Blog di Krugman

Superesperti, alti prelati e lo stato dell’economia (dal blog di Krugman, 13 marzo 2015)

 

Mar 13 9:41 am

Nerds, High Priests, and the State of Economics

z 563

 

 

 

 

 

 

 

 

I’ll spend much of this weekend at the New York Review of Books conference on what’s wrong with the economy and economists; and it seems to me that it’s important, in these things, to ask, “Compared to what?”

For this discussion, let’s leave out the unfortunately substantial number of economists who decided to throw basic macroeconomics out the window; that’s an important story, but a different one from what I want to talk about here. Let’s talk instead about economists who stayed with more or less standard textbook macroeconomics. How did they do?

Well, very few saw the crisis coming — mainly, I’d say, for two reasons. First, most economists (me too) failed to understand how the growth of shadow banking, which lacked a deposit-insurance safety net, had recreated the possibility of old-fashioned financial panics. Second, we didn’t pay nearly enough attention to household debt. So the crisis came as a surprise.

But these were failures of observation, not fundamental conceptual problems, and the sensible half of the profession quickly took them on board — basically realized that we were seeing old issues in new bottles. Or as I tend to think of it, we collectively went “Aha! Diamond-Dybvig-Irving Fisher yowza!” and all was clear.

What about after the crisis struck? Here, the theory of the liquidity trap came to the fore, and the sensible half made some startling predictions: massive expansion of central bank balance sheets would not be inflationary, large deficits would not drive up interest rates, austerity would depress economies by much more than it does in normal times. These were not obvious propositions — in fact, many people who thought they knew economics considered them absurd (“Who will buy all the debt that’s being issued? How can you possibly claim that printing that much money isn’t inflationary?”) But they proved right. These past six years have actually been a big win for basic Hicksian macroeconomics.

But, you may ask, compared to what? Well, consider the people Simon Wren-Lewis calls the “high priests”, people who are supposedly “close to the markets” and whose vast experience and intuition grant them insights denied to nerdy economists with their little models. How did they do? The answer is that they’ve spent these past six years declaring that we’re going to turn into Greece any day now (and it’s “regrettable” that it hasn’t happened yet), that we can boost the economy by cutting deficits, because confidence.

Great calls, guys. Remarkably, as Simon points out, politicians still hang on the words of these high priests. But the truth is that textbook economics and the economists who were willing to apply it have done vastly better.

 

Superesperti, alti prelati e lo stato dell’economia [1]

z 563

 

 

 

 

 

 

 

 

In questo fine settimana passerò molto tempo alla conferenza indetta dalla New York Review of Books su quello che non va nell’economia e tra gli economisti. In cose del genere, mi sembra importante chiedersi: “A confronto di cosa?”

Per questa discussione, lasciamo da parte il numero sfortunatamente elevato di economisti che decisero di buttare alle ortiche la macroeconomia di base; si tratta di una storia importante, ma di un genere diverso da quella di cui intendo parlare in questa occasione. Parliamo invece degli economisti che sono rimasti ai libri di testo più o meno abituali della macroeconomia. Nel loro caso, come è andata?

Ebbene, pochissimi previdero l’arrivo della crisi – principalmente direi, per due ragioni. La prima, la maggioranza degli economisti (compreso il sottoscritto) non compresero come la crescita del sistema bancario ombra, che mancava di reti di sicurezza assicurativa sui depositi, avesse ricreato la possibilità di situazioni di panico finanziario del genere del passato. La seconda, non prestammo sufficiente attenzione al debito delle famiglie. Dunque, la crisi arrivò a sorpresa.

Ma questi furono difetti di osservazione, non problemi concettuali fondamentali, e la parte ragionevole della disciplina economica rapidamente se ne fece carico – fondamentalmente capì che eravamo in presenza di vecchie tematiche confezionate in modo nuovo. Oppure, come preferisco pensare, collettivamente prorompemmo in un: “Ah! Ma guarda, Diamond-Dybvig-Irving Fisher! [2]”, e tutto divenne chiaro.

