Blog di Krugman

I moltiplicatori e la realtà (3 giugno 2015)

 

Jun 3 12:17 pm

Multipliers and Reality

The fiscal multiplier — the increase in real GDP per dollar of government stimulus spending, or the fall per dollar of austerity cuts — has assumed a lot of significance in recent years. When Bernstein and Romer assumed that it was 1.5, Robert Lucas accused them of “shlock economics“, and smeared Romer’s professional ethics. Since then there has been quite a lot of empirical work, which generally indicates a multiplier of about … 1.5.

Now, however, there is an exchange between Simon Wren-Lewis and Robert Waldmann that raises some interesting issues.

Wren-Lewis argues for a multiplier of around one, based not on empirical evidence but on a priori reasoning. Suppose the government builds a school; then

my starting point is to note that because the increase in government spending is temporary, any impact on pre-tax income or taxes will be relatively small relative to a consumer’s lifetime income. As a result, aggregate consumption is likely to change either way by an amount that is a lot less than the cost of the school.

Waldmann counters that there is essentially no reason to believe that consumers engage in the kind of calculation that’s involved here, that real consumption decisions reflect rules of thumb that can easily lead to a multiplier much more than one.

I’m actually mainly with Waldmann on this one, although Wren-Lewis’s analysis is nonetheless very useful. For the point he makes about the implications even of perfectly well-informed and rational consumers was and as far as I know still is totally misunderstood by freshwater economists, who throughout this debate have given every sign of not understanding their own models. Lucas’s attack on Romer rested in part on the claim that government spending on a new bridge would lead consumers, anticipating future taxes, to offset it one for one with cuts in their own spending; this is completely wrong if the spending is temporary.

But aside from exposing the intellectual decline and fall of the Chicago School, is this the way we should go about modeling such things? Well, yes, sometimes, because rigorous intertemporal thinking, even if empirically ungrounded, can be useful to focus one’s thoughts. But as a way to think about the reality of spending decisions, no. Ordinary households — and that’s who makes consumption decisions — have no idea what the government is spending, whether it is temporary or permanent, whatever. Consider (from Vox) what the public knows about the biggest new government program of recent years:

z 753

 

 

 

 

 

 

 

 

 

If people are that uninformed about something that big, imagining that they do anything like the calculations assumed in DSGE models is ludicrous. Surely they rely on rules of thumb that don’t make use of the kind of information that plays such a large role in our models.

That said, I still do believe that the multiplier is not much bigger than 1 — indeed, around 1.5; partly because of the econometrics, but also because taxes and transfers act as automatic stabilizers.

 

I moltiplicatori e la realtà

Il moltiplicatore della finanza pubblica – l’incremento del PIL reale per ogni dollaro di spesa pubblica di stimolo all’economia, o la diminuzione per ogni dollaro di tagli dell’austerità – negli anni recenti ha assunto una grande importanza. Quando Bernstein e Romer considerarono che era pari ad 1,5, Robert Lucas li accusò di “economia scadente”, e aggiunse un oltraggio all’etica professionale della Romer. Da allora abbiamo avuto un bel po’ di studi empirici, che in genere indicano un moltiplicatore attorno …. a 1,5.

Tuttavia, adesso c’è un dibattito tra Simon Wren-Lewis e Robert Waldmann che solleva alcune interessanti questioni.

Wren-Lewis si pronuncia per un moltiplicatore attorno a 1, basandosi non su prove empiriche ma su un ragionamento a priori. Supponiamo che il Governo costruisca una scuola:

“il mio punto di partenza è osservare che poiché l’aumento della spesa pubblica è temporaneo, ogni impatto sul reddito prima delle tasse o sulle tasse sarà relativamente piccolo in relazione al reddito dell’intera esistenza del consumatore. Di conseguenza, è probabile che il consumo aggregato cambi in ogni caso di una quantità che è molto inferiore al costo della scuola.”

Waldmann di contro sostiene che non c’è alcuna ragione perché i consumatori si impegnino in calcoli come quelli che in questo caso sono stati ipotizzati, che le decisioni sul consumo reale riflettono regole generali che possono facilmente portare ad un moltiplicatore molto superiore a 1.

Per la verità, in questo caso sono fondamentalmente d’accordo con Waldmann, sebbene l’analisi di Wren-Lewis sia anch’essa molto utile. Perchè l’argomento che egli avanza sulle implicazioni di consumatori pure perfettamente bene informati e razionali era, e per quanto io sappia è ancora, totalmente frainteso dagli economisti dell’ “acqua dolce” [1], che attraverso questo dibattito hanno mostrato in ogni modo di non comprendere i loro stessi modelli. L’attacco di Lucas alla Romer si basava in parte sulla pretesa che la spesa pubblica per un nuovo ponte avrebbe portato i consumatori, anticipando le tasse future, a bilanciare quella spesa con eguali tagli alla propria spesa; questo è completamente sbagliato se la spesa è temporanea.

Ma pur senza dilungarsi sul declino e sulla caduta intellettuale della Scuola di Chicago, è questa la strada per la quale dovremmo incamminarci nel modellare cose di questo genere? Ebbene, sì, qualche volta, perché un rigoroso ragionamento intertemporale, anche se empiricamente non fondato, può essere utile per mettere a fuoco i pensieri di qualcuno. Ma no, se è un modo per ragionare sulla realtà delle decisioni di spesa. Le famiglie comuni – vale a dire quelle che prendono le decisioni di spesa – non hanno idea di quello che il Governo stia spendendo, se sia temporaneo o permanente, di qualsiasi cosa si tratti. Si consideri (da VOX) quello che l’opinione pubblica conosce sul più importante dei nuovi programmi statali di questi anni [2]:

z 753

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Se le persone sono talmente disinformate su qualcosa di così importante, immaginarsi che esse eseguano a puntino tutti i calcoli che sono considerati nei modelli DSGE [3] è comico. Sicuramente essi si basano su regole generali che non fanno uso del genere di informazioni che esercitano un ruolo così grande nei nostri modelli.

Ciò detto, io credo ancora che il moltiplicatore non sia molto più grande di 1 – in effetti, attorno a 1,5; in parte per effetto dell’econometria, ma anche perché le tasse ed i trasferimenti finanziari agiscono come stabilizzatori automatici.

 

[1] Sull’origine di questa curiosa espressione relativa alla teoria economica dell’ “acqua dolce” – e dell’opposta teoria dell’ “acqua salata” – vedi a “freshwater economics” sulle note alla traduzione.

[2] Si tratta dei risultati di un sondaggio tra i cittadini americani sui costi delle nuova legge sanitaria di Obama. La domanda è relativa a tali costi, se essi siano stati inferiori al previsto, simili al previsto, superiori al previsto. È noto che i costi sono risultati inferiori. Solo il 5% ha scelto questa soluzione, il 42% ha risposto che sono stati superiori, il 40% ha risposto di non essere sicuro, il 10% che erano costi simili al previsto.

[3] Ovvero nei modelli dell’ Equilibrio Generale Dinamico Stocastico, che è il termine tecnico con il quale si indicano tali studi.

 

 

 

By


Commenti dei Lettori (0)


E' possibile commentare l'articolo nell'area "Commenti del Mese"