Blog di Krugman

Ritocchi all’austerità (22 aprile 2015)

 

Apr 22 8:23 am

Airbrushing Austerity

Ken Rogoff weighs in on the secular stagnation debate, arguing basically that it’s Minsky, not Hansen — that we’re suffering from a painful but temporary era of deleveraging, and that normal policy will resume in a few years.

As far as I can tell, however, Rogoff doesn’t address the key point that Larry Summers and others, myself included, have made — that even during the era of rapid credit expansion, the economy wasn’t in an inflationary boom and real interest rates were low and trending downward — suggesting that we’re turning into an economy that “needs” bubbles to achieve anything like full employment.

But what I really want to do right now is note something else, which is visible in the Rogoff piece and in many other things one reads lately — a backward-looking view of the austerity fever that swept policymaking circles in 2010 and airbrushes out the reality of intellectual folly. You see this sort of thing when people who predicted soaring interest rates from crowding out right away now claim that they were only talking about long-term solvency; when people who issued dire warnings about runaway inflation say that they were only suggesting a risk, or maybe talking about financial stability; and so on down the line.

So, in Rogoff’s version of austerity fever all that was really going on was that policymakers were excessively optimistic, counting on a V-shaped recovery; all would have been well if they had read their Reinhart-Rogoff on slow recoveries following financial crises.

Sorry, but no — that’s not how it happened. When I wrote about fear of invisible bond vigilantes and belief in the confidence fairy, I wasn’t inventing stuff out of thin air.

David Cameron didn’t say “Hey, we think recovery is well in hand, so it’s time to start a modest program of fiscal consolidation.” He said “Greece stands as a warning of what happens to countries that lose their credibility.” Jean-Claude Trichet didn’t say “Yes, we understand that fiscal consolidation is negative, but we believe that by the time it bites economies will be nearing full employment”. He said

As regards the economy, the idea that austerity measures could trigger stagnation is incorrect … confidence-inspiring policies will foster and not hamper economic recovery, because confidence is the key factor today.

I can understand why a lot of people would like to pretend, perhaps even to themselves, that they didn’t think and say the things they thought and said. But they did.

 

Ritocchi all’austerità

Ken Rogoff interviene sul dibattito sulla stagnazione secolare, sostenendo in sostanza che riguarda Minsky, non Hansen – che stiamo sopportando un periodo doloroso ma temporaneo di riduzione dei rapporti di indebitamento, e che una politica normale riprenderà tra pochi anni.

Per quanto posso dire, tuttavia, Rogoff non affronta il punto chiave che Larry Summers ed altri, compreso il sottoscritto, hanno avanzato – che persino durante l’epoca della rapida espansione del credito, l’economia non era in un boom inflazionistico e i tassi di interessi reali erano bassi e tendevano a scendere – indicando che stavamo trasformandoci in un’economia che “ha bisogno” di bolle per realizzare qualcosa che assomigli alla piena occupazione.

Ma quello che realmente sento il bisogno di fare in questo momento è notare qualcosa d’altro, che è visibile nel pezzo di Rogoff e in altre cose che si leggono di recente – un punto di vista retrospettivo della febbre dell’austerità che dilagò nei circoli degli operatori politici nel 2010 e che corregge con qualche ritocco la realtà di quella follia intellettuale. Potete osservare una cosa del genere quando le persone che avevano previsto che i tassi di interesse sarebbero saliti alle stelle per effetto dell’improvviso ‘spiazzamento’ [1], ora sostengono che stavano solo parlando di solvibilità a lungo termine; quando le persone che mettevano in circolazione terribili ammonimenti sull’inflazione fuori controllo, dicono che stavano soltanto indicando un rischio, o magari parlando della stabilità finanziaria; e così via con argomenti del genere.

Dunque, nella versione di Rogoff della febbre dell’austerità tutto ciò che accadde fu che gli operatori politici erano eccessivamente ottimistici, e contavano su una ripresa a forma di V; sarebbe tutto andato bene se essi si fossero studiati Reinhart-Rogoff a proposito delle lente riprese che fanno seguito alle crisi finanziarie.

No, sono spiacente, ma non è quello che accadde. Quando io scrissi sulla paura degli invisibili guardiani del bond e sulla fede nella fata della fiducia, non mi stavo inventando cose dal nulla.

David Cameron non diceva “Signori, pensiamo che la ripresa sia a portata di mano, quindi è il momento di avviare un modesto programma di consolidamento della finanza pubblica”. Egli disse: “La Grecia costituisce un ammonimento di quello che accade ai paesi che perdono la loro credibilità”. Jean-Claude Trichet non disse “Sì, comprendiamo che il consolidamento della finanza pubblica è negativo, ma crediamo che per il tempo in cui esso farà soffrire le economie, ci saremo avvicinati alla piena occupazione”. Egli disse:

“A proposito dell’economia, l’idea che l’austerità inneschi la stagnazione non è corretta … le politiche che ispirano fiducia promuoveranno e non danneggeranno la ripresa economica, perché il fattore chiave di oggi è la fiducia”.

Posso capire il motivo per il quale molte persone vorrebbero fingere, persino con se stesse, di non aver pensato e detto le cose che pensarono e dissero. Ma lo fecero.

 

[1] “Spiazzamento” degli investimenti privati, i quali avrebbero sofferto gli effetti di un eccessivo debito pubblico.

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