May 3 7:08 am
As Tim Taylor notes, the U.S. net international investment position — the difference between US assets abroad and foreign claims on the US — has moved substantially deeper into the red in recent years:
Bureau of Economic Analysis
But why? You might be tempted to say that it’s obvious: we’ve been running big budget deficits, borrowing the money from foreigners, so of course our debt to those foreigners is surging. But that story implicitly requires a surge in the trade deficit (or more precisely the current account deficit, which includes investment income), which hasn’t happened. In fact, current account deficits have been small compared with those of the bubble years:
So it’s not about borrowing vast sums abroad, it’s some kind of valuation effect. But what is it?
Well, I’ve taken the BEA data, and broken out two categories. First is cross-border equity holdings, both in the form of portfolio investment and the equity component of direct investment (which means investment that involves control, typically in the form of corporate subsidiaries). Second is debt, again both portfolio and direct investment-related. I express these claims as percentages of GDP, to correct for “normal” growth on both sides of the ledger. Here’s what I get:
Bureau of Economic Analysis
The big move is a sharp rise in the value of foreign holdings of US equity, not matched by any comparable rise in US holdings of foreign equity. What’s that about?
The answer, I believe, is that we’re looking at the differential performance of stock markets. Here, for example, is the S&P 500 compared with the euro area Stoxx:
Ecb, Fred
So the value of foreign holdings of US equities (and the imputed equity component of foreign direct investment) has surged along with the Obama stock market, while US holdings abroad have seen no comparable boost.
And this means that the plunge in the U.S. international investment position, far from showing weakness, is actually a symptom of US relative strength, reflected in strong stock prices.
I think I’m right about this, although happy to hear alternative stories.
Il debito verso l’estero degli Stati Uniti: un caso curioso
Come nota Tim Taylor, la posizione internazionale degli investimenti netti degli Stati Uniti – la differenza tra gli asset statunitensi all’estero ed i titoli giuridici stranieri sugli Stati Uniti – negli anni recenti si è spostata sostanzialmente in territorio deficitario:
Ufficio dell’analisi economica
Ma perché? Si potrebbe essere tentati di affermare che ciò sia ovvio: abbiamo gestito grandi deficit di bilancio, prendendo soldi in prestito da stranieri, dunque naturalmente il nostro debito verso gli stranieri è in crescita. Ma quella spiegazione richiede implicitamente una crescita del deficit commerciale (o più precisamente del deficit di conto corrente, che include il reddito degli investimenti), che non c’è stata. Di fatto, i deficit di conto corrente sono stati modesti a confronto con quelli degli anni della bolla:
Dunque, la cosa non riguarda le grandi somme di indebitamento all’estero, si tratta di un qualche effetto di valutazione. Ma cosa, in specifico?
Ebbene, ho preso i dati dell’Ufficio dell’Analisi Economica, e ne ho tratto due categorie. La prima sono i possedimenti di azioni transnazionali, sia nella forma di investimenti di portafoglio che di componenti azionarie di investimenti diretti (il che significa investimenti che comportano controllo, tipicamente nella forma di società sussidiarie della azienda). La seconda è il debito, ancora sia in portafoglio che in rapporto ad investimenti diretti. Ho espresso questi titoli come percentuali del PIL, per correggere la “normale” crescita su entrambi i versanti della contabilità. Ecco quello che ho trovato:
Ufficio dell’Analisi Economica
Il grande spostamento consiste in una brusca crescita dei possessi stranieri di titoli statunitensi, non pareggiato in alcun modo da un crescita paragonabile di possessi statunitensi di titoli stranieri. Da cosa dipende?
La risposta, credo, è quella che si osserva negli andamenti differenziali dei mercati azionari. Ecco, per esempio, il confronto tra S&P 500 [1] e lo Stoxx [2] dell’area euro:
BCE, Fred
Dunque, il valore di possedimenti stranieri in titoli statunitensi (e la relativa componente azionaria di investimenti diretti stranieri) ha avuto una impennata assieme al mercato azionario nel periodo di Obama, mentre i possedimenti statunitensi all’estero non hanno avuto alcuna spinta paragonabile.
E questo significa che la caduta nella posizione internazionale degli Stati Uniti negli investimenti, lungi dall’essere un segno di debolezza, è effettivamente un sintomo della forza relativa degli Stati Uniti, che si riflette in forti prezzi delle azioni.
Penso di aver ragione, anche se sarei contento di ascoltare spiegazioni alternative.
[1] Lo Standard & Poor’s 500 è il più importante indice azionario nordamericano. Sebbene storicamente siano nati prima gli indici Dow Jones, questo paniere ha assunto maggiore importanza presso gli investitori. È infatti il principale benchmark azionario relativo ai titoli quotati a Wall Street ed è il sottostante per un incredibilmente ampio ventaglio di prodotti derivati, quali futures, opzioni e certificates.
[2] L’Euro Stoxx 50 è un indice di titoli dell’eurozona creato dalla Stoxx Limited, una joint venture formata da Deutsche Börse AG, Dow Jones & Company e SWX Group. Secondo la Stoxx, il proprio obiettivo è «rappresentare le maggiori società appartenenti all’eurozona».
By mm
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