Blog di Krugman

La sterzata di Leffer (10 aprile 2015)

 

Apr 10 10:03 am

The Laffer Swerve

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Congressional Budget Office

Jim Tankersley has a good article on Arthur Laffer’s never-stronger influence on the Republican party, with just one seriously misleading statement:

Laffer’s ideas have also grown out of fashion with much of the mainstream economic community. There is an entire branch of economic literature that uses detailed equations to show cutting top tax rates does not spark additional growth.

No, Laffer hasn’t “grown out of fashion” with mainstream economics — he was never in fashion. There was never any evidence to support strong supply-side claims about the marvels of tax cuts and the horrors of tax increases; even freshwater macroeconomists, despite their willingness to believe foolish things, never went down that road.

And nothing in the experience of the past 35 years has made Lafferism any more credible. Since the 1970s there have been four big changes in the effective tax rate on the top 1 percent: the Reagan cut, the Clinton hike, the Bush cut, and the Obama hike. Republicans are fixated on the boom that followed the 1981 tax cut (which had much more to do with monetary policy, but never mind). But they predicted dire effects from the Clinton hike; instead we had a boom that eclipsed Reagan’s. They predicted wonderful things from the Bush tax cuts; instead we got an unimpressive expansion followed by a devastating crash. And they predicted terrible things from the tax rise after Obama’s reelection; instead we got the best job growth since 1999.

And when I say “they predicted”, I especially mean Laffer himself, who has a truly extraordinary record of being wrong at crucial turning points. As Bruce Bartlett pointed out a few years ago, Laffer was even wrong during the Reagan years: he predicted that the Reagan tax hikes of 1982, which partially reversed earlier cuts, would cripple the economy; “morning in America” promptly followed. Oh, and let’s not forget his 2009 warnings about soaring interest rates and inflation.

The question you should ask, then, is why this always-wrong economic doctrine now has a stronger grip on the GOP than ever before.

It wasn’t always thus. George W. Bush’s inner circle clearly had little use for the likes of Laffer; they engaged in a lot of deceptive advertising about the economy (and a few other things), but they never made extravagant supply-side claims — and remember that Greg “charlatans and cranks” Mankiw served as chairman of the Council of Economic Advisers. But since 2009 the GOP has swerved hard right into fantasy land — and it has done so despite a remarkable string of dead-wrong predictions by the people peddling that fantasy.

Tankersley quotes me as saying that it’s about wanting economists who tell them what they want to hear, which is self-evidently true. But that kind of wishful thinking is always around. What seems to have happened to American conservatives is that they have lost all the checks and balances that used to limit that kind of solipsism. And of course it’s not just economic policy.

What do we do in the face of a major party gone mad?

 

La sterzata di Leffer

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Congressional Budget Office

 

Jim Tankersley ha un buon articolo sulla influenza di Arthur Laffer [1], che non è mai stata più forte sul Partito Repubblicano, che contiene soltanto una affermazione seriamente inesatta:

“Le idee di Laffer sono anche passate di moda presso gran parte della comunità economica principale. C’è un’intera branca della letteratura economica che utilizza equazioni dettagliate per mostrare che i tagli alle tasse sui più ricchi non innescano una crescita aggiuntiva.”

No, Laffer non è “passato di moda” nell’economia prevalente – egli non è mai stato di moda. Non c’è mai stata alcuna prova per sostenere le pretese dell’economia dal lato dell’offerta sulle meraviglie degli sgravi fiscali e sugli orrori degli aumenti delle tasse; persino i macroeconomisti dell’ “acqua dolce” [2], nonostante la loro disponibilità a credere in cose sciocche, non sono mai scesi su quell’indirizzo.

E niente nella esperienza degli ultimi 35 anni ha reso il ‘lafferismo’ in qualche modo più credibile. A partire dagli anni ’70 ci sono stati quattro grandi cambiamenti nelle aliquote fiscali effettive dell’1 per cento dei più ricchi: i tagli di Reagan, gli incrementi di Clinton, i tagli di Bush e gli incrementi di Obama. I repubblicani sono fissati sulla espansione che seguì gli sgravi fiscali del 1981 (che ebbe molto di più a che fare con la politica monetaria, ma lasciamo perdere). Ma avevano previsto effetti tremendi dagli incrementi di Clinton; invece si ebbe una espansione che eclissò quella di Reagan. Avevano previsto cose terribili dagli aumenti fiscali dopo la rielezione di Obama; invece abbiamo avuto la migliore crescita dei posti di lavoro a partire dal 1999.

