Blog di Krugman

Sant’Agostino e la stagnazione secolare (dal blog di Krugman, 16 marzo 2015)

 

Mar 16 9:59 am

St. Augustine and Secular Stagnation

Brad DeLong reminds me of Simon Wren-Lewis’s excellent piece on Eurozone fiscal policy, which emphasizes the extent to which European officials still don’t get the basic macroeconomics of their position. I realized, however, that recent discussion of secular stagnation — which seems like a realistic possibility for Europe, even more so than the US — adds a twist to the story, one that I’m not sure is widely appreciated.

The way to put both the basic argument and the twist is, I think, in terms of the neutral interest rate — the short-term interest rate that would produce full employment. In the aftermath of the financial crisis, this rate was clearly negative, which means — leaving the possibility of modestly negative rates aside — that conventional monetary policy had reached its limits. Most analyses, however, assume that this is a temporary condition. So the expected time path of the neutral rate looks like this:

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What does this say about fiscal policy? Well, fiscal austerity in the first part of this figure, when the neutral rate is unattainable, is a terrible idea, even if you have high public debt. Why? Because multipliers are large, so that austerity has a large cost in lost output and unemployment; given hysteresis, it may even make the long-run fiscal situation worse. The appropriate policy during the era of the binding zero lower bound is fiscal stimulus to achieve full employment, and worry about debt later.

I think I was the first to quote St. Augustine here: “Grant me chastity and continence, but not yet.”

Within the euro area, as Simon correctly notes, there’s a question of allocation among countries, which should be decided on the basis of competitive adjustment, not debt burden: the average output gap should be zero, but countries in need of a relative fall in prices should run below potential, those in need of a relative rise run above potential, and fiscal policy should make it so.

But the assumption here is that the neutral rate will eventually rise, so that monetary policy can take over the job of achieving full employment. What if we have doubts about whether that will ever happen?

Well, that’s the secular stagnation question. In fact, I’d define secular stagnation as a situation in which the neutral interest rate is normally, persistently below zero. And this raises a puzzle: If we worry about secular stagnation, should we then say that St. Augustine no longer applies, because better days are never coming?

No.

The way to deal with secular stagnation, if we believe in our models, is to raise the long-run neutral interest rate above zero. If we can do this via structural reform and/or self-financing infrastructure investment, fine. If not, raise the inflation target.

And how do we get to the higher target inflation rate, when monetary policy is having trouble getting traction? Fiscal policy! If you’re really worried about secular stagnation, you should advocate a combination of a raised inflation target and a burst of fiscal stimulus to help the central bank get there.

So the St. Augustine approach is right either way, with secular stagnation suggesting the need to be even less chaste in the short run.

 

Sant’Agostino e la stagnazione secolare

Brad DeLong mi rammenta l’eccellente articolo di Simon Wren-Lewis sulla politica della finanza pubblica dell’eurozona, che pone l’accento su quanto i dirigenti europei non abbiano ancora compreso la macroeconomia di base della loro situazione. Mi sono reso conto, tuttavia, che il recente dibattito sulla stagnazione secolare – che sembra una possibilità realistica per l’Europa, ancor più che per gli Stati Uniti – aggiunga a quel racconto una torsione, che non sono sicuro sia ampiamente compresa.

Il modo per avanzare sia l’argomento fondamentale che quello relativo alla torsione penso che sia nei termini del tasso di interesse neutrale [1] – il tasso di interesse a breve termine che produrrebbe la piena occupazione. All’indomani della crisi finanziaria questo tasso era chiaramente negativo, il che significa che – lasciando da parte la possibilità di tassi modestamente negativi – la politica monetaria convenzionale ha raggiunto i suoi limiti. Gran parte delle analisi, tuttavia, suppongono che questa sia una condizione temporanea. Dunque, l’andamento atteso nel tempo del tasso neutrale appare nel modo seguente:

z 569

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Cosa ci dice questo della politica della finanza pubblica? Ebbene, l’austerità della finanza pubblica nella prima parte di questo diagramma, quando il tasso di interesse neutrale è irraggiungibile, è un’idea terribile, anche se si ha un elevato debito pubblico. Perché? Perché i moltiplicatori sono ampi, cosicché l’austerità ha un grande costo in termini di produzione perduta e di disoccupazione; data l’isteresi [2], essa può rendere la situazione finanziaria di lungo periodo ancora peggiore. La politica appropriata nel periodo nel quale si è limitati dal limite inferiore dello zero (nei tassi di interesse) è lo stimolo della spesa pubblica per realizzare la piena occupazione, e preoccuparsi del debito successivamente.

