche modo domanda, per via monetaria o della spesa pubblica, possa mai essere utile. E vivono costantemente sotto una strana illusione: che le prove empiriche siano di sostegno alla loro posizione. In effetti questo non è mai stato vero, e di fatto è accaduto l’opposto per più di trent’anni.

Potrei fornire una quantità di prove dirette, ma consentitemi invece di citare una persona che risponde al nome di Chris Sims, che mi risulta abbia ricevuto qualche riconoscimento per il lavoro statistico sulle fluttuazioni economiche [3]. Ecco la sua conferenza in occasione del Premio, nella quale descrive i suoi risultati:

“Gli effetti della politica monetaria in tal modo identificati sono abbastanza plausibili: una contrazione monetaria ha elevato i tassi di interesse, ridotto la produzione e gli investimenti, ridotto le riserve di valuta, e lentamente ridotto i prezzi … Questo schema di risultati risulta essere in gran misura coerente con ricerche successive da parte di altri, che hanno considerato dati di altri paesi e di altri periodi ed hanno usato una varietà di approcci diversi.”

Ecco come la vedo io: per ogni normale complesso di criteri intellettuali, questo dibattito sarebbe dovuto terminare 25 anni orsono. La prova che gli shock monetari hanno effetti reali era ed è schiacciante, ed è molto difficile metter giù un modello nel quale questa verità sia riconosciuta, ma nel quale la politica della finanza pubblica non sia mai efficace, neppure in qualche occasione. Il successo spettacolare delle previsioni sulla base della trappola di liquidità nei sei anni passati è soltanto una ciliegina sulla torta.

Per comprendere la ragione per la quale le illusioni degli anti keynesiani persistono, dunque, abbiamo bisogno di rivolgerci ad altre scienze sociali, e cercare di dare un significato alle forze che tengono in vita tali illusioni, da un punto di vista sociologico.

 

 

[1] Nell’articolo di Levine compare questo ragionamento: si suppone che ci siano alcuni individui che producono o fanno cose diverse: telefonini, tatuaggi, taglio dei capelli etc. Tali individui si scambiano i loro prodotti o il loro lavoro, l’uno con l’altro. Tutto è perfetto, sostiene Levine, finché ognuno è contento di quello che fa. Ma il cerchio si rompe allorché uno di loro decide di non gradire più lo scambio con quello che offre l’altro.

L’articolo ha per titolo “L’illusione keynesiana”, e compare nel mese di marzo sul blog di Levine.

[2] La connessione è con un vecchio articolo di Krugman (anno 1998, rivista “Slate”), nel quale appunto si spiegava il processo di una crisi da domanda sulla base di un aneddoto, o meglio di un fatto realmente accaduto ad una informale cooperativa new yorkese.

[3] Ovviamente, espressione scherzosa. Sims è stato insignito del Premio Nobel per l’economia nell’anno 2011.

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