Cosa accadde, dopo che la crisi scoppiò? Ecco che venne allo scoperto la teoria della trappola di liquidità, e la parte ragionevole fece qualche notevole previsione: la massiccia espansione degli equilibri patrimoniali della banca centrale non avrebbe avuto effetti inflattivi, gli ampi deficit non avrebbero spinto in alto i tassi di interesse, l’austerità avrebbe depresso le economie molto di più di quello che provoca in tempi normali. Erano concetti non ovvi – di fatto, molte persone che pensavano di conoscere l’economia li considerarono assurdi (“Chi comprerà tutte quelle obbligazioni sul debito che sono state emesse? Come potete ragionevolmente sostenere che quello stampare tanta moneta non sia inflazionistico?”) Eppure si mostrarono giuste. Questi sei anni passati per la verità hanno costituito un grande successo per la macroeconomia Hicksiana [3] di base.

Ma, potete chiedervi, in relazione a cosa? Ebbene, si considerino gli individui che Simon Wren-Lewis chiama “alti prelati”, persone che si suppongono essere “vicine ai mercati” e la cui vasta esperienza ed intuito garantiscono loro le intuizioni che sono negate agli economisti superesperti, con i loro modesti modelli. Come si sono comportati costoro? La risposta è che hanno passato i sei anni passati a dichiarare, che un giorno o l’altro saremmo finiti nella stessa situazione della Grecia (e che era “deplorevole” che non fosse ancora accaduto), che possiamo incoraggiare l’economia tagliando i deficit, a causa della fiducia.

Belle scelte, signori miei. Il fatto rilevante, come dice Simon, è che gli uomini politici sono appesi alle parole di questi alti prelati. Ma la verità è che i libri di testo di economia e gli economisti che hanno avuto l’ostinazione di applicarli, hanno avuto risultati enormemente migliori.

 

 

 

[1] Sulla copertina della rivista Time del 1999 – ricordata im premessa di questo post – comparivano l’allora Presidente della Fed Alan Greenspan (in primo piano), il Segretario al Tesoro Robert Rubin all’epoca della Amministrazione Clinton (alla sinistra) e il Vice Segretario al Tesoro Lawrence Summers. Il titolo era “I predestinati alla salvezza del mondo: la storia segreta di come i Tre Moschettieri hanno impedito il collasso economico globale”. Naturalmente, dopo alcuni anni ci si ricordò di quella copertina, con frequente umorismo.

[2] Si tratta di tre economisti statunitensi. Peter Diamond, professore al MIT, è un esperto di tematiche della sicurezza sociale; Philip Dybvig – studioso di tematiche finanziarie – coautore con Diamond di un modello che esamina i rischi di ‘corse agli sportelli’ delle banche prive di sistemi di assicurazione sui depositi; Irving Fisher, infine, famose economista statunitense della prima parte del XIX Secolo.

E’ evidente che sono qua messi assieme, nel senso che tutti e tre studiarono in varie epoche diverse i fenomeni che sono esplosi nella crisi del 2008 (i primi due i sistema bancario “ombra”, Fisher le ‘crisi da debito’).

[3] John Richard Hicks fu un economista inglese molto famoso e discusso. Venne considerato da molti il principale interprete del Keynesismo (anche se il suo “Valore e Capitale” era in effetti contemporaneo alla pubblicazione dell’opera principale di Keynes), e da altri – tra i quali alcuni principali allievi di Keynes, come Joan Robinson – come una sorta di ‘traditore’ della ispirazione di fondo del keynesismo. Lui stesso ebbe idee diverse del suo contributo all’economia, e ne prese gradualmente le distanze. Ma il suo “Modello IS-LM” è il riferimento costante dei suoi sostenitori postumi, di Krugman in particolare. Il termine stesso “trappola di liquidità” fu formulato più esplicitamente da Hicks che non da Keynes. In questo blog appaiono di continuo riferimenti al suo contributo; se ne può trovare alcuni esempi sin dal saggio di Krugman del febbraio 2012 (“L’economia nella crisi”) e, prima ancora, nel saggio “La trappola del Giappone” del 1998.

z 562

 

 

 

 

 

 

 

By


Commenti dei Lettori (0)


E' possibile commentare l'articolo nell'area "Commenti del Mese"