May 20 2:29 am
Tony Yates asks, “Why can’t we all get along?” Lamenting another really bad, obviously political defense of austerity, he declares that
it’s disappointing that the debate has become a left-right thing. I don’t see why it should.
But the debate over business-cycle economics has always been a left-right thing. Specifically, the right has always been deeply hostile to the notion that expansionary fiscal policy can ever be helpful or austerity harmful; most of the time it has been hostile to expansionary monetary policy too (in the long view, Friedman-type monetarism was an aberration; Hayek-type liquidationism is much more the norm). So the politicization of the macro debate isn’t some happenstance, it evidently has deep roots.
Oh, and some of us have been discussing those roots in articles and blog posts for years now. We’ve noted that after World War II there was a concerted, disgraceful effort by conservatives and business interests to prevent the teaching of Keynesian economics in the universities, an effort that succeeded in killing the first real Keynesian textbook. Samuelson, luckily, managed to get past that barrier — and many were the complaints. William Buckley’s God and Man at Yale was a diatribe against atheism (or the failure to include religious indoctrination, which to him was the same thing) and collectivism — by which he mainly meant teaching Keynesian macroeconomics.
What’s it all about, then? The best stories seem to involve ulterior political motives. Keynesian economics, if true, would mean that governments don’t have to be deeply concerned about business confidence, and don’t have to respond to recessions by slashing social programs. Therefore it must not be true, and must be opposed. As I put it in the linked post,
So one way to see the drive for austerity is as an application of a sort of reverse Hippocratic oath: “First, do nothing to mitigate harm”. For the people must suffer if neoliberal reforms are to prosper.
If you think I’m being too flip, too conspiracy-minded, or both, OK — but what’s your explanation? For conservative hostility to Keynes is not an intellectual fad of the moment. It has absolutely consistent for generations, and is clearly very deep-seated.
I Conservatori e Keynes
Tony Yates si chiede: “Perchè non riusciamo tutti ad andare d’accordo?”. Nel mentre si lamenta per un’altra pessima difesa dell’austerità, ovviamente in termini politici, egli dichiara:
“è deludente che il dibattito sia diventato una questione tra destra e sinistra. Io non ne vedo il motivo.”
Ma il dibattito sulla teoria del ciclo economico è sempre stato una questione tra destra e sinistra. In particolare, la destra è sempre stata profondamente ostile al concetto che una politica espansiva della spesa pubblica possa dare un contributo oppure che l’austerità possa essere dannosa; per gran parte del tempo è stata anche ostile ad una politica monetaria espansiva (in una prospettiva di lungo periodo, il monetarismo alla Friedman fu una aberrazione; il liquidazionismo alla Hayek rappresenta molto di più la norma). Dunque, la politicizzazione del dibattito macroeconomico non è una combinazione, ha evidentemente radici profonde.
Va anche detto che sono anni che alcuni di noi vengono discutendo in articoli ed in post sui blog tali radici. Abbiamo osservato che dopo la Seconda Guerra Mondiale ci fu un vergognoso sforzo concertato tra i conservatori e gli interessi delle imprese per impedire l’insegnamento dell’economia keynesiana nelle università, uno sforzo che ottenne il risultato di liquidare il primo vero libro di testo keynesiano. Samuelson, fortunatamente, riuscì ad oltrepassare quella barriera – e in molti se ne lamentarono. Il libro di William Buckley “Dio e l’uomo a Yale” fu una diatriba contro l’ateismo (o la mancata inclusione dell’indottrinamento religioso, che per lui era la stessa cosa) e il collettivismo – espressione con la quale egli principalmente intendeva l’insegnamento della macroeconomia keynesiana.
Di cosa si parla, dunque? Le spiegazioni migliori sembrano relative a motivazioni politiche recondite. La teoria economica keynesiana, se è giusta, comporterebbe che i Governi non si devono preoccupare tantissimo della fiducia delle imprese, e non devono rispondere alle recessioni tagliando i programmi sociali. Di conseguenza, non deve essere giusta, deve essere l’opposto. Come scrissi nel post relativo a questo stesso tema:
“Dunque, un modo di osservare la spinta verso l’austerità è una specie di applicazione inversa del giuramento di Ippocrate: ‘Prima di tutto, non far niente per attenuare il danno’. Perché, se le riforme neoliberiste devono prosperare, la gente deve soffrire.”
Se pensate che sono un po’ troppo uscito di testa, che abbia una mentalità troppo incline a vedere cospirazioni, o entrambe le cose, va bene – ma quale è la vostra spiegazione? Keynes non è una intellettuale moda passeggera. È del tutto coerente da generazioni, ed ha chiaramente radici profonde.
By mm
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