E quando dico “avevano previsto”, intendo in particolare lo stesso Laffer, che ha un record veramente straordinario nel fare sbagli nei momenti di svolta cruciali. Come mise in evidenza alcuni anni orsono Bruce Bartlett, Laffer si sbagliò persino durante gli anni di Reagan: aveva previsto che gli aumenti fiscali del 1982, che in parte invertirono i tagli precedenti, avrebbero danneggiato l’economia; quello che seguì fu immediatamente il periodo del “buongiorno in America” [3]. E, infine, non dimentichiamo le sue messe in guardia del 2009 sui tassi di interesse e sull’inflazione che sarebbero saliti alle stelle.

La domanda che dovreste porvi, dunque, è perché questa dottrina economica sempre dalla parte del torto abbia una presa sul Partito Repubblicano, che oggi è più grande che mai.

Non è sempre stato così. Chiaramente, la cerchia più ristretta di Bush fece poco uso di personaggi come Laffer; essi si impegnarono in un bel po’ di consigli fallaci sull’economia (e su poche altre cose), ma non avanzarono mai tesi stravaganti dal lato dell’offerta – e si ricordi che il Greg Mankiw degli “eccentrici e stravaganti”[4], operò come Presidente della Commissione dei Consulenti Economici. Ma, a partire dal 2009, il Partito Repubblicano ha sterzato nettamente a destra, in un territorio fantastico – e lo ha fatto nonostante una serie considerevole di previsioni completamente sbagliate da parte delle persone che mettevano in circolazione quelle fantasie.

Tankersley mi cita quando io dico che ciò dipende dal desiderio di disporre di economisti che dicono quello che si vuole sentir dire, la qualcosa è evidentemente vera di per sé. Ma quel modo di ragionare basato sui desideri è sempre in circolazione. Quello che a me sembra sia accaduto ai conservatori americani è che hanno perduto l’abitudine a quelle forme di controllo e di equilibrio con le quali limitavano quella sorta di solipsismo. E ovviamente questa non è davvero politica economica.

Cosa fare, dinanzi ad un importante partito che è uscito di testa?

 

[1] Arthur Betz Laffer (Youngstown, 14 agosto 1940) è un economista statunitense, sostenitore della teoria dell’offerta, che divenne molto influente negli anni dell’amministrazione Reagan, tanto da esserne uno dei massimi consiglieri economici negli anni della sua presidenza. Laffer è conosciuto principalmente per la sua curva di Laffer. La curva ipotizza che se la pressione fiscale è troppo alta, le entrate fiscali calano, in virtù dei disincentivi a aumentare -in presenza di aliquote elevate- l’attività lavorativa. Sebbene non rivendichi la paternità di questo concetto, rimane popolare un incontro con esponenti repubblicani prima delle elezioni presidenziali del 1980. Leggenda vuole che Laffer incontrò Reagan in un ristorante e, scarabocchiando la curva su un tovagliolo, lo convinse della bontà della propria teoria. (Wikipedia)

 

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[2] E’ il termine con il quale curiosamente si definisce una intera scuola economica americana dell’ultimo mezzo secolo, di orientamento conservatore o neoclassico o anti keynesiano. Il nome deriva dal fatto che essa era particolarmente forte nelle zone interne, ovvero nelle Università del Nord nella regione dei Laghi, con centro a Chicago. Al contrario, la scuola keynesiana era più forte nelle università delle aree costiere dei due oceani, e per questo venne chiamata dell’ “acqua salata”.

[3] Era il titolo di una trasmissione radiofonica dello stesso Reagan, che ebbe un grande successo e favorì la sua rielezione alla presidenziali del 1984, dove il candidato democratico Walter Mondale – che era stato vicepresidente con Carter – subì una grande sconfitta.

[4] Professore di economia e consigliere economico di Bush, che usò quella espressione proprio per liquidare quelle posizioni economiche che si affidavano agli effetti miracolistici degli sgravi fiscali verso i ricchi.

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