Penso, in questo caso, di essere stato il primo a citare Sant’Agostino [3]: “Concedimi la castità e la continenza, ma non ancora”.

All’interno dell’area euro, come osserva correttamente Simon, c’è un problema di distribuzione tra i paesi, che dovrebbe essere decisa sulla base di una correzione competitiva, non del peso del debito: il differenziale medio della produzione dovrebbe essere zero, ma i paesi che hanno bisogno di una discesa relativa dei prezzi dovrebbero correre al di sotto di quel potenziale, quelli che hanno bisogno di una crescita relativa dei prezzi dovrebbero correre sopra il potenziale, e ciò dovrebbe essere realizzato dalla politica della finanza pubblica.

Ma l’assunto in questo caso è che alla fine il tasso neutrale salirà, cosicché la politica monetaria potrà subentrare nel compito di realizzare la piena occupazione. Cosa accade se abbiamo dubbi sul fatto che questo possa mai accadere?

Ebbene, quella è la questione della stagnazione secolare. Di fatto, definirei la stagnazione secolare come una situazione nella quale il tasso di interesse neutrale è normalmente e in modo continuativo al di sotto dello zero. E questo solleva un interrogativo: dovremmo dire in quel caso che l’espressione di Sant’Agostino non si applica più, perché giorni migliori non verranno mai?

No.

Il modo di trattare la stagnazione secolare, se abbiamo fiducia nei nostri modelli, è quello di elevare sopra lo zero il tasso di interesse neutrale di lungo periodo. Se possiamo farlo attraverso la strada di riforme strutturali e/o di investimenti autofinanziati in infrastrutture, bene. Altrimenti, si deve elevare l’obbiettivo di inflazione.

E come possiamo avere un obbiettivo più elevato del tasso di inflazione, quando la politica monetaria è in difficoltà a produrre una spinta in avanti? Con la politica della spesa pubblica! Se siete davvero preoccupati della stagnazione secolare, dovreste sostenere una combinazione di un obbiettivo di inflazione accresciuto e di una fiammata di stimolo di spesa pubblica che aiuti la banca centrale ad arrivare a quel punto.

Dunque, l’approccio di Sant’Agostino è giusto in entrambi i casi, la stagnazione secolare indica la necessità di essere ancora meno casti nel breve periodo.

 

 

[1] Il tasso di interesse neutrale, o anche ‘naturale’, è un concetto che deriva dall’economista svedese Knut Wicksell ed è il tasso al quale il PIL reale sta crescendo al suo tasso tendenziale e l’inflazione è stabile. In questo senso coincide con il tasso che è coerente con la piena occupazione ‘possibile’. ‘Possibile’ e non letterale, perché la condizione che determina la quantità di occupazione consiste nel fatto che essa non provochi spinte inflattive, e questo coincide con un livello di disoccupazione considerato il minimo ragionevole (la Fed lo stima attorno al 5/5,5).

[2] L’Isteresi è il fenomeno per il quale il valore assunto da una grandezza che dipende da altri fattori è determinato non solo dagli ultimi valori di tali fattori, ma anche dai valori che essi avevano in precedenza, che in qualche modo cumulano i loro effetti sull’oggetto che si sta considerando. Più semplicemente, è il fenomeno per il quale un sistema reagisce in ritardo alle sollecitazioni e sconta la loro linea di tendenza complessiva. Il termine, derivante dal greco ὑστέρησις (hystéresis, “ritardo”), fu introdotto nel senso moderno da James Alfred Ewing nel 1890, ed è usato in generale nella teoria dei sistemi dinamici, quindi non solo in fisica, ma anche in biologia ed economia. (Wikipedia)

[3] Questo buffo adattamento della umanissima massima di Sant’Agostino all’economia della ‘trappola di liquidità’ venne per la prima volta escogitato da Krugman nel post “Bernanke di Ippona”, del 27 febbraio 2013, qua tradotto.

 

giu 20 m

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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