Blog di Krugman

Larry Kudlow e il fallimento della scuola di Chicago (2 marzo 2015)

 

Mar 2 9:31 am

Larry Kudlow and the Failure of the Chicago School

Jonathan Chait does insults better than almost anyone; in his recent note on Larry Kudlow, he declares that

The interesting thing about Kudlow’s continuing influence over conservative thought is that he has elevated flamboyant wrongness to a kind of performance art.

And Chait doesn’t even mention LK’s greatest hits — his sneers at “bubbleheads” who thought something was amiss with housing prices, his warnings about runaway inflation in 2009-10, his declaration that a high stock market is a vote of confidence for the president — but only, apparently, if said president is Republican.

But what’s really interesting about Kudlow is the way his influence illustrates the failure of the Chicago School, as compared with the triumph of MIT.

But, you say, Kudlow isn’t a product of Chicago, or indeed of any economics PhD program. Indeed — and that’s the point.

There are plenty of conservative economists with great professional credentials, up to and including Nobel prizes. But the right isn’t interested in their input. They get rolled out on occasion, mainly as mascots. But the economists with a real following, the economists who have some role in determining who gets the presidential nomination, are people like Kudlow, Stephen Moore, and Art Laffer.

Meanwhile, on the liberal side of the aisle it’s all Clark medalists, laureates, and/or economists who may not (yet) have those particular gongs but have large research CVs and lots of citations in the professional literature.

And yes, what those of us in that role say in policy debates is very much informed by the professional research. In my own case, I’d guess that about 80 percent of what I’ve had to say about macroeconomics since the crisis was prefigured in my 1998 liquidity trap paper, which was classic MIT style — a stylized little model backed by and applied to real-world events, with lots of data used simply. (Seriously, skim that piece and you’ll see why I sometimes seem so frustrated: People keep rolling out arguments I showed were wrong all those years ago, or trotting out arguments I made back then as something new and somehow a challenge to conventional wisdom.)

Maybe the right prefers guys without credentials because they really know how things work, although I’d argue that this proposition can be refuted with two words: Larry Kudlow. More likely, it’s that affinity fraud thing: Professors, even if they’re conservative, just aren’t the base’s kind of people. I don’t think it’s an accident that Kudlow still dresses like Gordon Gekko after all these years.

Anyway, food for thought — if thinking is the kind of thing you like to do.

 

Larry Kudlow e il fallimento della scuola di Chicago

Per davvero Jonathan Chait riesce e deridere meglio di quasi tutti; nella sua nota recente su Larry Kudlow, afferma che:

“La cosa interessante della permanente influenza di Kudlow sul pensiero conservatore è che egli ha elevato la strepitosa capacità di fare sbagli ad una sorta di manifestazione artistica.”

E Chait nemmeno rammenta i colpi più appariscenti di Larry Kudlow – i suoi sogghigni agli “sciocconi” che pensavano che ci fosse qualcosa di storto nei prezzi delle abitazioni, i suoi ammonimenti sull’inflazione fuori controllo nel 2009-2010, la sua dichiarazione per la quale un mercato azionario vivace è un voto di fiducia per il Presidente – ma soltanto, a quello che sembra, se il detto Presidente è repubblicano.

Ma quello che è veramente interessante di Kudlow è il modo in cui col suo ascendente illustra il fallimento della Scuola di Chicago, a confronto con il grande successo del MIT.

Eppure, direte, Kudlow non è un prodotto di Chicago, e neppure, per la verità, di qualsiasi programma per dottorandi in economia. E’ così – e il punto è proprio lì.

Ci sono una quantità di economisti conservatori con grandi credenziali professionali, sino ad includere premi Nobel. Ma la destra non è interessata al loro contributo. Vengono messi in mostra in molte occasioni, come mascotte. Ma gli economisti con un seguito reale, quelli che hanno un qualche ruolo nel determinare chi ottiene la nomina alle presidenziali, sono persone come Kudlow, Stephen Moore e Art Laffer.

Contemporaneamente, sulla navata laterale dei progressisti ci sono tutte ‘medaglie Clark’ [1], laureati e/o economisti che possono non avere (ancora) quei particolari riconoscimenti ma hanno ampi curricula di ricerca ed una quantità di citazioni nella letteratura professionale.

Ed in effetti, quello che dicono nei dibattiti coloro che, tra di noi, hanno quel ruolo, è molto basato sulla ricerca professionale. Nel mio caso personale, direi che circa l’80 per cento di quello che avevo da dire sulla macroeconomia a partire dalla crisi era prefigurato nel mio saggio sulla trappola di liquidità del 1998, che era nel classico stile del MIT – un piccolo modello stilizzato seguito ed applicato agli eventi del mondo reale, con una quantità di dati usati in modo semplice (sul serio, scorrete quell’articolo e capirete perché qualche volta sembro così frustrato: la gente continua a svolgere argomenti che io avevo mostrato errati tutti quegli anni fa, oppure tira in ballo come qualcosa di nuovo, e in qualche modo come una sfida alle convenzioni, argomenti ai quali ero arrivato allora).

Forse la destra preferisce personaggi senza credenziali perché sa sul serio come va il mondo, sebbene direi che questa affermazione potrebbe essere confutata con due parole: Larry Kudlow. E’ più probabile che si tratti di quella faccenda del reato ‘di affinità’ [2]: i professori, anche se conservatori, non sono proprio il genere di persone di quella base. Non penso che sia un caso se Kudlow, dopo tutti questi anni, vesta ancora come Gordon Gekko.

In ogni caso, cose che alimentano il pensiero – ammesso che il pensare sia ciò che vi piace fare.

 

[1] La ‘medaglia’ John Bates Clark è un premio che viene dato agli economisti con meno di quarant’anni che si giudica abbiano dato i migliori contributi alla ricerca nel settore. Istituito nel 1947, il premio è stato biennale sino al 2009 e annuale a partire dal 2010.

z 532

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[2] La “affinity fraud”, negli USA, è un vero e proprio reato che è normalmente oggetto di procedure giudiziarie, allorquando l’affinità (spesso religiosa, ma anche sociale, culturale etc.) provoca comportamenti ispirati al raggiro ed alla truffa. Normalmente il raggiro è ai danni dei componenti del gruppo, la cui ‘affinità’ viene utilizzata da qualcuno per trarne indebito vantaggi; potremmo anche tradurlo con “reato di appartenenza”. Ad esempio, un finanziere come il famigerato Madoff, condannato all’ergastolo, truffò vari personaggi che si erano affidati a lui per iniziative sociali e filantropiche; in quel caso l’affinità o la appartenenza si riferiva paradossalmente a quegli ‘ideali’, da Madoff usati in modo truffaldino.

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