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Non chiedetevi cosa ha fatto perdere , ma cosa ha fatto vincere (da Mainly Macro, 12 maggio 2015)

 

Tuesday, 12 May 2015

Don’t ask what lost, ask what won

Simon Wren-Lewis

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I took a short break after the election, so I managed to avoid most of the immediate post-election analysis. But I could not avoid seeing some Labour people complaining about how Labour’s defeat was because they vacated the centre ground and went for a core vote strategy. This seems very odd. In terms of ‘vacating the centre ground’, I thought it was pretty obvious that occupying it was the main Liberal Democrat strategy, and that didn’t go too well. In terms of a core vote strategy, it seems to me this applied at least as much to the Conservative campaign.

 

Rather than Labour and Liberal Democrat people asking what they did wrong, they should ask what the Conservatives did right. What they did right had very little to do with actual Conservative policies, beyond fiscal sweeteners mainly directed to their core voters. Instead it was about attacking their opponents in areas where – for whatever reason – their opponents failed to fight back.

 

In terms of Labour, the Conservative campaign mainly focused on three themes: how inadequate Ed Miliband would be as Prime Minister, how bad Labour’s macroeconomic policies had been when they were last in government, and how Labour would be ‘held to ransom’ by the SNP. With all three of these, the arguments were not based on clear objective facts, but on political spin.

 

As Peter Oborne has observed, Miliband’s performance as Labour leader had indicated a number of positive qualities which suggest he could also have been a good Prime Minister. However he is no Cameron or Blair, and the Conservative machine managed to spin this unfamiliarity as a weakness. A minority Labour government backed by the SNP would have been unusual, but would it really have been so much more unstable as this government will be given how split it is on the EU? This question was never asked in the popular debate, which instead managed to galvanise English nationalism against an imagined threat from north of the border. The Labour line that there would be no deals was inherently defensive, as well as being unconvincing.

 

The distortion on economic policy was perhaps the greatest of the three pieces of spin. In a post written before the election entitled ‘UK election: it was mediamacro wot won it’ I ended with the following line: “if the coalition government remains in power after this election (or if the Conservatives win outright), then the title of this post will have rather more justification than the Sun’s original headline.” Harvard historians writing macroeconomic nonsense in Financial Times op-eds after the election shows that the mediamacro problem is not about to disappear.

 

What the Conservatives achieved was to turn at best half-truths into apparent facts, which then became the talking points of the media’s coverage of the campaign. The Conservatives won because their spin was so much better than their opponents. That is the lesson of the 2015 election, and not anything to do with actual policies.

To many Labour or Liberal Democrats supporters, this argument will be very unpalatable. They hate the idea of political spin, and all it represents. I have a lot of sympathy with that view, but I suspect it may help lose elections. In fact, it is probably much more important for the centre and left to think a great deal about political spin, because they have to overcome the spin machine that is much of the UK press, as well as the specific problems associated with mediamacro. Left leaning think tanks prefer to focus on policies rather than propaganda, a characteristic less evident in their right leaning counterparts, but in terms of winning an election that is a weakness.

 

A few of the post-mortems on Labour’s defeat that I have read suggested they should have tried to counter the myth of Labour profligacy much earlier than 2015. Having written for some time about this myth, I could hardly disagree. I suspect within the Labour hierarchy the view was to look forward rather than go over the past, but you cannot abandon the writing of history to your opponents. However that was not just one mistake among many successes: instead Labour’s political spin appeared to be consistently amateur compared to their opponents. While over the next few months the debate will be about selecting a new leader who can recapture some of the Blair magic, the truth may be that the more important task is to employ a lot more people like Alastair Campbell.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non chiedetevi cosa ha fatto perdere , ma cosa ha fatto vincere

Mi sono preso una breve pausa dopo le elezioni, in modo da cercar di evitare buona parte delle immediate analisi post-elettorali. Ma non potevo evitare di osservare che alcuni laburisti si stanno lamentando per come la sconfitta del Labour sia dipesa dall’aver lasciato sguarnito il terreno di centro ed aver preferito la strategia del voto di appartenenza [1]. Questo sembra assai bizzarro. In termini di “lasciar libero il terreno di centro”, pensavo che fosse abbastanza evidente che ad occuparlo ci pensasse la strategia di fondo dei Liberal Democratici, e che non avesse funzionato particolarmente bene. In termini di strategia dello “zoccolo duro”, mi pare che questa si potrebbe applicare almeno altrettanto alla campagna elettorale di Conservatori.

Anziché chiedersi cosa hanno fatto di sbagliato, i laburisti ed i liberal democratici dovrebbero chiedersi cosa hanno fatto di giusto i conservatori. Quello che essi hanno fatto giustamente ha molto poco a che fare con le effettive politiche dei conservatori, al di là delle sviolinate in materia di finanza pubblica principalmente dirette al loro voto di appartenenza. Piuttosto ha riguardato gli attacchi ai loro avversari su terreni nei quali – per svariate ragioni – essi non hanno saputo reagire.

In relazione al Labour, la campagna dei conservatori si è principalmente focalizzata su tre temi: quanto sarebbe stato inadeguato come Primo Ministro Ed Miliband, quanto fossero state negative le politiche macroeconomiche dei laburisti nell’ultima occasione nella quale furono al Governo, e come il Labour sarebbe stato ‘preso in ostaggio’ dal Partito Indipendentista Scozzese. In tutti e tre i casi, gli argomenti non erano basati su chiari fatti obbiettivi, ma su manipolazioni politiche.

Come ha osservato Peter Osborne, la prestazione di Miliband come leader del Labour ha messo in evidenza un certo numero di qualità positive, che indicano che avrebbe potuto essere un buon Primo Ministro. Tuttavia egli non è né Cameron né Blair, e l’apparato dei conservatori è riuscito a interpretare questa inesperienza come una debolezza. Un Governo di minoranza del Labour sostenuto dal Partito Indipendentista Scozzese sarebbe stato inusuale, ma sarebbe davvero stato molto più instabile di questo Governo, considerato quanto è spaccato sull’Unione Europea? Questa domanda non è neppure stata posta nel dibattito popolare, nel quale invece si è riusciti a galvanizzare il nazionalismo inglese contro una presunta minaccia al confine settentrionale. La linea del Labour, secondo la quale non ci sarebbero stati accordi di alcun genere, era intrinsecamente difensiva, nello stesso modo in cui non era persuasiva.

La distorsione sulla politica economica è stata forse la più grande delle tre componenti della manipolazione. In un post scritto prima delle elezioni, dal titolo “Elezioni nel Regno Unito: è stata la mediamacro a vincerle” [2], terminavo con la frase seguente: “se il Governo di coalizione resterà in carica dopo queste elezioni (o se i conservatori vinceranno apertamente), allora il titolo di questo post sarà stato abbastanza più giustificato del titolo originario di The Sun”. Gli storici di Harvard che scrivono sciocchezze macroeconomiche sulla pagina dei commenti del Financial Times dopo le elezioni, dimostrano che il problema dell’economia ad uso e consumo dei media è lungi dallo scomparire.

Quello che i conservatori hanno realizzato è stato di trasformare quelle che al massimo erano mezze verità in fatti indiscutibili, che sono diventati gli argomenti di conversazione della copertura della campagna elettorale da parte dei media. I conservatori hanno vinto perché la loro manipolazione è stata assai migliore di quella dei loro oppositori. Questa è la lezione del 2015, e non ha niente a che fare con le politiche effettive.

Per molti sostenitori del Labour o dei Liberal Democratici, questo argomento risulterà del tutto indigesto. Essi odiano l’idea della manipolazione politica e tutto quello che essa rappresenta. Io ho molta simpatia con quel punto di vista, ma sospetto che esso contribuisca a far perdere le elezioni. Di fatto, è probabilmente molto più importante per il centro e per la sinistra riflettere un bel po’ su questi modi della comunicazione politica, giacché essi devono prevalere sulla macchina manipolativa che costituisce buona parte della stampa inglese, così come con i problemi specifici connessi con la mediamacro. I gruppi di ricerca di tendenze di sinistra preferiscono concentrarsi sulle politiche anziché sulla propaganda, caratteristica questa meno evidente negli omologhi con tendenze di destra, ma quanto a vincere le elezioni questa è una debolezza.

Alcuni dei necrologi sulla sconfitta dei laburisti che ho letto suggerivano che essi avrebbero dovuto provare a contrastare il mito degli sprechi del Labour molto prima del 2015. Avendo scritto per un po’ di tempo su questo tema, difficilmente potrei non convenire. Sospetto che all’interno delle gerarchie del Labour l’opinione fosse quella di guardare in avanti piuttosto che andare sulle cose passate, ma non si può abbandonare la scrittura della storia agli avversari. Tuttavia, quello non è stato proprio l’unico errore tra molti successi; piuttosto la comunicazione politica del Labour è apparsa essere stabilmente dilettantesca, rispetto a quella dei loro avversari. Nel mentre il dibattito nei prossimi mesi riguarderà la scelta di un nuovo leader che sappia riconquistare un po’ della magia di Blair, può darsi che la verità sia che il compito più importante è quello di mettere al lavoro un po’ più di persone del tipo di Alastair Campbell [3].

 

[1] “Core vote strategy” lo potremmo anche tradurre con “la strategia dello zoccolo duro”, ovvero una strategia elettorale che privilegia quelli che si ritengono i voti sicuri.

[2] Il titolo del post di Wren-Lewis (del 3 maggio scorso) è una imitazione di un titolo simile, con il quale il giornale di Murdoch “The Sun” presentava la notizia dell’imprevista vittoria dei Conservatori nelle elezioni del 1992: “It’s The Sun wot won it” (“E’ The Sun quello che ha vinto”). La frase divenne un tale luogo comune nel linguaggio politico britannico, da meritare un posto in Wikipedia, edizione anglosassone. Da lì apprendiamo un altro interessante titolo del giornale di destra alla vigilia del voto, indicativo del suo impegno nel contrastare, all’epoca, la candidatura del laburista Neil Kinnock: “Se oggi vince Kinnock, l’ultima persona che lascerà l’Inghilterra faccia la cortesia di spengere la luce”. Questa fu l’edizione del giornale diventata famosa:

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Inoltre, “wot” è un ‘abbreviativo’ per “what” (secondo la spiegazione di UrbanDictionary, un po’ rozza come al solito, è il modo di dire “what” dei ritardati mentali).

Per il significato di “mediamacro”, che ormai è passato quasi nel linguaggio ordinario, si veda in varie note precedenti o sulla mascherina della ricerca.

[3] Il famoso esperto di strategie comunicative che assistette Blair come Primo Ministro dal 1997 al 2003.

 

 

 

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